Formazione

Io difendo Paolo e Valeria

Parla l’inviato del Corriere della Sera.

di Benedetta Verrini

“Non sono spie, non sono fascistelli o supermachi, non sono trafficanti d?armi. Probabilmente non sono all?altezza di quanto sta avvenendo adesso in Iraq. Di certo, a mio avviso sono stati ingiustamente criminalizzati dalla stampa italiana”. Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera a Bagdad, è stato il primo a intercettare gli italiani impegnati in Iraq nel settore della sicurezza. Li ha intervistati la settimana scorsa all?Hotel Babel di Bagdad mentre stavano smobilitando le loro cose dalla stanza. Una foto splendida (scattata da una fotografa dell?Associated Press che accompagnava il giornalista), sta lì a testimoniarlo: Valeria e Paolo sul divano, con l?aria avvilita e l?aspetto di due ragazzi come tanti. In primissimo piano, su un tavolo, a ricordarci che quella non è una situazione qualunque, c?è un kalashnikov Chi sono, allora, Valeria e Paolo? “Sono rappresentanti di un certo mondo della nostra provincia”, prosegue Cremonesi. “La loro storia personale si è anche incrociata con il mondo delle ong: Valeria ha collaborato con Un ponte per?, Paolo per Intersos. Poi hanno constatato che qui c?era spazio per il settore della sicurezza e delle scorte. E hanno intravisto una sorta di gallina dalle uova d?oro”. Ma non c?è scandalo in questo, sottolinea Cremonesi. Di soldi, loro ne avevano bisogno come tutti. Paolo da sminatore prendeva 2.500 euro al mese, facendo un lavoro difficilissimo e molto pericoloso. Valeria era volontaria. “Per chi non si trova in Iraq probabilmente è molto difficile da comprendere, ma quello della security è un lavoro come un altro. Valeria e Paolo erano perfettamente funzionali a questo mercato”. Cosa faranno, adesso? “Per quanto ne so, resteranno in Iraq”.


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