Volontariato

Intervista al presidente dell’agenzia onlus, Zamagni

«La nostra sfida? Una misura per il valore sociale», di Giuseppe Frangi

di Riccardo Bonacina

Alla prima riunione, lo scorso 8 febbraio, Stefano Zamagni, ha già fatto una piccola rivoluzione all?Agenzia delle onlus. Niente pranzo al ristorante, ma colazione al tavolo di lavoro, un taglio al budget per i pernottamenti («È sufficiente un tre stelle, che diamine»), e soprattutto un gran movimento, con tante relazioni orizzontali, malgrado la palazzina di via Rovello a Milano esibisca tutto il suo fascino verticale di vera rappresentanza. Non importa: porte aperte, incontri che si incrociano, movimento nelle stanze. L?impressione è che l?insediamento del nuovo presidente dell?Agenzia equivalga ad una vera scossa. Un bel debutto professore, l?aria è davvero da ?lavori in corso?. Per cominciare, il prof mantiene una promessa, «la prima intervista la darò a Vita, com?è ovvio».

Vita: Promessa mantenuta, quindi. Com?è andato l?insediamento della nuova Agenzia?
Zamagni: Mi lasci innanzitutto esprimere sincera gratitudine al mio predecessore Lorenzo Ornaghi, alla commissione e ai consiglieri del primo mandato dell?Agenzia per le onlus. Il loro è stato un lavoro ingrato perché dal niente hanno creato una struttura che ormai ha una sua configurazione e una sua organizzazione interna ben precise.

Vita: D?accordo, ma ora tutti si chiedono: che farà Zamagni, padre delle onlus e teorico dell?economia civile?
Zamagni: Vede, cosa deve fare l?Agenzia lo dice la legge. L?Agenzia si articola in tre direzioni precise: vigilanza e controllo, indirizzo e promozione. Durante il primo mandato quasi la totalità delle energie è stata spesa, e non poteva essere diversamente, nella prima funzione. Il che significa, sostanzialmente, scrittura di pareri a seguito delle ispezioni che la Guardia di Finanza o l?Agenzia delle Entrate effettuano, in presenza di sospetti di vario tipo, presso le varie onlus. Per chi se ne intende di questioni giuridico-amministrative, sa che la scrittura di un parere è una faccenda complicata e particolarmente laboriosa.

Vita: Un pezzo di strada è stata fatta. La sua presidenza si concentrerà quindi sulle altre due funzioni?
Stefano Zamagni: Non solo, ma è giunto il momento di incrementare gli altri aspetti per lo sviluppo delle onlus, appunto quelli di indirizzo e promozione. Tra gli obiettivi per il primo anno non mancano però le iniziative per il potenziamento delle funzioni di controllo e vigilanza dell?Agenzia. Tra queste, sicuramente, c?è la firma del protocollo d?intesa con l?Agenzia delle Entrate – un provvedimento urgente, perché ad oggi c?è solo l?accordo siglato con la Guardia di Finanza – senza il quale risulta difficile difendere gli interessi delle onlus. Come è noto l?Agenzia non è un?autorità: quindi non ha poteri sanzionatori e neppure d?ispezione. Ma grazie al protocollo d?intesa può intervenire in maniera preventiva per evitare errori di valutazione, come purtroppo è accaduto, con la cancellazione di enti. Secondo obiettivo da centrare, sempre su questo fronte, è la standardizzazione dei registri del terzo settore. In Italia ce sono oltre 250, a livello centrale o territoriale, dal volontariato alle associazioni, dalle fondazioni alle cooperative sociali. Il risultato è che uno stesso soggetto potrebbe vedersi negata l?iscrizione dal registro in Lombardia mentre è accettata altrove. Ciò è inaccettabile. Occorre arrivare all?uniformità dei criteri. Ed è questo un lavoro che tocca a noi.

Vita: Indirizzo e promozione. Quali le misure da far partire al più presto?
Zamagni: Il primo punto in agenda è dare slancio alle cosiddette audizioni: i soggetti della società civile del terzo settore devono poter essere ascoltati dall?Agenzia per poter esporre problemi ed esigenze. Nel passato il dialogo non è mancato, ma bisogna fare di più. Anche perché l?Agenzia non può funzionare se non ha input dal basso, che nascono appunto dal contatto diretto, dalle testimonianze. Oltre a un piano strategico d?ascolto, servono interventi mirati nel processo di formazione delle nuove leggi. È tempo che da questa Agenzia escano suggerimenti e proposte per modificare la legislazione vigente. In proposito ho già scritto al ministro Ferrero affinché l?Agenzia possa partecipare attivamente alla Conferenza del volontariato che si terrà in aprile a Napoli, come mi sembra giusto. Così allo stesso modo non deve mancare il supporto alla manutenzione legislativa, perché almeno ogni dieci anni le norme diventano giocoforza obsolete e necessitano di revisione. Infine c?è l?aspetto della regolazione: questa Agenzia deve riuscire a incidere sulle regole, come nel caso della raccolta fondi. Ma anche le imprese non profit devono irrobustirsi e migliorare. Penso ad esempio che la best practice del bilancio sociale, oggi quasi appannaggio esclusivo del profit, debba diffondersi maggiormente nelle onlus. Infine, ed è una grande scommessa, bisogna lavorare sulla definizione della qualità sociale, sino a raggiungere criteri che ne permettano la sua misurazione. Penso ad un indice del valore aggiunto sociale (Vas), uno standard che potrebbe avere un forte impatto sul mondo delle onlus. Già Italia Lavoro (che è un ente dello Stato) e l?Asl di Modena hanno raccolto queste sollecitazioni utilizzando i Vas come metodo di contabilità sociale.

Vita: Resta il nodo della promozione. Come pensate di muovervi?
Zamagni: C?è un terzo settore sommerso che noi dobbiamo fare emergere. Ci sono tante microrealtà sconosciute al nostro Paese. Per farle conoscere puntiamo a creare una banca dati analitica, in convenzione con l?Inps, di tutti i soggetti del terzo settore. Accanto a questi interventi è assolutamente necessario trovare maggiore visibilità sui canali Rai, almeno uno spazio di un?ora alla settimana. Perché non si può pensare che una tv pubblica continui a trascurare una realtà come il terzo settore. La situazione attuale è davvero scandalosa perché silenzia una parte importante del Paese. E poi il non profit italiano, che non ha nulla da invidiare ad altri Paesi, deve entrare in modo ufficiale in Europa per avere una propria voce. Infine l?Agenzia per le onlus deve facilitare la creazione di un polmone di pensiero a livello culturale e scientifico. Perciò puntiamo a un accordo con il ministero della Ricerca e dell?Università, dove il non profit è entrato nel 1996 attraverso corsi di laurea, di alta formazione e master. Prima di questa data non si potevano neppure insegnare queste cose. Ora però bisogna rilanciare queste attività. Nei nostri atenei non c?è ancora un Phd in non profit, mentre negli Usa e in Gran Bretagna abbondano i dottorati di ricerca su queste tematiche.

Vita: Quali sono i percorsi all?interno dell?economia sociale ancora da definire?
Zamagni: Il punto chiave mi sembra siano i finanziamenti. Sia a livello europeo che di Nazioni Unite, i meccanismi di cofinanziamento obbligano le ong e le non profit a contribuire fino al 25-30%. Per una ong o un altro soggetto del terzo settore si tratta di un impegno spesso insostenibile. Un imprenditore for profit va in banca e chiede un prestito. Uno non profit non può. Quindi il problema è quello che dobbiamo riuscire a creare una sorta di Borsa per il terzo settore, un mercato finanziario per l?economia civile. Servono strumenti finanziari innovativi che consentano a questi soggetti di avere il finanziamento almeno per lo start up. Ecco perché non si può fare a meno di un mercato di capitali, certamente non speculativo, per il non profit. Questa è un?idea che scandalizzerà qualche purista, ma è stata recentemente rilanciata dal padre del microcredito, Yunus.

Vita: Nella sua storia di economista quando si è accesa la lampadina del non profit?
Zamagni: Si è accesa quando ho iniziato a scoprire, quasi per caso, la nozione e la teoria dell?economia civile, termine che ho ripreso dall?opera di Antonio Genovesi. Dentro di me c?era già questa passione, certo, ma si esprimeva solo nel tempo libero attraverso il volontariato. A partire dal 1994 questo mio interesse ha invaso anche la sfera di docente di economia con un obiettivo ben preciso, ovvero la costituzionalizzazione del civile. Dare un senso al volontariato, una direzione, significa andare oltre l?emergenza, e costruire un ordine sociale adeguato alle sfide di questo tempo. Perché una società non può evolvere solo con la forza di pubblico e privato. Questa è una camicia di forza che ci porterà alla rovina.


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