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“Io non sono Charlie”. Ha solo otto anni, ma lo accusano di apologia di terrorismo

Eravamo tutti Charlie, ora siamo tutti potenziali terroristi. Anche i bambini. Succede in Francia, dove un bambino di 8 anni è stato denunciato e interrogato dalla polizia per "apologia di terrorismo". La polizia prevale oramai sulla pedagogia e l'isteria collettiva rischia di travolgere ogni senso critico. Dopo le chiacchiere su Voltaire, in Francia la libertà di espressione si sta declinando in libertà di oppressione?

di Marco Dotti

Eravamo tutti Charlie e ora siamo tutti potenziali terroristi. Anche i bambini. Accade a Nizza, il giorno dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo. 

L'8 gennaio scorso, il preside di una scuola primaria, situata a sud della città, ha mandato un ragazzino di 8 anni  dritto in caserma, per un interrogatorio di polizia. 

L'accusa? Apologia di terrorismo. Alla domanda dell'insegnante «Êtes-vous Charlie ?», Ahmed, 8 anni, ha risposto no, lui non si sente Charlie. Perché? Perché «hanno fatto la caricatura del Profeta. Io sono con i terroristi». Evidentemente, la libertà d'espressione non vale per questo bambino. E nemmeno la libertà di essere quello che è, ossia un bambino al quale le cose vanno spiegate, non imputate.

Dopo averne ascoltato a caldo le ragioni, infatti, il 21 gennaio il preside ha pensato pensato di sporgere querela per "apologia di terrorismo".  Il preside si sarebbe giustificato dicendo di aver agito per senso di responsabilità. E così, dinanzi alle parole del bambino, il responsabile di una importante agenzia educativa, la scuola, vanto e – a questo punto possiamo ben dirlo – miseria della République, non ha scelto la strada del comprendere e dell'educare, ma quella ben più semplice e diretta della che conduce alla caserma della vicina gendarmeria.

La procura conferma l'accaduto, ma specifica che non di querela, bensì di segnalazione si tratterebbe. Poco male, la sostanza non cambia e rischia di alimentare nuove tensioni.

Da parte sua, a Sylvain Mouillard di Libération, che chiedeva spiegazioni, il Ministero dell'Educazione ha confermato tutto, aggiungendo che una denuncia è stata sporta anche contro il padre del bambino. L'uomo, arrivato a scuola, se lo voleva riportare a casa, ma sarebbe entrato nell'istituto senza autorizzazione.

Gli assistenti sociali sono stati allertati e, a quanto pare, avvieranno la consueta procedura  per «la protection de l’enfance». L'avvocato della famiglia, Sefen Guez Guez, ha lanciato l'allarme: quando la macchina della giustizia si mette in moto, non sappiamo mai dove può arrivare. Per ora è arrivata qui: audizione del minore, diabetico, a cui nel giorno dell'interrogatorio sarebbe stat di fatto negata la possibilità di assumere la dose necessaria di insulina e interrogatorio del padre, che evidentemente ora rischia di vedersi sottoposto a particolari "attenzioni "da parte dei servizi sociali.

«Sottoporre un minore a interrogatorio (la cosiddetta “audition libre”, che non comporta la presenza di un avvocato),l a dice lunga sullo stato d’isteria in cui ci troviamo a proposito della nozione di apologia di terrorismo.

In casi come quello di Ahmed serve la strada pedagogia”, ha dichiarato l’avvocato, non la strada polizia. Ma la tendenza della "buona scuola" francese, sembra propendere per la seconda strada.

@oilforbook

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