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Ipab e Tangentopoli: lettera aperta del Presidente ANSDIPP

Lettera aperta Nizzardo Gianfranco Presidente del ANSDIPP – Nazionale dei Segretari Direttori e Dirigenti delle Istituzioni Pubbliche e Private di Assistenza e Beneficenza

di Redazione

Il testo finale del decreto legislativo, in approvazione da parte del Consiglio dei Ministri relativo alle IPAB, sarà una risposta al problema occupazionale del nostro Paese? Ho letto e riletto con particolare attenzione l?art. 9 del Testo avente in oggetto: ?riordino del sistema delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, a norma dell?articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n° 328? ed è difficile aver dubbi: nei prossimi anni, chi ha investito in magistratura potrà trovare facili sbocchi occupazionali, data la mole e l?entità dei possibili casi di collusione che potrebbero attivarsi all?interno delle IPAB tra organi di gestione ed organi politici. Tutti ricordano che tangentopoli ha preso avvio da un accertamento della magistratura su un IPAB di Milano. Tutti sanno che una delle vie d?uscita da Tangentopoli è rappresentata dai provvedimenti legislativi, emanati durante tutto il decennio ?90, orientati alla netta separazione delle competenze e delle responsabilità tra organo politico ed organo tecnico. Questi provvedimenti valgono per l?intera Pubblica Amministrazione e quindi anche per le IPAB, ma oggi, dopo più di 10 anni, la forte spinta innovativa sembra dimenticata, tutto il potenziale culturale e tecnico che sosteneva la rivoluzione silenziosa della Pubblica Amministrazione sembra, almeno per quanto riguarda le IPAB, un ricordo e il più retrivo passato sembra ora trovare piena legittimazione. Questo emerge chiaramente dalla citata proposta di legge laddove prevede che gli incarichi di Direzione Generale delle costituende aziende nate dalla trasformazione delle IPAB vengano dati, anche a persone esterne all?attuale organico e in modo sostanzialmente arbitrario, dal Consiglio d?Amministrazione. Nel contesto socio-politico attuale, per l?estrema fragilità tecnico-politica-culturale che caratterizza le amministrazioni locali, una tale scelta non prelude a sviluppo della professionalità e dell?autonomia, ma legittima il dubbio che non si miri alla qualificazione della dirigenza, bensì al più comodo principio della ?fedeltà del portaborse? in piena sintonia con la logica del tanto criticato ?yes men?. Era, infatti, a mio avviso di fondamentale importanza, che la citata separazione delle competenze rappresentasse anche una precisa assunzione di responsabilità delle due componenti (tecnica e politica) a prescindere dall?appartenenza politica. Ma, ahimè, il Governo ha ritenuto di affidare ai politici la scelta autonoma ed arbitraria del Dirigente Generale trovando così una soluzione abnorme ed iniqua che, pur con una mascheratura di modernità, è in realtà coerente con un filone di pensiero antiquato che tanti danni ha arrecato in passato al nostro Paese. Condivido che i Direttori Generali siano incaricati a termine, ma la decadenza dall?incarico deve seguire a valutazioni basate su elementi oggettivi, appurati dai Revisori dei Conti o dai Nuclei di Valutazione e non lasciati al libero arbitrio dei Consigli d?Amministrazione, abituati per ruolo a compiere valutazioni sulla base di parametri diversi da quelli necessari alla misurazione dell?efficienza ed efficacia dell?attività di un?azienda. Non possiamo dimenticare che il risultato per un politico è la rielezione non la qualità oggettiva di un servizio che oltretutto è di per sé poco visibile. A tutela dei cittadini, dell?autonomia decisionale, della qualità ed imparzialità dei servizi, era infatti sufficiente che tra i due soggetti fosse steso un preciso patto di Governo-gestione sulla base del quale il Consiglio d?Amministrazione individuasse le linee di indirizzo di programmazione e controllo ed il Dirigente rispondesse di persona rispetto ai risultati conseguiti. Ma purtroppo nulla ha insegnato la storia ai nostri politici che sono ricaduti in una incongruenza molto grave che potrebbe portare alla negazione di quei diritti costituzionalmente riconosciuti che la nuova legge si proponeva di garantire. Si comprende così che il mio pensiero non è la pura e semplice rivendicazione di una categoria bensì la denuncia di un errore nella proposta organizzativa delle IPAB del futuro. Questo errore, solo incidentalmente potrà danneggiare i dirigenti, mentre è certo che non garantirà la creazione di una struttura pubblica sana e forte per la gestione dei servizi assistenziali Una azienda infatti deve essere governata in modo lucido con fini di equilibrio tra i costi e la spinta al miglioramento della qualità. Questi fini difficilmente vengono perseguiti se i responsabili vengono selezionati e valutati secondo criteri di appartenenza politica. La nuova legge che si pone problemi di equità sociale viene ora tradita nella sua prima applicazione se passa il testo così come sottoposto all?esame del Consiglio dei Ministri. A questa classe politica, che dall?estrema Destra all?estrema Sinistra, non ha saputo o voluto cogliere questo momento di svolta precipitando in una sostanziale violazione del diritto, il compito di rispondere ai cittadini tutti della negazione delle garanzie dell?autonomia del responsabile della gestione creando una figura che avesse quale unico scopo quello di garantire migliore qualità di vita alle persone assistite. Quanto sopra esposto mi porta pertanto, quale logica conseguenza, a rimettere subito il mio mandato di Presidente ANSDIPP. ?Nessun problema, quindi, i nuovi posti in magistratura garantiranno comunque una risposta ai tanti problemi del nostro Paese?. Piove di Sacco, 23 marzo 2001


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