Mondo

Io, un marine tornato dall’inferno

Brian Steidle era in Darfur con la missione dell’Unione africana per sostenere il processo di pace. Ma si ritrova nel bel mezzo di una guerra impossibile da fermare.

di Joshua Massarenti

«Nei sei mesi trascorsi in Darfur come osservatore dell?Unione africana (Ua, ndr), ho visto il volto peggiore dell?essere umano. Mai avrei immaginato di dover assistere a simili atrocità». Brian Steidle è un ex marine americano di 28 anni, sbarcato in Darfur nel settembre 2004 per aggregarsi ai circa 3mila soldati della missione dell?Unione africana incaricata di sorvegliare il cessate il fuoco fra i ribelli e il governo sudanese. La sua è una testimonianza agghiacciante che ha voluto rilasciare a Vita «per rompere l?eccessivo riserbo dell?Unione africana. Se si vuole il sostegno internazionale, è necessario denunciare». Vita: Che cosa si aspettava da questa missione? Brian Steidle: Quando mi hanno arruolato, volevo aiutare le persone colpite dalla guerra e sostenere l?Unione africana nel suo tentativo di pacificazione. Del Darfur non sapevo quasi nulla. Vita: La missione si è rivelata traumatica. Quali le scene più impresse nella sua memoria? Steidle: Un?infinità. Ho visto villaggi incendiati con contadini intrappolati nelle loro case. Persone con occhi o orecchie strappati. Uomini morti dissanguati dopo essere stati evirati. Donne stuprate ripetutamente. Ricordo che in dicembre ci hanno condotti a tre chilometri da un villaggio che si chiama Adwa. C?era un campo in cui non potevi fare tre passi senza calpestare ossa umane. Impossibile stabilire il numero dei morti. Vita: Oggi si parla di almeno 170mila vittime, se non addirittura 400mila? Steidle: Stabilire il numero di morti per ogni aggressione è difficile. Spesso, la gente fugge dai villaggi senza lasciare tracce. Molti corpi spariscono, altri sono in un tale stato di decomposizione che fare una conta diventa impossibile. Da quello che ho visto, ritengo la soglia dei 400mila la più plausibile. Vita: Non c?era proprio modo di fermare i massacri? Steidle: Durante la mia missione, ho contato fino a cinque violazioni di cessate il fuoco al giorno. Per noi, questo cessate il fuoco era inesistente. L?esperienza peggiore l?ho vissuta in dicembre nel villaggio di Labado, in Sud Darfur. Elicotteri di combattimento governativi l?hanno attaccato, riducendolo in cenere. Via terra, si sono poi dati da fare 3mila soldati sudanesi spalleggiati dai Janjaweed. Informata dai ribelli, la nostra squadra è giunta sul posto all?apice dell?attacco. Eravamo otto osservatori, ma un generale sudanese ci ha costretto a fare marcia indietro. Se fossimo intervenuti, avrebbe dato ordine di spararci. Vita: Quali erano i limiti imposti alla vostra missione? Steidle: In quanto osservatori, potevamo solo scattare foto e scrivere rapporti. La nostra missione ha compiuto più di 200 inchieste e stilato circa 80 rapporti destinati ai donatori internazionali. Purtroppo, molti non sono mai giunti a destinazione. La macchina informativa sembra incepparsi ad Addis Abeba, sede della Missione Ua. Vita: Si può parlare di una missione fallimentare? Steidle: Non del tutto. I comandanti dell?Ua hanno capito che per proteggere i civili a volte bastava dispiegare i soldati africani chiamati a difendere noi osservatori. Una settimana dopo l?attacco di Labado, l?Ua ha inviato 70 soldati con 10 osservatori. La presenza di questa piccola truppa ha spinto l?esercito governativo a ritirarsi. Vita: Tremila soldati in una regione grande come la Francia… non è poca cosa? Steidle: In Darfur ci vorebbero dai 25mila ai 50mila soldati. Se entrasse in gioco la Nato, anche 10mila sarebbero sufficienti. I membri della missione stanno facendo lavoro incredibile, ma sono privi di mezzi. Vita: Ci tornerebbe in Darfur? Steidle: Anche se volessi, non potrei. Con quello che sto rivelando ai media, il regime mi farebbe fuori in meno di 24 ore. Campagna sos darfur-Bilancio e rilancio La prima fase Si è da poco conclusa la prima fase della campagna SOS Darfur, promossa dal Comitato Darfur Onlus (costituito da 4 Organizzazioni Non Governative italiane impegnate in Darfur, Cesvi, Coopi, Cosv e Intersos) e dal settimanale Vita. La campagna è stata realizzata in collaborazione con la Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari Esteri e con il Segretariato sociale Rai. Promotrice della campagna Barbara Contini, inviato speciale per la Cooperazione Italiana in Darfur. L?impegno continua Gli sms solidali del valore di 1 euro (Iva esclusa) sono stati oltre 300mila grazie al numero unico attivato da Tim, Vodafone, Wind e Tre. La campagna SOS Darfur, tuttavia, non è ancora conclusa. Proseguirà infatti per tutto il 2005, insieme alle iniziative di sensibilizzazione e raccolta fondi promosse dal Comitato. È infatti sempre attivo il conto corrente Bancoposta n. 61106415 (abi 07601 – cab 01600). Tra le altre iniziative la Rai ha deciso di devolvere al Comitato Darfur onlus una parte dei premi messi in palio in alcune trasmissioni (tra cui ?La prova del Cuoco? e ?Ritorno al presente?). Info: Chiara Galbussera, tel. 025522981; www.sosdarfur.it


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA