Interessante dibattito sul numero di Valori in edicola. Tema: il rapporto Obi One sull’economia alternativa accusato da più parti di essere troppo laico (o, peggio ancora, liberal) nell’approccio. L’alterità del paradigma economico è definita guardando più a ciò che le imprese producono, piuttosto che alle forme giuridiche e alle matrici ideologico culturali. Risultato: il perimetro dell’analisi si allarga, e di molto, delineando un settore tutt’altro che marginale in termini di unità organizzative, addetti, giro d’affari. I detrattori argomentano che però così si contamina (o viene colonizzato) da iniziative spurie, non riconducibili allo zoccolo duro delle esperienze pioniere. Ne avevo già parlato qualche post fa (anche se autocitarsi è brutto). Credo che, soprattutto per la ricerca, sia importante guardare, soprattutto oggi, oltre gli “alvei naturali” dell’altra economia (ed etichette simili) per capire, almeno a livello di potenziale, che cosa c’è oltre le colonne d’ercole del non lucrativo (che poi, diciamocelo, non è un gran che come linea di demarcazione). Sarà anche moda, sarà anche la crisi, sarà quel che si vuole ma esiste un movimento di progressivo (e discontinuo) avvicinamento a dinamiche sociali da parte delle imprese for profit. E non parlo solo di Csr. Penso a partnership strutturate con il non profit per la produzione di beni e servizi di utilità sociale fino a iniziative di vero e proprio social business come propone Yunus. Meglio quindi far emergere queste inziative, perché dall’esplicitazione consapevole di interessi, aspettative, risorse, peculiarità e quant’altro si possono poi più agevolmente tracciare, se serve, i confini e su questa base costruire politiche, servizi, supporto allo sviluppo. Chiudo con qualche dato pescando dal mio sacco (e dintorni). Primo: secondo il rapporto Iris Network ci sono mezzo milione di imprese italiane che operano in settori ad alta densità per le imprese sociali (servizi sociali, sanità, formazione, ecc.); sono tutte avvinghiate alla massimizzazione dei profitti smontando in prestazioni i beni relazionali? Secondo: il 53% delle imprese lombarde (fonte Banca d’Italia) ha rapporti commerciali con soggetti non profit: è solo per il pacco dono natalizio? In Inghilterra si occupano sempre più di “hidden social enterprise” andandole a pescare nel for profit: concettualmente non è la stessa cosa che ha fatto Obi One?
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