Politica

Intervista a Bruno Manghi, sociologo ed ex esponente Cisl. Sindacato, vai nel Cda

"E' stata persa un’occasione unica: trasformarsi da stakeholders in shareholders. Compiendo un grande salto qualitativo". Lo Stato? "Deve esserci. Ma non nel capitale".

di Ettore Colombo

Bruno Manghi è un sociologo atipico e originale. Di formazione cattolica, progressista, fu protagonista delle lotte dei metalmeccanici e, nella Cisl guidata da Pier Carniti, formatore di centinaia di sindacalisti. Già collaboratore di Prodi e poi consulente aziendale, oggi – lasciato il sindacato – è uno spirito libero molto ascoltato dai prodiani (parteciperà ai lavori della ?Fabbrica?) e dai rutelliani, che lo hanno invitato al seminario di Fiesole. Viene accusato di essere un ?conservatore? perché ritiene che il sindacato (e l?Ulivo) non siano al passo dei cambiamenti della società postindustriale. Difficile dargli torto. Sulla svolta in casa Fiat, però, come sul declino del sistema industriale, sostiene tesi che sembrano riavvicinarlo al suo passato. Vita: La vicenda Fiat si è chiusa. Scampato pericolo o pantomima colossale? Bruno Manghi: La conclusione è positiva. Un piccolo sollievo finanziario, certo, ma anche la riconquista di una effettiva libertà d?azione, da parte del management Fiat. L?accordo con GM, del resto, non risolveva il problema dell?enorme indebitamento e limitava la possibilità di sperimentare altre strade per affrontare al meglio la questione. Ora si torna alla casella di partenza, con qualche possibilità che la Fiat possa tornare alla sua vocazione originaria, quella di insistere sull?auto. La Fiat è nata per fare quella cosa lì, la faccia. Per volerne fare troppe altre e diverse tra loro si è invece avvitata nella crisi. Del resto, anche nelle altre parti del mondo i produttori di automobili (Toyota, Peugeot) che vanno bene fanno solo auto. Vita: A dire la verità di soluzioni diverse ne sono state proposte. Montezemolo rilancia il polo del lusso, altri pensano che la Fiat dovrebbe concentrarsi su poche produzioni e investire tutto sulla qualità? Manghi: Non ci credo al polo del lusso. Il sistema di forniture e il controllo qualità che la Fiat può mettere in campo è secondario rispetto ai concorrenti. I quali, peraltro, l?extralusso non lo fanno affatto. Certo, si guadagna meglio ma su volumi troppo piccoli. Un polo del lusso autonomo è un altro discorso. Vita: Al Lingotto il problema delle alleanze se lo pongono. Da soli rischiano di ripiombare nella crisi. Manghi: Il quadro resta nero, problematico. I capitali non ci sono e gli investimenti sono modesti: la Fiat non è appetibile. Dove si troveranno nuove e convenienti alleanze non è chiaro ma vanno ricercate, in terra straniera, anche se lontana, come suggeriscono i giornali. Risorse sufficienti per fare da soli, del resto, non ce ne sono, l?indebitamento con le banche resta altissimo né il rientro dei capitali versati da GM basterà a sanarlo. D?altra parte, Fiat non può reinvestire i suoi utili anche se i passivi sono diminuiti. I costi di stabilimenti come Mirafiori, per non parlare di Termini Imerese, sono elevati. Nuove alleanze sono ineludibili. Vita: Molti hanno chiesto l?intervento di una presunta salvifica ?mano pubblica?. Cosa ne dice? Manghi: Non sono contro all?intervento pubblico per scelta dogmatica o ideologica, ma ne vedo tutti i rischi. Un conto è l?intervento di sostegno delle comunità locali per aiutare la Fiat sul territorio o con l?indotto, un altro è cercare di mettere una toppa a un buco enorme. E se dovesse andare male? Sarebbe una catastrofe. Del resto, volendo uno Stato può fare molto anche senza intervenire direttamente. Può assorbire i costi della ricerca, tutelare le fette di mercato all?interno e aiutare Fiat a costruire contratti più vantaggiosi all?estero. Lo Stato italiano sostiene il mercato delle armi all?estero e non può sostenere quello della ricerca tecnologica e della promozione dei prodotti auto? Lo Stato deve esserci, ma non nel capitale. L?auto è un volano formidabile per la ricerca e per le forniture di servizi e tecnologia, ha influenza sull?economia produttiva e ricadute in molti settori. Persino la Spagna, che non ha una marca automobilistica propria ma solo ottimi fornitori, investe nell?auto, per non dire di Francia e Germania. Dobbiamo farlo anche noi. Vita: Il ruolo dei sindacati, nella vicenda Fiat, oscilla tra la volontà salvifica e la retorica dello sciopero. Manghi: I sindacati fanno quello che possono. Del resto, sono anni che non rappresentano più un problema, per la Fiat, i cui dirigenti lavorano da decenni in condizioni di pace sociale. Non capisco però perché, dopo aver avallato sacrifici importanti e inevitabili per i lavoratori, i sindacati non abbiano chiesto di contare davvero, pretendendo propri rappresentanti nel cda. Prima non si sono accorti o hanno fatto finta di non accorgersi della crisi, facendosi rassicurare dagli uomini Fiat. Se avessero negoziato la presenza di un proprio rappresentante o di un indipendente dentro il cda avrebbero mantenuto qualche possibilità di manovra in più. E sarebbero diventati, da stakeholders, shareholders, compiendo un grande salto qualitativo.


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