Welfare

Io, tutore volontario: «Pensi di essere una figura di passaggio e invece…»

La testimonianza di Diby Billi, 38 anni, insegnante e avvocato: «Al di là di quello che puoi fare tu, la differenza vera è come si sentono loro: sanno che c’è una persona che ha a cuore la loro vita»

di Sara De Carli

Ha 38 anni, vive a Napoli, è avvocato, educatrice, insegnante e tutrice volontaria. Diby Billi è uno dei 3.469 tutori volontari iscritti negli albi regionali al 31 dicembre 2020, che hanno permesso a 9.923 minori arrivati soli nel nostro Paese di avere un riferimento adulto che li accompagnasse nella crescita.

«Professionalmente mi occupo di minori a largo spettro, sia in ambito educativo che legale. Ho partecipato anche al progetto FAMI per il monitoraggio della tutela volontaria, ho fatto interviste a minori e tutori. Questa esperienza ha fatto nascere in me il desiderio di mettermi in gioco personalmente, sia perché credo molto nell’accoglienza sia perché mi sono resa conto di quanto potessi utilmente potevo dare un contributo grazie alle mie competenze professionali». Diby Billi così ha frequentato il corso di formazione organizzato dal Garante regionale della Campania e pochissimo tempo dopo, a gennaio 2020, è stata chiamata dal Tribunale per i Minorenni della sua città per il primo abbinamento.

«Sono stata tutrice di due ragazzi, uno arrivato dal Pakistan e uno dalla Romania. Si sono concluse entrambe tra febbraio e marzo 2021, perché erano diciassettenni. Il ragazzo pakistano era arrivato da pochissimo, all’inizio non parlava nemmeno italiano; quello rumeno era in Italia da un paio d’anni, ospite di una comunità del casertano. Mentre ero in Tribunale per la nomina, incontrai nei corridoi la dirigente di quella comunità che non riusciva a trovare un tutore… Ero entrata per una nomina e sono uscita con due», racconta l’avvocato. Con questo ragazzo la tutela è stata più “formale”: «Un po’ c’è stato subito il lockdown, un po’ il fatto che viveva più lontano da me… ho avuto contati continui con la comunità ma meno con lui, più che altro per questioni burocratiche. Diverso è stato il rapporto con il ragazzo pakistano, molto più confidenziale».

Tanto diverso che anche adesso che la tutela è terminata e che lui si è trasferito a Milano per lavoro, si sentono spesso. Qualche settimana fa è tornato a Napoli per salutare gli amici e ha rivisto anche Diby: «È molto riconoscente, ci siamo incontrati per un caffè e ci ha tenuto a pagare lui, voleva addirittura farmi un regalo… All’inizio non poteva credere che il mio essere tutore fosse una cosa volontaria, era molto stupito. Una volta mi ha detto: “Siete degli eroi!”», racconta.

«Lui aveva il mio numero di cellulare e con i messaggi ha imparato l’italiano, all’inizio avevo impostato il traduttore in pakistano. È stato bravissimo. Nell’anno della pandemia ha preso la licenza di terza media, non è stato facile perché il suo scopo era lavorare, aveva un progetto migratorio ben chiaro, è arrivato in autobus in Italia perché voleva aiutare la sua famiglia: ma io e gli educatori della comunità abbiamo insistito tanto che era importante. Ha fatto un corso di formazione professionale come pizzaiolo, adesso lavora per una ditta di imballaggi, ha una fidanzata, è felice. La sua famiglia l’ha sempre seguito da lontano, la comunità in cui viveva era molto solida ma lui mi contattava, mi chiedeva come stavo, mi chiedeva consigli… È stata una tutela molto equilibrata, ma mi sono anche resa conto che io per lui ero diventata un riferimento».

Da quando queste due tutele sono terminate, Diby Billi di tutele non ne ha più avute. «Non vedo l'ora che mi chiamino di nuovo. Ma a Napoli in questo momento c’è uno stallo sulla nomina dei tutori volontari, stanno di nuovo affidandosi al sindaco. Ho sentito anche che diversi tutori hanno abbandonato il servizio perché non c’era un rimborso e poiché un volontario di Napoli potrebbe essere nominato tutore di una persona che sta ad Avellino, effettivamente i costi ci sono a livello di soldi e di tempo. La vicinanza è determinante per riuscire ad essere più presente, se il ragazzo è lontani è difficile creare relazione», annota l’avvocato. E poi i permessi lavorativi: «Il tutore volontario deve essere messo messo nelle condizioni di poter esercitare il proprio ruolo, serve che ci sia la possibilità di avere dei permessi retribuiti dal lavoro», aggiunge. Richieste a cui la Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza ha già dato voce: la legge di bilancio 2020 stanziava 1 milione di euro l'anno per rimborsi ai tutori volontari di minori non accompagnati e alle aziende che concedono loro permessi di lavoro retribuiti, ma quasi due anni dopo manca ancora il decreto attuativo per quel fondo e tutto tace.

«Il tutore volontario è totalmente diverso dal sindaco o dall’assessore nominato tutore, perché tu avendo poche tutele riesci a seguire davvero il ragazzo», conferma Diby Billi. «Ma al di là di quello che puoi fare tu, la differenza vera è come si sentono loro: loro sanno che c’è una persona che ha a cuore la loro vita. Tu pensi di essere una figura di passaggio nella vita di questi ragazzi… ma quando dopo la fine della tutela lui mi ha chiamato… è stata una bellissima sorpresa».

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