Formazione

Internet, i giorni della paura: il governo fa la legge ma poi la nasconde

La legge sull'editoria, la numero 62 del 4 aprile, obbliga le testate online a registrarsi e dotarsi di un direttore giornalista. E chi non ha i mezzi, come i siti non profit?

di Riccardo Bonacina

Il tam tam dilaga giovedì 5 aprile. Su Internet cala la mannaia della nuova legge sull’editoria, entrata in vigore il giorno prima? Per molti siti amatoriali o non profit, che non possono registrare la testata e mettere un giornalista alla direzione, il rischio è la chiusura. Ma è davvero da interpretare così la legge? Sabato 7 a Lucca, durante un convegno su “Volontariato e mezzi di comunicazione di massa”, mi trovo al tavolo dei relatori proprio con Vannino Chiti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l’uomo della legge più contestata dal popolo del web. Il chiarimento è d’obbligo. Chiti parla di un equivoco: «è evidente la differenza tra un volantino e un giornale. Non capisco quindi che cosa c’entrino i siti del volontariato o delle parrocchie, i siti dei gruppi scolastici o delle associazioni, con la legge sull’editoria. Mica sono prodotti editoriali». Invece, sì, onorevole, sono veri e propri prodotti editoriali, altro che volantini! A suscitare le proteste e le preoccupazioni del popolo web è infatti il primo comma dell’articolo 1 della legge che definisce così un prodotto editoriale: «Un prodotto destinato alla pubblicazione o comunque alla diffusione di informazioni presso il pubblico». E Internet è pubblicazione e informazione in tempo reale, per definizione. Qualsiasi sito, dal quotidiano on-line al sito amatoriale o del volontariato, pubblica e fa informazione, ogni giorno e, se possibile, ogni ora. Qualsiasi sito, per quanto amatoriale, si considera, giustamente, un “prodotto editoriale” giacché ritiene di pubblicare informazioni. E, meno male, le informazioni non sono solo quelle che ci propina la corporazione dei giornalisti. Informazioni sono anche, e qualche volta, soprattutto quelle che si scambiano gli utenti del web, quelle che vengono assemblate da varie fonti dai webmaster amatoriali. Così è Internet, e così ci piace. «Capisco», dice Chiti, rispondendo anche all’appassionato j’accuse di Andrea Cavaciocchi, webmaster delle Misericordie che rivendica la funzione di prodotto editoriale del suo sito. «Ma sarebbe il colmo che una legge nata per allargare l’accesso alle agevolazioni e ai finanziamenti, una legge che per la prima volta riconosce l’esistenza di una stampa non profit, avesse come esito quello di far chiudere dei siti». Eppure, questi sono i fatti. Mostriamo l’elenco dei primi trenta siti che hanno chiesto al sottoscritto e al collega Giuseppe Frangi di firmare come direttori responsabili. Mentre scriviamo questo articolo il numero dei siti che ci hanno fatto richiesta della firma da “direttori responsabili” sono già cinquanta. Come evitare letture restrittive e malevole, magari da parte di qualche magistrato in cerca di notorietà? Come evitare che facendo leva sul comma 3 dell’articolo 1, a qualcuno salti in mente di contestare il reato penale di «stampa clandestina» al sito degli amici delle Misericordie? Chiti risponde così: «La legge numero 62 non regola la libertà di stampa, né introduce una regolamentazione per Internet. Voglio chiarire una volta per tutte un equivoco. La nuova legge sull’editoria regolamenta esclusivamente il rapporto tra gli editori e lo Stato, qualora gli editori decidessero di usufruire delle opportunità di finanziamento e di credito agevolato. La legge 62 non regolamenta nessun altro campo. Lo sottolineo come uomo di governo che ha seguito, nello specifico, l’iter della legge per tranquillizzare tutti gli utenti di Internet e per scoraggiare interpretazioni malevole, da qualsiasi parte arrivino. Internet sarà regolamentato recependo una direttiva europea che ancora non è stata fatta. La legge 62 è migliorativa rispetto alla precedente norma perché ammette al credito agevolato e ai finanziamenti anche i prodotti editoriali elettronici». La spiegazione non spegne le critiche su questa legge, però può probabilmente evitare che qualcuno ne faccia un uso malevolo, e può evitare che la ricchezza, anche disordinata, che si esprime sul web, vada a spegnersi.


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