Cultura

Io, vescovo, nel cuore dell’Islam

Esclusivo. Intervista a Fouad Twal. È alla testa della diocesi di Tunisi. Dove 22mila cattolici vivono tra 10 milioni di musulmani.

di Redazione

E’ nato in Giordania e dal 1992, data della sua consacrazione episcopale, monsignor Fouad Twal è arcivescovo di Tunisi, il primo non europeo alla guida dell?unica diocesi tunisina. Sotto la sua ala, vi sono appena 22mila cattolici in un Paese arabo musulmano che conta quasi 10 milioni di abitanti. Ma uomo di frontiera tra Cristianesimo e Islam, Twal assicura a Vita “di sentirsi responsabile dell?intero popolo tunisino e le frontiere della mia diocesi sono molto invisibili”. Twal sarà a Palermo per il convegno organizzato da Mcl sul Mediterraneo. In questa intervista ha voluto anticipare le ragioni della sua trasferta. Vita: Com?è la situazione dell?Islam in Tunisia? Fouad Twal: L?Islam non è monolitico. La sua applicazione dipende spesso dalle competenze, dalla cultura e dagli interessi politici dei suoi dirigenti. Per fortuna in Tunisia abbiamo a che fare con un Islam moderato. E finora, il fanatismo religioso è bene o male controllato da un governo. Tra i mezzi impiegati, vi è l?uso della forza, attraverso la polizia. Ma il regime sa che la forza non basta. Ne patiscono le libertà politiche e sociali. E non risolve la povertà, assai diffusa nel Paese. Quindi il regime deve orientare la sua azione verso un buon sviluppo socio-economico e culturale. Guardando ai nostri vicini, in Tunisia c?è il vantaggio di una certa sicurezza. Vita: Che tipo di rottura si è consumata in Tunisia dopo l?11 settembre, gli attentati di Djerba del 2002 e quello di Madrid? Twal: Sono tutti eventi interconnessi. In Tunisia come in molti altri Paesi arabo-musulmani, c?è una diffidenza dei cittadini nei confronti dell?Europa e dei nostri dirigenti politici. Vedendo la loro incapacità a fermare la guerra in Iraq, a trovare una soluzione al problema palestinese, a favorire le classi sociali più deboli, la gente non crede più nei loro discorsi. E questo è molto grave perché il ruolo dei dirigenti arabi moderati è fondamentale nella lotta al terrorismo. In Tunisia, ad esempio, gli americani sono riusciti a guadagnare l?odio della gente prima ancora di cominciare la guerra in Iraq. Qui, come ad Algeri, o a Il Cairo gli uomini politici locali pensano solo ai loro affari, ma le ferite lasciate dalla Palestina sono molto più gravi di quanto si possa pensare. Almeno per quanto riguarda i tunisini. Si sentono umiliati. Vita: E questo può mettere a rischio la stabilità interna della Tunisia? Twal: Non lo so. Di sicuro, questi conflitti fertilizzano la produzione di terroristi. Così come la povertà, l?ingiustizia sociale. Vita: Che ruolo politico può coprire nel Mediterraneo la Tunisia? Twal: Importante. Ma il problema è che l?Occidente ha paura di se stesso, dell?Islam, dell?immigrazione. E questa paura alimenta la sfiducia tra i cittadini arabi. Viceversa, anche gli arabi hanno paura. Nonostante le innumerevoli iniziative politiche non vi è questa capacità politica a superare queste paure e gli interessi personali. In Europa, si pensa solo a porre un freno all?immigrazione entrando più volte nel passato in contraddizione con l?attuazione di politiche sociali che vogliono meno figli a fronte di un mercato del lavoro che richiede più manodopera. Qui premono invece per avere più investimenti. è necessario che i flussi migratori vengano regolarizzati. Ma non solo dalla polizia. Ci vogliono giustizia, carità e politiche sociali di respiro. Vita: Perché tanti tunisini in Europa hanno abbracciato il fanatismo religioso? Twal: Questo è molto preoccupante. È giusto che l?Europa preservi la sua identità culturale e religiosa. Nel contempo, deve assolutamente avviare una cooperazione e un partenariato molto più intensi con il Sud perché Paesi come la Tunisia non sono al riparo del terrorismo islamico.


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