Cultura

Io musulmana sono grata a Papa Francesco

In un mondo di opinionisti, chi siamo noi per giudicare? Una ragazza italo-siriana "devota" al messaggio del Pontefice

di Martino Pillitteri

Caro Papa,

Le scrivo.

La mia è una scelta epistolare inaspettata che non avrei mai immaginato, ma dal giorno in cui ha suggerito quel momento di digiuno per la pace in Siria le parole che seguono hanno nutrito la mia mente ogni qualvolta mi son messa in ascolto nei suoi confronti.

Sin dal primo istante del suo incarico ha ricordato l’amata nazione siriana e ha definito la popolazione col termine cara nella sua accezione più nobile (da chàris = carità).

In questi mesi di guerra ho amato e preferito il silenzio, eppure le parole che ha dedicato a questa tragedia hanno sensibilizzato più che mai e più di altre le coscienze di tanti che fino a non molto tempo fa non avrebbero saputo neanche localizzare sulla cartina geografica il Paese martoriato.

Un silenzio che nella mia percezione poteva evitare sentimenti di pietas che talvolta recano più sofferenza.

Da quel 7 settembre, non a caso giorno di Santa Regina che lei ha invocato come Santa Regina della Pace, persone vicine e lontane, con una delicatezza e con un nobile accostarsi, hanno saputo star prossimi a coloro (me compresa) i cui animi sono devastati da dolore e preoccupazione costanti per parenti e conoscenti che ogni giorno rischiano la propria esistenza.

Non posso che provare gratitudine per questo che potrei definire un preziosissimo dono, ma soprattutto provo gratitudine per il messaggio che va oltre l’esempio specifico della terra in guerra.

Scrivo così perché in realtà, caro Papa, la suggestione e il fascino che provo nei suoi confronti nascono proprio dalla forza e dalla potenza che il suo messaggio riesce a trasmettere.

Concordano in molti nel definire la sua una vera potenza mediatica e a tal proposito mi sono interrogata sulla ragione di questa sua peculiarità. Credo sia racchiusa nell’evoluzione del suo messaggio.

All’inizio del suo incarico si è presentato a credenti e non credenti e a fedeli e fedeli di altre religioni con la semplicità del linguaggio, pronunciando quell’indimenticabile “Buona sera”.

Poi è stato il momento della semplicità del e nel vivere, elemento legato alla povertà della Chiesa.

Infine, ci ha accompagnati per arrivare a capire la semplicità della fede, quando riferendosi a più motivi si è chiesto e ci ha chiesto “Chi sono io per giudicare?/Chi siamo noi per giudicare?”, domanda che credo racchiuda l’essenza vera della fede. Una questione che mostra l’autenticità del suo animo e che nel contesto in cui viviamo stona notevolmente con la tendenza che i più assumono.

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