Non profit

Intervista a Giorgio Armani. Darò chance, non elemosine

Lo stilista, neo ambasciatore dell’acnur, annuncia una svolta. "Dalla vita ho avuto tutto: ora voglio dare possibilità, non fare carità". Partendo dall’Afghanistan.

di Carlotta Jesi

La carità, per Giorgio Armani, è passata di moda. La solidarietà, «intesa come gesto concreto che non ha nulla a che vedere con la compassione e la pubblicità», invece no. Lo prova il regalo di Natale che ha fatto all?Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur): il 10% degli incassi realizzati in due giorni dalle sue 33 boutique europee. E questa confessione che lo stilista, solitamente poco incline a parlare del suo impegno filantropico, ha fatto a Vita: «Ho avuto molto dalla vita e dal lavoro, a questo punto mi sento pronto a dare qualcosa di diverso. Più che un semplice suggerimento di vestito».
A questo punto, per Armani, vuol dire a 68 anni. Dopo essere stato consacrato artista, oltre che stilista, con una mostra al museo Guggenheim di New York. Dopo essere stato nominato, a maggio di quest?anno, ambasciatore di Buona volontà dell?Acnur.
Vita: E dare in modo diverso, cosa vuol dire? Questo cambiamento si accompagna a un diverso stile di vita?
Giorgio Armani: Ho sempre affrontato la vita d?impeto, pensando a quello che volevo costruire, al futuro, ai mille progetti e ai mille impegni. Una vita piena, che mi ha dato e mi dà molto e che adesso mi chiede, in qualche modo, di dare. Non soltanto fondi e interventi economici, ma possibilità. Ecco, dare occasioni, chance, offrire una via d?uscita e una speranza a chi non intravede un futuro. Tante volte abbiamo sentito dire che, a chi ha fame, non bisogna soltanto portare il pesce ma insegnare a pescare. Questo io vorrei fare con l?Acnur: inventare e sovvenzionare piccoli progetti mirati che sviluppino lavoro e autonomia nelle comunità che li intraprendono. Costruire un percorso permanente di indipendenza e libertà dal bisogno.
Vita: Sta parlando di microcredito?
Armani: Non esattamente. Aiuterò i profughi afghani mettendoli in condizione di produrre i loro bellissimi tappeti. Invierò dei telai in Afghanistan e poi venderò le loro creazioni nei miei negozi, lasciando a loro il ricavato. Non sarebbe carità, ma un aiuto concreto.
Vita: Lei non sembra l?unico ad avere una nuova voglia di donare. Per aiutare le vittime del terremoto in Molise, gli italiani hanno donato quasi 100 milioni di euro. La più grande raccolta fondi nella storia d?Italia. Come si spiega tanta propensione al dono in un momento di crisi economica e di insicurezza sulla scena politica?
Armani: Gli italiani hanno sempre risposto con slancio alle richieste di una solidarietà concreta e fattiva, ma credo che qui si sia aggiunta una commozione profonda per la morte di quei poveri bambini. Una ferita bruciante che ha toccato un po? tutti, perché il dolore per una vita che non sboccia è particolarmente amaro e dà l?impressione di qualcosa di ingiusto, come una promessa non mantenuta.
Vita: Il suo impegno sociale spazia dalle donazioni al Fai all?utilizzo di cotone organico al ruolo di testimonial, come è accaduto l?anno scorso, per il calendario dell?Associazione italiana persone down. Perché non ne parla volentieri?
Armani: Fare del bene, per chi è noto, è delicato e difficile: c?è sempre qualcuno che pensa sia una mossa pubblicitaria. È più facile disegnare una collezione che sensibilizzare la gente su tematiche sociali.
Vita: Cosa pensa degli stilisti che dichiarano un impegno sociale rivolgendosi ai new global per poi chiudere i negozi quando il popolo dell?antiglobalizzazione sfila per le strade di Firenze ?
Armani: Per definirsi stilisti e creativi, non basta copiare la moda di strada.

Goodwill ambassador
Giorgio Armani non è solo ambasciatore della moda italiana nel mondo. Dallo scorso mese di maggio, è anche ambasciatore dell?Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur). Ruolo che condivide con l?attrice Angelina Jolie e che, in passato, hanno ricoperto altri artisti italiani come Riccardo Muti e Sophia Loren. Il compito di Armani? Sensibilizzare l?opinione pubblica sui problemi dei quasi 20 milioni di rifugiati del mondo.
Info:
UNHCR

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