Welfare

Intervista a Rigoberta Mench

"Dobbiamo ritrovare un equilibrio tra Nord e Sud del mondo, perché ciò che si sta consumando in Afghanistan è l’anticamera di una crisi mondiale". Parola di Nobel

di Benedetta Verrini

?La lotta contro le ingiustizie dura tutta la vita. Non si può accettare il silenzio sulle atrocità del mondo?. Così il premio Nobel per la pace, la ?lotadora social?, Rigoberta Menchù, ha parlato ieri agli studenti dell?università Cattolica di Milano. Invitata dal professor Dante Liano, ordinario di lingua spagnola nell?ateneo milanese (con il quale ha recentemente scritto, a quattro mani, il libro ?La bambina di Chimel?), Rigoberta Menchù ha tenuto una lezione d?eccezione sull?impegno civile e l?importanza della solidarietà per la pacificazione dei popoli. Vita l?ha avvicinata, dopo la conferenza, per una riflessione sul drammatico periodo che il mondo sta vivendo dopo l?11 settembre.

Vita: Come interpreta la guerra che si sta consumando in Afghanistan?
Come un conflitto di potere per il controllo sulle ricchezze economiche del territorio. Bin Laden è un terrorista, ma anche un alunno degli Stati Uniti. Alla fine, il rovesciamento del regime dei Taliban non è altro che una lotta per la ricchezza petrolifera dell?Afghanistan.

Vita: Ma la miccia che ha fatto scoppiare il conflitto è stato l?attentato alle torri del World Trade Center.
E? vero. Ma la lotta al terrorismo non si fa con la guerra. Ciò che è accaduto, e che sta ancora accadendo, dopo la tragedia dell?11 settembre, è una grandiosa redistribuzione dei poteri mondiali: questa ricomposizione delle egemonie porterà al controllo delle libertà sui popoli deboli. E? di questo che ho davvero paura, perché l?ho visto succedere in Sudamerica. Perciò mi auguro che la popolazione mondiale non lasci che si compiano abusi sulla propria libertà.

Vita: In questo scacchiere, l?Onu potrebbe avere una funzione regolatrice?
Senz?altro: ora che Kabul è stata presa, mi auguro che intervenga l?Onu a ripristinare la legalità, perché non si può lasciare il potere a questo nuovo regime che non offre garanzia di rispetto dei diritti umani. Le Nazioni Unite devono far sentire il loro peso al posto della Nato, perché questa rappresenta gli interessi di una parte sola, mentre i popoli che sono in Afghanistan e tutti gli altri popoli dei paesi arabi hanno bisogno di sentirsi rappresentati.

Vita: Da donna che combatte per i diritti umani e promuove la solidarietà, come ha vissuto la condizione delle donne afghane?
Provo una sincera costernazione per loro, e penso che nei loro confronti si sia usata, in questi anni, una doppia morale. Da una parte ci si sdegnava per la loro schiavitù, dall?altra non si faceva nulla per offrire loro solidarietà. Adesso è necessario che offriamo a queste donne una solidarietà completa, cominciando dal rispetto per la loro cultura.

Vita: Che posizione hanno i Paesi Latinoamericani nei confronti degli Stati Uniti e di questo conflitto?
Con gli Stati Uniti c?è un problema di influenze: è già accaduto in Messico e nello stesso Guatemala, dove gli Usa hanno imposto un giogo economico e un?egemonia politico-culturale che ha calpestato la nostra identità. Da latinoamericana lotto per contrastare questo sistema, e far sì che la nostra identità venga rispettata.

Vita: Quanto è importante il ruolo dei media in questo processo?
E? fortissimo. C?è moltissima sofferenza nel mondo, dal popolo afghano a quello di Timor Est: quando un?emergenza passa inosservata a causa dell?indifferenza dei media, essa viene come dimenticata. Moltissimi popoli nel mondo sono vittime del silenzio. Dobbiamo fare in modo che la missione di parlare di loro, di riscattarne i valori e la dignità sia un problema di tutti noi.

Vita: Lo ritiene un sogno possibile?
Sicuramente necessario per sopravvivere come specie. Dobbiamo ritrovare un equilibrio tra Nord e Sud del mondo, perché ciò che si sta consumando in Afghanistan non è semplicemente l?anticamera di una guerra mondiale, ma di una crisi mondiale. E se non è nelle nostre possibilità cambiare tutto, impegnamoci almeno a formare una generazione che abbia sensibilità per questi temi, che comprenda che la lotta per la vita che ogni singolo compie è una lotta comune. E forse il sogno di un mondo interculturale è possibile, se comprendiamo che possiamo essere bianchi o neri, ma con una caratteristica comune: siamo tutti figli della terra, tutti frutto della sua armonia.

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