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Iran e Usa? Ci guadagna solo l’Isis

Quello che sta succedendo in Medio Oriente non ha a che fare solo con Iran, Iraq o Usa. La situazione è più complessa e destabilizza molti altri Paesi. Il sud del Libano, a maggioranza Hezbollah, al confine con Israele, dove sono presenti oltre mille soldati italiani è tornato ad essere un fronte caldissimo. «In tutta questa vicenda», dice Marco Perini, Regional Manager middle east di Avsi, «ho l’impressione che a guadagnarci sia solo l’Isis, che è indebolito militarmente ma non culturalmente»

di Anna Spena

La notte dello scorso 3 gennaio il generale iraniano Qasem Soleimani viene assassinato in Iraq. A dare l’ordine il presidente degli Stati Uniti d’America. La notte tra il 7 e l’8 gennaio due basi militari americane a Erbil in Iraq vengono attaccate. I missili sono partiti dal territorio iraniano. In un discorso alla nazione Donald Trump ha dichiarato di volere la pace. Il governo iraniano continuerà a vendicare il suo generale? La verità è che quello che sta succedendo in Medio Oriente non ha a che fare solo con Iran, Iraq o Usa. La situazione è più complessa e destabilizza molti altri Paesi. «Le tensione è altissima», dice Marco Perini, Regional Manager middle east​ di Avsi. «In Siria, in Iraq dove abbiamo dei progetti attivi a Erbil e Qaraqosh, In Libano dove siamo presenti in tutto il Paese e la situazione nella regione di Marjayoun, al confine con Israele, è tornata ad essere caldissima».

«Nello specifico in Libano», continua Perini, «l’equilibrio è molto precario. Il Paese è in una crisi politica, sociale ed economica drammatica. Il Confine con Israele è una linea sottile. Li divide un muro, un filo spinato, la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite è una forza militare di interposizione dell'ONU, e mille militari italiani. Ma la regione è a maggioranza Hezbollah: Non credo ci sia il rischio di un’azione militare ma anche solo l’azione di un “solitario” in una zona così sensibile può provocare molti danni».

La decisione del presidente americano di dare l’ordine per assassinare Soleimani è stata simbolica e potente. «Dall’altro lato», continua Perini, «ha avuto l’effetto, in un certo senso, di ricompattare l’Iran, basti pensare alle migliaia di persone scese in piazza per i funerali del generale iraniano. Non credo che la situazione si chiuderà con un attacco e un contrattacco. Spero di sbagliarmi ma credo ci saranno ripercussioni in tutta la mezzaluna sciita che dall’Iran arriva fino al sud del Libano appunto».

È impossibile fare previsione adesso: «lo stato di allerta», dice Perini, «anche per noi ong presenti in questi territori si è alzato. Ma in tutta questa vicenda ho l’impressione che a guadagnarci sia solo una forza: l’Isis. L’Isis che tutti abbiamo pensato di aver sconfitto, ma non credo sia così. L’abbiamo forse indebolito militarmente – e neanche ovunque visto che ci sono zone di paesi, come in Iraq e Syria, che ancora controlla – ma non culturalmente. E questa presenza culturale ancora forte la si percepisce in Siria, in Libano, in Iraq. Il vero rischio di quello che sta succedendo in questi giorni è che l’Isis possa rialzare la testa senza che nessuno se ne renda conto. Basta pensare agli ultimi attentati di questi giorni, uno in Iraq e uno in Siria a Deir el-Zor rivendicati dall’Isis dove sono rimaste uccise diverse persone e ai sequestri militari. Qualcuno ne ha parlato?».

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