Non profit

Inutile sognarsi In lista

Parla Stefano Zamagni: "Non mi piace vedere candidati della società civile. Con il sistema attuale sono destinati a richiamare voti. E poi a fare la riserva indiana".

di Ettore Colombo

La Margherita attrae il sociale più di quanto non sappia (più) fare il professor Romano Prodi? I Ds, a leggere la notizia nero su bianco, se ne hanno molto a male. Mentre il centrosinistra litiga, il centrodestra incassa l?approvazione della + Dai -Versi e della legge delega sull?impresa sociale, grazie soprattutto al pressing dell?Udc e di (parte) del governo. Ma a che punto sono i rapporti tra società civile e società politica? Ne abbiamo ragionato con un interlocutore di prim?ordine, il professore bolognese Stefano Zamagni, economista e tra i più ascoltati esperti del mondo del non profit e del volontariato. «Non ho mai fatto una dichiarazione per o contro questo o quel partito», ci fa con schietta bonomia, «non comincerò a farlo adesso». Vita: Professore, ?A che punto è la notte? nei rapporti tra società e politica? Stefano Zamagni: Per le ragioni note a tutti si è chiuso un ciclo dominato dalla dualità Stato-mercato in cui la politica dirigeva e alla società civile si chiedeva solo di colmare le lacune. Ma c?è poco da esultare dalla fine dello ?Stato forte?. Anche lo ?Stato debole?, per me, si coniuga male con società e sviluppo economico. Quello che serve è una definitiva redistribuzione dei poteri tra società civile e società politica. Anche il No franco-olandese alla Costituzione europea si può leggere così: la società civile non accetta più di delegare compiti e risorse che le spettano, vuole contare e decidere. Dall?altro lato i partiti cercano di mantenere la loro parte di potere ma non hanno più la legittimazione e la struttura d?un tempo. Oggi gli iscritti ai partiti politici in tutto saranno un milione. Che antenne vuole che abbiano sulla realtà? Vita: Eppure i partiti fanno a gara nel volersi accattivare le simpatie di non profit e terzo settore? Zamagni: Certo, inneggiano alla società civile, ai boy scout, al volontariato, al non profit, ma quando queste realtà reclamano quote di potere fanno la faccia feroce. Pensi alla legge sull?impresa sociale. Ci sono voluti quattro anni e mezzo di battaglie. Spero però che la lotta per la redistribuzione del potere, visto che cederlo – da parte della società politica – vuol dire favorire lo sviluppo, serva a convincere quelli che io chiamo ?i recalcitranti? della politica a cambiare strategia. Vita: Mi faccia degli esempi concreti. Zamagni: L?idea dell?amministrazione condivisa lanciata tempo fa da Sabino Cassese, ad esempio: si può fare, basta volerlo. L?ente locale accetta di spogliarsi di pezzi di sovranità in cambio dell?assunzione di responsabilità di soggetti della società civile. Altro esempio sono le fondazioni di sviluppo locali che non riescono a partire perché gli enti locali che vi sono rappresentati dentro vorrebbero mantenere il pieno potere decisionale. Ma se non si fanno le Fondazioni non riparte lo sviluppo! Vita: Però, quando si arriva sotto elezioni, i partiti si riempiono le liste coi bei nomi della società civile? Zamagni: Ecco, appunto. Gli esperti, i tecnici, ma anche gli intellettuali vengono chiamati dalla classe politica, di destra come di sinistra, messi in lista, magari usati per scrivere ottimi programmi, e poi dimenticati a fare da riserva indiana. Ecco perché non mi piace vedere tra i candidati dei vari schieramenti esponenti della società civile. Basta con le cinghie di trasmissione, con i movimenti e le associazioni che fiancheggiano i partiti. E basta anche con lo schierarsi a tutti i costi. Certo, anche la società civile organizzata deve fare dei passi decisi: servono nuove rappresentanze, non bastano più i coordinamenti. Il problema investe la sfera della responsabilità dei nuovi soggetti. Rapporto sulla povertà Il panico del nord Sono state 2 milioni e 360mila le famiglie povere in Italia nel 2003 (10,6% del totale), pari a 6 milioni 786mila individui (l?11,8% dell?intera popolazione). Secondo i dati del Rapporto sulle politiche contro la povertà e l?esclusione sociale, ha spiegato il presidente della Commissione, Giancarlo Rovati: queste famiglie hanno avuto una spesa media mensile al di sotto degli 869,50 euro. È questa la soglia adottata per definire la povertà relativa sulla base dei dati Istat ma il rapporto evidenzia come a crescere sia invece la percezione della povertà. Eclatante il dato sulla povertà soggettiva che è maggiore al Nord (7,7%), superiore a quello della povertà oggettiva (5%). Al Sud la povertà oggettiva raggiunge il 22,4% e quella soggettiva si attesta al 12,1%. Morale, al Nord ci si sente molto più poveri che al Sud. Più perché si è ?preoccupati? che perché si è davvero ?poveri?, sostiene il rapporto.


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