Mondo

Iran, la grande storia del piccolo Madi

Il tempo dei cavalli ubriachi del curdo Ghobadi mescola il dramma di un popolo alla storia di un ragazzo affetto da nanismo. Che per l'operazione ha bisogno d'aiuto

di Antonio Autieri

Bahman Ghobadi è nato nel 1969 a Bané nel Kurdistan iraniano (parte dell’intero Kurdistan, che si estende per 500 mila chilometri quadrati). Sembra sia il primo regista curdo ad affermarsi a livello nazionale (ovvero, in questo caso, iraniano: gli oltre 30 milioni di curdi si trovano anche in Iraq, Turchia, Siria, Russia…) e anche internazionale. Il suo Il tempo dei cavalli ubriachi ha vinto la Camera d’or per il miglior esordiente, mentre il film è stato anche segnalato agli Oscar.
Girato da Ghobadi (che ne è anche sceneggiatore) nel Kurdistan iraniano in lingua curda e persiana, dopo il doppiaggio è da poco arrivato nelle sale italiane. Al centro della storia, una famiglia povera che vive in prossimità del confine con l’Iraq, dedita al contrabbando. Composta da cinque tra fratelli e sorelle, il capofamiglia (che ha già subito la morte della moglie) deve affrontare la malattia di uno dei suoi figli, il piccolo Madi, affetto da una forma grave di nanismo. A quindici anni ne dimostra cinque: è storpio, ha bisogno di essere portato sempre in braccio, deve essere curato con medicine costose e un’operazione potrebbe farlo guarire. Ma non c’è molto tempo: e quando anche il padre muore, ucciso durante un trasporto di merce di contrabbando, per i cinque figli la vita diventa ancora più dura. Per Madi, in particolare, cercano di raccogliere più soldi possibile per l’operazione chirurgica che lo salverebbe dalla morte. I medici sono chiari in questo: il ragazzo-bambino ha pochi mesi di vita. E anche l’operazione potrebbe non servire.
Ma i lavoretti più o meno legali del fratello più grande non bastano, la famiglia non riesce a mettere da parte i soldi per l’intervento. A questo punto la sorella maggiore accetta di sposare un iracheno che si dice disposto ad aiutarli economicamente per fare operare il fratellino in Iraq. Alla frontiera, però, la famiglia del futuro consorte si rifiuta di continuare il viaggio assieme al ragazzo malato. E quando se ne torna in Iran sulle spalle del fratello maggiore, non possiamo che chiederci cosa sarà di lui.
Il tempo dei cavalli ubriachi è un film-verità girato tra mille difficoltà logistiche e produttive in una regione piena di problemi come il Kurdistan. E i cavalli ubriachi sono in realtà dei muli cui viene dato l’alcol nel cibo per farli resistere al freddo e ai carichi pesanti durante le pericolose missioni di contrabbando. È la storia di Madi e del suo villaggio: miseria, condizioni di lavoro durissime per i bambini, illegalità. Il regista Ghobadi (ex assistente dei maestri Kiarostami e Makhmalbaf) colpisce al cuore con la storia del piccolo Madi, impotente di fronte ai drammi della vita, ma anche all’ingiustizia (indigna e commuove la scena in cui viene rifiutato dalla nuova famiglia della sorella). A parte qualche particolare – il padre è vivo – tutto il resto è vero.
Madi è davvero gravemente malato, e il successo riscosso dal film a Cannes ha mobilitato organizzazioni umanitarie che hanno raccolto fondi per la sua costosa operazione. In particolare, l’associazione chirurgica pediatrica Wopsec (con sede a Parma) sta raccogliendo donazioni per l’intervento che avverrà in Iran, e con Madi saranno operati altri bambini bisognosi. Per contribuire, c’è un conto corrente presso la Cariplo (Abi 6070, Cab 12700, C/C 1900/1) intestato alla Wopsec.

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