Welfare
Invalidi, legge col trucco
Sembrava che sul testo approvato dal Senato forze politiche, imprenditori e associazioni dei disabili avessero trovato un accordo. Poi qualcosa è cambiato e la battaglia si è riaccesa.
di Marco Piazza
Collocamento obbligatorio: nell?anno in cui la vecchia, inutile legge 482 compie 30 anni, il progetto di riforma è ormai in dirittura d?arrivo Ma proprio quando tutto sembrava risolto, con il nuovo testo appoggiato da un?ampia maggioranza – che accontentava anche le associazioni di settore (mentre piaceva assai poco a Confindustria), tutto si è bloccato. E sulla riforma della normativa che favorisce l?impiego delle categorie cosiddette svantaggiate si sta spaccando la maggioranza. Proprio come successe per la missione in Albania.
Il fatto è che il progetto di legge uscito dal Senato prima dell?estate è stato modificato. E che i cambiamenfi non piacciono a parte della Sinistra democratica, a Rifondazione comunista e a molte delle associazioni di disabili. Contraria, per altri motivi, è anche Forza Italia, che si fa portavoce degli interessi degli industriali. E quindi, a pochi giorni dalla votazione in commissione Lavoro che dovrebbe dare il via libera al voto definitivo dell?Aula di Montecitorio, nessuno può dire quel progetto che fine farà.
Di riformare la legge 482/68 si parla in realtà da molti anni. Il vecchio testo, che obbliga le imprese (pubbliche o private che siano) con più dì 35 dipendenti ad assumere il 15 per cento di lavoratori svantaggiati (invalidi civili e del lavoro, orfani e vedove di guerra e sordomuti) è stato dichiarato fallito da molti anni. Il suo difetto principale è quello di non prevedere sanzioni per le imprese inadempienti, o di prevederle talmente irrisorie che l?imprenditore preferisce pagare la multa (quando la paga) invece che assumere. Di conseguenza le liste di invalidi disoccupati si sono allungate a dismisura e si sono anche verificati casi in cui gli stessi disabili, sapendo di non avere chanches lavorative, si accontentavano di farsi rimborsare sottobanco dalle aziende. Oggi si calcola che la percentuale di disabilì assunti grazie alla 482 èdel 3.5 per cento (invece del 15% previsto). Altra contraddizione della legge attualmente in vigore riguarda l?assenza del cosiddetto ?collocamento mirato?, cioè di un meccanismo che favorisca l?impiego di un lavoratore svantaggiato laddove, in base alle sue capacità residue, può realmente lavorare e rendersi utile. Finora tutto questo non c?è stato. Per questo è capitato più volte che un, azienda si sia trovata nell?impossìbilità materiale di rispettare la normativa perché, per fare un esempio, avendo bisogno di un fattorino, le capitava una persona su sedia a rotelle.
La riforma attualmente in discussione è partita proprio da queste contraddizioni. Per ?invogliare? le imprese ha ridotto la quota obbligatoria dal 15 al 7 per cento per quelle con più di 50 dipendenti (per le altre, le imprese con un numero di dipendenti che va da 15 a 35 ne dovranno assumere uno, quelle con 36-50 dipendenti due). Sempre per favorire gli imprenditori sono previste agevolazioni fiscali ed è stato creato un fondo finanziato con 110 miliardi per tre anni. Ma per responsabilizzare i datori di lavoro la stessa riforma ha inasprito le sanzioni (100.000 lire al giorno per ogni lavoratore non assunto).
Queste, in sostanza, le novità del testo approvato al Senato qualche mese fa. Un testo che, come detto, accontentava tutti. Poi qualcosa è cambiato. Nel testo è stata inserita, all?articolo 11, la possibilità per le imprese di non farsi carico direttamente del lavoratore, ma di comandarlo presso una cooperativa sociale o di farlo assumere con un contratto di formazione direttamente dalle coop, con l?obb1igo di integrarlo in azienda dopo 2 anni. E questa novità è stata letta dalle associazioni dei disabili come la volontà di ostacolare l?effettivo impiego degli svantaggiati nelle imprese .
Altra novità contestata, per analoghi motivi, è il tempo (15 mesi) dato dalla legge alle piccole imprese per mettersi in regola. E infine, agli stessi soggetti non piace molto il modo in cui la legge disciplina il collocamento mirato (all?art. 5), spostandone la gestione dalle Province alle Regioni ma senza stabilire – dicono le associazioni – come debba essere organizzato praticamente. Per questi motivi è in atto uno scontro politico che assomiglia molto ai dibattiti che riguardano in generale tutto il mondo del lavoro. Una ?battaglia? che vede da una parte gli industriali, contrari ad ogni costo aggiuntivo per le imprese, dall?altra la sinistra più ?sindacalista?, che punta ad una legge che stabilisca un diritto da rispettare, costi quel che costi.
Con il centro che tenta di mediare tra le due partì, garantendo una certa flessibilità senza perder di vista i diritti acquisiti. In mezzo a tutto ciò stanno decine di migliaia di invalidi, che forse, dopo 30 anni di presa in giro, hanno qualche ragione a diffidare dei politici.
l’opinione
Io, imprenditore, dico no
P remetto che, per ciò che riguarda la legge di riforma del collocamento obbligatorio, io conosco solo il testo uscito dal Senato qualche mese fa e non sono invece a conoscenza delle modifiche che fanno parte del progetto di legge in discussione attualmente alla Camera. In ogni caso voglio chiarire che noi piccoli industriali ci rendiamo perfettamente conto dei nostri doveri sociali e non vogliamo sottrarcene. Se però, soprattutto adesso che entreremo in Europa, ci si chiede di essere sempre più competitivi, non ci si possono imporre per legge dei costi più alti. Già adesso i profitti sono risicati, se dobbiamo anche assumere obbligatoriamente dei lavoratori di cui non abbiamo bisogno, la situazione diventa insostenibile. Quello dell?inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati è un costo di cui dovrebbe farsi carico la comunità. Metterlo in conto alle imprese, per quello che ci riguarda, è preoccupante. È ovvio che se ci sarà una legge in questo senso la rispetteremo, ma saremo poi costretti a pagarne le conseguenze. Noi non riteniamo che i disabili siano solo costi. Ma nel progetto approvato in Senato c?era l?obbligo di assumere anche i disabili con patologie estremamente gravi e invalidanti. Si tratta di persone che hanno bisogno di assistenza costante che per un?impresa, il più delle volte, rappresentano più un costo che una risorsa. Con questo non voglio dire che i disabili non debbano lavorare. Solo che un?impresa, a mio parere, dovrebbe poterli assumerli quando ne ha un bisogno effettivo, non quando è obbligata dallo Stato. presidente piccoli imprenditori di Confindustria
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