Famiglia

Io, atleta disabile alla maratona Gerusalemme- Betlemme

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera del maratoneta Andrea Mazzucchi

di Redazione

Se non si ha la presunzione di aver dato una svolta alla storia di due popoli in conflitto dal 1948, se non si pretende di aver cancellato d?un sol colpo i rancori, i lutti famigliari e le discriminazioni razziali che il conflitto Israelo-Palestinese continua a trascinarsi, si può allora attribuire il giusto valore ad un gesto simbolico come la ?Maratona della pace?, svoltasi giovedì scorso tra Gerusalemme e Betlemme.

La manifestazione che è stata organizzata dal CSI, Centro Sportivo Italiano, in collaborazione con l?Opera Romana Pellegrinaggi, aveva una numerosa rappresentativa modenese. Ho voluto fortemente unirmi alla delegazione, per aggiungere la presenza di un atleta disabile dell?ASHAM, Associazione Sportiva Handicap Modena, alla corsa pacifista degli sportivi italiani dedicata a Papa Giovanni Paolo II.

Ho voluto correre e portare in Terra Santa il mio essere sportivo, europeo, agronomo, cattolico e spastico, convinto come non mai che la diversità etnica, culturale, religiosa e fisica delle persone riportino alla centralità della vita umana e possano essere trasformate, da pretesto di conflitto ed emarginazione (o addirittura persecuzione), in fonte inesauribile di confronto, collaborazione e arricchimento reciproco.
Io ero là, a gridare con forza la mia diversità e, nel bene e nel male, negli aspetti positivi e negativi, la mia unicità, nel rispetto delle peculiarità, delle forze e delle debolezze, dei credo e dell?unicità altrui.
In virtù di questo rispetto, dovuto alle culture ed alle religioni di cui la città di Gerusalemme sembra essere fulcro, custode e culla, mi sono trovato a voler capire, prima di insegnare e valutare prima di giudicare.
Varcando di corsa il check-point tra gli sconcertati soldati israeliani, dietro la fiaccola della pace e la bandiera olimpica, echeggiavano nella mia mente le parole scritte quasi 2000 anni or sono e di incredibile attualità: ?Quando fu vicino a Gerusalemme, vedendo la città, pianse su di essa, dicendo: «Oh, se tu pure conoscessi, in questo giorno, quello che occorre alla tua pace! Ma ora ciò è stato nascosto ai tuoi occhi». (Lc. 19, 41-42)?

Non avrei mai potuto immaginare, senza vedere, senza farmi spiegare e senza toccare con mano il disagio, la difficoltà di muoversi da una città all?altra della Palestina, una situazione tanto complessa ed articolata, da rendere finora in districabile la matassa del filo che porta alla comunicazione e al dialogo. Credo tuttavia sia importante ribadire che la pace, deve essere vista come l?unica soluzione possibile, pur essendo conquista complicata e dolorosa: considero la pace la difesa territoriale più sicura e il libero commercio la più proficua fonte di benessere economico.

Occorre comprendere e portare in risalto i benefici anche pratici, anche economici, di una pacifica convivenza: lo stato di tensione (quando non è la vera e propria guerra) in cui si costringono a vivere gli israeliani ed i palestinesi, assorbe loro energie, tributi in vite umane e risorse economiche, che potrebbero essere utilizzate per migliorare, a favore di tutti, le loro condizioni di vita.
Penso non sia possibile imporre la pace, in particolare quando i rancori sono così storicamente radicati, ritengo però si possa donare un esempio ed una testimonianza che induca a riflettere sui valori della vita e sulla ricchezza insita nella varietà e nella fantasia del pensiero umano.
Tutti abbiamo adeguato il nostro ritmo di corsa su quello dei compagni meno forti, perché potessimo correre compatti e gioiosi, perché fosse percepibile lo spirito di solidarietà che ci animava.
La Maratona della pace ha comunque offerto il suo contributo ad un processo di pace, con un gesto simbolico che per ora appare molto lontano dal sentire comune: col cuore e con la mente degli sportivi che vi hanno partecipato.

Andrea Mazzucchi

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