Mondo

Investimenti stranieri, segnali contrastanti

di Giulio Albanese

In questi giorni ho provato a fare una serie di ragionamenti sulla situazione economica dell’Africa alla luce dei dati forniti dall’Unctad (United Nations Conference on Trade and Development). Visitando il sito aggiornato di questa organizzazione Onu per lo sviluppo economico, ho trovato dei dati interessantissimi sugli investimenti diretti esteri (Ide) che rappresentano la capacità di un Paese di attrarre, sul proprio territorio, aziende straniere per investimenti nel lungo periodo. Ebbene, a riprova che la crisi dei mercati sta penalizzando fortemente non solo le vecchie potenze industriali, ma anche l’Africa, ho scoperto che nel 2011 l’investimento complessivo, a livello continentale, è sceso per il terzo anno consecutivo. Nel complesso gli afflussi di Ide verso l’Africa hanno subito una contrazione dello 0,7%. Si è dunque passati dai 54,7 miliardi nel 2010, a 54,4 miliardi di dollari dello scorso anno. I risultati sono stati influenzati, anche a seguito del crollo dei vecchi regimi, da un calo dei flussi verso Libia, Tunisia ed Egitto. Basti pensare che proprio l’Egitto ha registrato un crollo pari a oltre il 92%, dai 6,4 miliardi di dollari del 2010 a soli 500 milioni l’anno scorso. Anche l’Africa Centrale e l’Africa Orientale hanno sperimentato riduzioni dei flussi di investimento, soprattutto per ragioni di ordine geopolitico e climatico. Basti pensare alla crisi che attanaglia l’intero Corno d’Africa, di cui peraltro abbiamo condiviso assieme, nei mesi scorsi, cari lettori, le complesse ragioni di un disordine che si procrastina nel tempo. Di positivo c’è comunque da registrare il trend in crescita degli altri due settori geografici del continente, l’Africa Occidentale e quella Meridionale. Basti pensare alla Nigeria che nel 2011 ha ottenuto un aumento del 12% degli afflussi di Ide, che passano da 6,1 miliardi di dollari del 2010 a 6,8 miliardi lo scorso anno. Naturalmente, con le violenze scatenate dal movimento estremista “Boko Haram”, che si sono verificate a partire da Natale, il futuro è incerto anche per il gigante nigeriano.

Una cosa è certa: il Paese africano che ha fatto meglio, in termini di Ide, è stato il Sudafrica che nel 2011 ha raggiunto la cifra di 4,5 miliardi di dollari in investimenti stranieri. Stando all’Unctad, la buona performance del Sud Africa è stata sostenuta dai 2,4 miliardi di dollari investiti nell’acquisto della partecipazione di maggioranza della Massmart, azienda quotata alla Borsa di Johannesburg, da parte del gigante statunitense del dettaglio, Wal-Mart. L’acquisto ha implicato una significativa inversione di tendenza per il Paese rispetto alla caduta del 70 % registrata in tale voce nel 2010. Ciononostante, la performance sudafricana nel 2011 è giudicata dagli analisti non sufficiente, perché abbondantemente al di sotto del picco di investimenti ricevuto dal Paese nel 2008. Alcuni esperti ritengono che il Sud Africa poteva essere decisamente più brillante, soprattutto alla luce della vivacità dei mercati delle materie prime, che hanno sostenuto i flussi di investimento in altre economie ricche di risorse naturali. È chiaro che il Sud Africa è decisamente il Paese del continente che sta meglio, essendo entrato il 24 dicembre del 2010 nel gruppo dei Paesi Bric, divenuti con l’ingresso del governo di Pretoria, Brics. Ma attenzione, il cammino per un autentico riscatto è ancora lungo. Il Sud Africa, infatti, è un Paese che non solo deve proseguire il sostegno all’economia con politiche fiscali e monetarie espansive, ma deve anche continuare a promuovere una serie di iniziative protese, ad esempio, alla riduzione della disoccupazione giovanile, al sostegno alle industrie ad elevata intensità di lavoro, al supporto agli investimenti nel settore pubblico e privato, all’aumento del tasso di risparmio, al miglioramento delle performance del settore pubblico e soprattutto investire maggiori risorse nel sociale. Come già scritto in un precedente “post” di questo Blog, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale (Fmi), il tasso medio di aumento del Pil nei Paesi dell’Africa Subsahariana – attualmente attorno al 5,2% – dovrebbe salire al 5.8% in termini reali nel 2012. Comunque molto dipenderà dagli investimenti stranieri, cinesi in primis. Nel 2000 il governo di Pechino aveva investito appena 60 milioni di dollari. Ma da allora il flusso di capitali cinesi è cresciuto in termini esponenziali, fino a raggiungere livelli 200 volte superiori. Non è un caso se la Banca mondiale (Bm) prevede che entro pochi anni la Cina avrà “esportato” ben 85 milioni di posti di lavoro in Africa. Ma attenzione, l’Impero del Drago non fa beneficenza e senza altri investimenti stranieri che tengano conto non solo del profitto delle imprese ma anche dei diritti della gente, l’Africa continuerà ad essere una terra di conquista.

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