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Iran, cronache di una rivoluzione

Sara Hejazi, giornalista di Vita magazine e di Yalla Italia, ci ha mandato questa corrispondenza dal nord del Paese. Come si sta comportando la società civile italiana? Vota il sondaggio di Vita.it

di Redazione

di Sara Hejazi

Mi trovo nella città di Mashad,  nel nord est dell’Iran, luogo di pellegrinaggio per tutto il mondo sciita, una città caratterizzata dallo spirito religioso, conservatrice per eccellenza.
Eppure anche qui si fa la rivoluzione.
Tutto è probabilmente iniziato molto prima della giornata di voto di venerdì 12 giugno e prima di sapere i risultati delle elezioni. La rivoluzione è iniziata con la campagna elettorale, è iniziata con la presenza della gente, soprattutto dei giovani, per le strade. E’ iniziata con la scelta dei colori – il verde per Mussavi, che è anche il colore dei discendenti diretti del profeta Maometto, un sublime miscuglio tra spiritualità e riforma, un filo rosso che lega questo presente così nebuloso e confuso alla rivoluzione del 1979 – e la bandiera iraniana, i colori di Ahmadinejad, l’affermazione dell’identità nazionale.
La rivoluzione è iniziata con le parole di Ahmadinejad contro Rafsanjani, e con le accuse reciproche tra i candidati che hanno violato i tabù della sacralità del governo della repubblica islamica e dei suoi esponenti; è iniziata così anche con il costante confronto tra le parti nella pubblica piazza della televisione, ed è anche iniziata sui social network come twitter o facebook, con la creazione, a partire dal mese di maggio, di  gruppi a favore di Mir Hussein Mussavi, il riformista. Erano gruppi transnazionali, di iraniani ma anche di europei e americani, che si riconoscevano in un’unica causa: quella del cambiamento in Iran. Ma la rivoluzione è soprattutto iniziata con la festa, non una festa chiusa tra le mura domestiche della case iraniane, ma una festa pubblica, allegra, onnipresente.
Ci sono tanti Iran in queste ore; c’è l’Iran borghese, dei salotti in cui si discute da lontano, si guarda Voice of America o la BBC con l’antenna satellitare, e mentre si sorseggia il tè e si ride, ogni tanto ci si rattrista pensando a quello che succede fuori. C’è l’Iran dei ragazzi che scendono a protestare, e rischiano di essere uccisi o feriti dalla polizia; c’è anche l’Iran dei più poveri, quelli per cui non fa alcuna differenza chi è il presidente della repubblica. E poi c’è anche l’Iran di chi ha dato il suo voto ad Ahmadinejad, ma rimane sgomento di fronte alla violenza che in questi giorni ha progressivamente sostituito la festa.

Leggete il reportage di Sara Hejazi sulla settimana cruciale dell’Iran sul prossimo numero di Vita Magazine!

 

IL SONDAGGIO

Secondo voi la società civile italiana sta sostennendo adeguatamente la protesta degli iraniani? Per votare basta un click nell’area sondaggio in alto a destra rispetto alla news

 

 

 

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