Diritti Umani

Iran, l’artista Farnaz Damnabi: «Con le mie foto rompo il tabù del regime sulle donne»

Il 16 settembre ricorre l’anniversario della morte di Mahsa Amini. L’ultimo anno in Iran è stato segnato da proteste e repressioni. Ma qualcosa sta cambiando: «Nei cuori delle persone sono cresciute sia la speranza che la paura», racconta la fotografa iraniana Farnaz Damnabi, 29 anni. «L'Iran si trova in un periodo di transizione e le giovani generazioni giocano un ruolo cruciale nelle trasformazioni e nelle conquiste»

di Anna Spena

Il 16 settembre ricorre l’anniversario della morte di Mahsa Amini, 22 anni, arrestata dalla polizia morale di Teheran per non aver indossato correttamente il velo islamico. Mahsa Amini era stata portata in una stazione di polizia: tre giorni dopo è morta all’ospedale Kasra di Teheran. Secondo il rapporto ufficiale della polizia Mahsa Amini avrebbe avuto un’insufficienza cardiaca. La verità invece è che è stata massacrata.

Nel corso dell’ultimo anno, le autorità iraniane hanno condotto un attacco e una repressione feroce nel Paese contro i diritti delle donne, e non solo, per reprimere le proteste scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini. «Le proteste non hanno riguardato solo un cambiamento di regime, ma un movimento per i diritti umani fondamentali, probabilmente il più grande movimento per i diritti umani del nostro tempo», ha dichiarato in un’intervista a VITA Mahmood Amiry Moghaddam, direttore di Iran Human Right.

Qual è oggi la situazione dei giovani e delle donne nel Paese? L’abbiamo chiesto a Farnaz Damnabi, fotografa di 29 anni che vive a Teheran. Una selezione di opere dell’artista è stata raccolta nella mostra “Unveiled” (la mostra si può visitare fino al prossimo 30 settembre negli spazi della galleria milanese 29 Arts in progress gallery).

Le donne sono le assolute protagoniste dei suoi scatti: Damnabi illustra e rende omaggio all’identità femminile iraniana, che qui si manifesta nella routine di donne, madri e lavoratrici ignorate da una società rigidamente patriarcale, che tarda a riconoscerne l’uguaglianza, il valore e la libertà. Molte delle fotografie esposte mettono in luce questioni come la discriminazione delle donne nel mercato del lavoro, il divario salariale tra i sessi e il mancato riconoscimento del loro silenzioso contributo a settori chiave dell’economia e dell’artigianato iraniani, come la raccolta dello zafferano nei campi di Torbat-e Heydarieh o la produzione di tappeti.

Come è nata Unveiled?

Dal 2015 ho iniziato a fare seriamente fotografia documentaria, ho cercato di catturare e coprire tutto, quindi Unveiled è un mix di tutte le serie fotografiche che ho scattato fino a oggi nel corso della mia carriera.

C’è una foto o una serie di foto a cui sei particolarmente affezionata?

È davvero difficile per me scegliere una delle mie opere, ma mi piace la serie “Be like a butterfly” che riguarda le ragazze iraniane che si sforzano di infrangere i tabù sociali. I tabù come sottoinsieme delle norme sociali sono le regole informali e non scritte che governano il comportamento nei gruppi e nelle società. Poiché le norme in Iran sono viste principalmente come un comportamento vincolante per le donne, alcune delle principali differenze tra norme morali, sociali e legali, così come le differenze tra norme e convenzioni, restano indistinte. Nella serie “Be like a butterfly” ho fotografato a sinistra delle ragazze che hanno cercato di prendere decisioni basandosi sulla propria scelta e rompendo questi tabù sociali come cantare, guidare moto, fare body building per competizioni internazionali o vivere con un partner senza matrimonio. In Iran tutti questi atti sono proibiti a causa di regole o costumi religiosi, così sul lato destro ho abbinato la fotografia di un oggetto che rappresenta un segno di proibizione. Ma anche l’immagine “La solitudine nella capitale” è per me una fotografia simbolica.

© Farnaz Damnabi – Loneliness in capital, 2019 – Courtesy of 29 Arts in Progress gallery

Come ti sei avvicinata alla fotografia? 

Sono nata e cresciuta in una famiglia di artisti, quindi fin dall’infanzia ho avuto familiarità con l’arte. Ho studiato grafica e ho seguito alcuni corsi di fotografia al liceo. Era solo l’inizio e giorno dopo giorno ho capito di avere una vera passione per la fotografia.

Quali sono i tuoi soggetti preferiti e perché?

Per me la fotografia è il modo migliore per riflettere sulle cose, avvicinarmi ad esse e imparare di più. Per questo mi piace fotografare di tutto, non mi pongo mai limiti, ma la maggior parte delle mie fotografie riguarda donne, bambini e paesaggi urbani. Secondo me può essere un ottimo strumento per dare voce alle persone che hanno bisogno di essere ascoltate. La mia idea è quella di raccontare la vita delle donne e dei bambini iraniani. Persone che sembrano non trovarsi in situazioni normali, come se fossero possedute. E in effetti sono davvero posseduti dal governo e dal pensiero religioso.

© Farnaz Damnabi – Untitled, 2019, Series Metamorphosis – Courtesy of 29 Arts In Progress gallery

Siamo alla vigilia dell’anniversario della morte di Mahsa Amini. Cosa ha significato quest’anno per i cittadini iraniani?

È stato un anno davvero strano, nei cuori delle persone sono cresciute sia la speranza che la paura. Il volto di Teheran è cambiato. Alcune ragazze non indossano l’Hijab per mostrare ciò che vogliono, è un modo per lottare per i cambiamenti che chiedono.

Che tipo di Paese è oggi l’Iran e quali sogni hai per il suo futuro?

Non solo dal mio punto di vista, ma anche da quello di altri che lo hanno visitato, l’Iran potrebbe essere un paradiso in terra. Per il clima, i numerosi luoghi storici da visitare, la diversità naturale, le risorse petrolifere e tutto ciò che si può immaginare per rendere ricco un Paese esiste in Iran! Sono così orgogliosa delle mie radici.

Foto di apertura: Leila, 2021/ Series: Be like a butterfly©Farnaz Damnabi Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery


 


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