Persone

Intersos piange la scomparsa di Marco Rotelli

Ex segretario generale e presidente dell'organizzazione umanitaria Intersos «Marco ci ha lasciato a 50 anni colpito da un infarto», scrive Nino Sergi, presidente emerito dell'organizzazione. «Aveva 29 anni quando gli ho affidato la prima missione in Afghanistan. Lui traduceva in termini concreti il principio assunto come titolo della Carta dei valori di Intersos: "Sono un essere umano. Nessun essere umano mi è estraneo"»

di Nino Sergi

È difficile, soprattutto per me, accettare che Marco Rotelli, cresciuto in professionalità e responsabilità in Intersos, ci abbia lasciato a 50 anni colpito da un infarto. Una notizia quasi insopportabile, questa ricevuta da Kostas Moschochoritis, il direttore generale che è subentrato a Marco nel 2015.

Aveva 29 anni quando gli ho affidato la prima missione in Afghanistan, Paese lacerato da lunghi anni di conflitti, teatro di guerra. La sua laurea in scienze politiche, il master in diplomazia e relazioni Internazionali, la sua vocazione alla cooperazione internazionale e all’aiuto umanitario, la sua ostinata volontà di dedicarsi all’azione e alla cultura umanitaria, il periodo passato in sede per prepararsi e coordinarsi con il team dell’organizzazione mi avevano convinto.

«Il mio primo incarico e stato a Kandahar, la principale citta del Sud. Una citta piena di storia. Con l’Unhcr e altre ong ci siamo occupati di accogliere decine di migliaia di afgani, un numero che in certi momenti ha sfiorato le centomila persone. Riportarle nei villaggi da cui erano scappate anni addietro senza prima preparare il terreno avrebbe potuto creare problemi, anche perché tra i rifugiati c’erano persone particolarmente vulnerabili e bisognose di aiuto: donne che dovevano badare da sole ai figli, orfani, anziani, disabili. E bisognava seguirne il reintegro nella comunità, dal sud al nord del paese, senza abbandonarle a sé stesse e ai problemi che avrebbero incontrato». È una testimonianza di Marco riportata nel libro di Sonia Grieco Abbiamo stretto molte mani (Carocci, 2013) sui primi venti anni di Intersos.

Varie altre missioni si sono seguite in una ventina di Paesi, dal Darfur sudanese, all’Iraq, Libano, Pakistan, Somalia, Haiti, Mali, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria. Nello stesso libro troviamo la sua testimonianza dal Libano nel 2006. «Dall’appartamento in cui alloggiavamo abbiamo assistito ai raid israeliani. Era la prima volta che vedevo una devastazione simile, sebbene fossi già stato in altre zone di guerra. Le bombe cadevano a picco sugli edifici, li attraversavano dal tetto fino alle fondamenta e poi palazzi e case si accartocciavano su sé stessi, disintegrati».  

Riferendosi ad altre situazioni di rischio Marco esprime con chiarezza il suo pensiero. «La paura è quella linea sottile che lega la vita alla morte. In questa consapevolezza guardo e medito su quello che è successo. Ho paura come ogni comune mortale che sappia apprezzare la vita come il più bel dono, ma ho voglia di andare avanti e di finire ciò che è la mia missione di vita, di stare al fianco di chi soffre, di far diventare questo mondo un posto degno per tutti e poterlo un giorno raccontare ai miei figli. Io seguirò quello che tutti riterremo la cosa più giusta da fare: ma voglio ricordare che per quanto possa essere importante la mia vita, anche per me stesso, lo è altrettanto la vita di quelle persone che stanno morendo ogni giorno». 

Traduceva in termini concreti il principio: Homo sum. Nihilhumani a me alienum puto, massima di Terenzio (II secolo a.C.) assunta come titolo della Carta dei valori di Intersos. Sono un essere umano. Nessun essere umano mi è estraneo. «I nostri interventi umanitari sono nella maggioranza dei casi di prima emergenza e di immediato soccorso, il resto riguarda le ricostruzioni più urgenti, il dialogo e la pacificazione, la prevenzione. Significa essere a fianco di persone in fuga da conflitti, guerre, catastrofi, assisterle e proteggerle. Sfollati interni e rifugiati nei paesi limitrofi, che chiedono di essere aiutati, ma anche di essere considerati persone e di rispettarne la dignità. Spesso sono decine, centinaia di migliaia, in particolare bambini, donne sole, anziani, disabili: i più vulnerabili e bisognosi di attenzione. Ogni volta cerchiamo di mettere insieme le forze, per rispondere al meglio, coordinandoci e collaborando con le agenzie internazionali e le altre organizzazioni non governative». E ancora: «Non ci si deve aspettare che un’organizzazione umanitaria risolva le crisi, questo e compito della politica, delle istituzioni e delle comunità sia locali sia internazionali. Quel che può fare un’organizzazione come la nostra, attraverso il proprio radicamento nei territori e tra la gente, è ovviamente portare aiuti immediati e proteggere chi e in pericolo, ma anche coinvolgere, far partecipare, ridare dignità, suscitare il senso di responsabilità e, ove richiesto, favorire il dialogo, mettere in comunicazione le parti, offrire un campo neutro su cui giocare una partita politica di pacificazione».

Dopo otto anni intensi nelle crisi africane e asiatiche, nell’assemblea dei soci di giugno 2011 Marco Rotelli ha assunto la responsabilità di Intersos, succedendomi. Si attuava il passaggio di consegne verso una nuova generazione, quella cresciuta nelle grandi emergenze degli ultimi decenni, ben capace di prendere in mano il futuro di Intersos con passione, entusiasmo, grande professionalità. Allo scadere dei 4 anni, nel 2015, un altro passaggio di consegne arricchisce le conoscenze, esperienze e competenze dell’organizzazione. Kostas Moschochoritis assume la direzione generale e Marco la presidenza di Intersos, permettendo la mia uscita di scena. Tre generazioni si sono succedute, assommando alle ricchezze umane e professionali dell’una quelle, sempre più ampie, delle successive. 

Marco ha accelerato la svolta verso un’organizzazione umanitaria a carattere internazionale, riconosciuta, stimata e ascoltata nelle sedi nazionali e multilaterali e capace di dare risposte immediate alle grandi emergenze umanitarie, con le persone in pericolo, al loro fianco. Le sue responsabilità nell’ICVA, il network globale delle organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali, le sue collaborazioni con le Nazioni Unite, i suoi continui approfondimenti e collegamenti per rendere l’azione umanitaria più efficace, fedele ai principi di indipendenza, sono l’eredità che Intersos ha assimilato e di cui anche l’attuale generazione si nutre. 

Grazie Marco. Un abbraccio ad Anna e al piccolo Teo, da me, da tutta Intersos e dalle tante ong italiane che ti hanno conosciuto e apprezzato.

Nino Sergi, presidente emerito di Intersos

La foto è tratta dal sito di Intersos.

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