Volontariato

Internet e Cina, condannati i colossi dell’informatica

La commissione parlamentare sui diritti umani degli Stati Uniti ha condannato aspramente il comportamento di Microsoft, Google, Cisco e Yahoo, per essere scesi a compromessi con i diktat di censura de

di Redazione

La censura online in Cina arriva nei palazzi del potere americani. La commissione parlamentare sui diritti umani degli Stati Uniti ha condannato aspramente il comportamento di Microsoft, Google, Cisco e Yahoo!, colossi industriali accusati di essere scesi a compromessi con i diktat della Repubblica Popolare Cinese. L’amministrazione di Washington ha accusato queste grandi multinazionali di avere anteposto il profitto al valore supremo della libertà d’espressione. Sta di fatto che le aziende in questione, convocate per un’udienza in parlamento, hanno clamorosamente snobbato l’invito. “Vi dovreste vergognare”, ha rimproverato il deputato Tom Lantos riferendosi ai grandi assenti, “perché con tutta la vostra influenza, il vostro potere e la vostra visibilità, non avete voluto intervenire in nessun modo per aiutare chi lotta per trasformare la Cina in un posto più umano. Questo comportamento ha causato molti incidenti e soprattutto molte polemiche internazionali”, riportati l?articolo di Tommaso Lombardi pubblicato su Punto Informatico. Le polemiche si riferiscono all’appoggio che Yahoo ha fornito alle autorità cinesi per catturare il giornalista dissidente Shi Tao, condannato a dieci anni di reclusione per aver inviato una e-mail negli Usa in cui riportava la sintesi di una direttiva del Partito comunista cinese, con la quale i giornalisti locali venivano messi al corrente di possibili disordini il 4 giugno, in coincidenza con l?anniversario del massacro di piazza Tian An Men del 1989, e veniva loro chiesto di non riferirne sulla stampa. L?imputazione a suo carico e? di ?aver fornito illegalmente segreti di Stato a entita? straniere?, usando il suo indirizzo di posta elettronica presso il provider Yahoo. Secondo gli atti processuali, la compagnia internet statunitense ha fornito alle autorita? cinesi informazioni sul possessore dell?account. Per Amnesty International, il giornalista Shi Tao è da considerare un prigioniero di coscienza, condannato solo per aver esercitato in forma pacifica il suo diritto alla liberta? di espressione, riconosciuto dal diritto internazionale e dalla stessa Costituzione cinese. Amnesty International ha espresso le proprie preoccupazioni a Yahoo e invita a scrivere una lettera affinche? Yahoo cessi di collaborare alle violazioni dei diritti umani in Cina, usi la propria influenza per ottenere il rilascio di Shi Tao e riconosca i propri doveri e la propria responsabilita? verso i diritti umani Il parlamento federale di Washington ha programmato un ulteriore incontro con le aziende coinvolte, previsto per il prossimo 15 febbraio. Una soluzione definitiva alla crisi, in grado di soddisfare tutte le parti coinvolte, sembra tutto fuorché vicina. La software house fondata da Bill Gates spinge Washington ad “agire a livello diplomatico con Pechino”, visto che “il problema è ben più grande rispetto al nostro raggio d’azione”. Il re dei motori di ricerca, Google, vuole “maggiore dialogo con le istituzioni cinesi” ed un insieme di “regole condivise per chiunque voglia investire nell’informazione all’interno di quei paesi con regimi che controllano Internet”. “Al di là della considerazioni di carattere commerciale ed economico”, si legge poi in un comunicato congiunto firmato dai portavoce di Yahoo e Microsoft, “i nostri servizi sono un beneficio per tutti gli utenti di lingua cinese nel mondo”. “Senza dubbio”, concludono, “i nostri concorrenti locali ed internazionali in Cina sarebbero molto felici di vederci andare via”. Ma solo un mese fa Microsoft è stata accusata per aver chiuso un blog di un giornalista cinese su richiesta delle autorità di Pechino. La decisione aveva sollevato forti pressioni verso l?azienda di Bill Gates che ha annunciato le nuove regole di comportamento. Microsoft rimuoverà l?accesso ai contenuti di un blog solo in presenza di un avviso legale da parte di un governo, in cui si indichi che il materiale in esso contenuto viola le leggi locali. Microsoft si accerterà che gli utenti sappiano del perché ciò è avvenuto, informandoli che l?accesso è stato limitato a causa di una restrizione governativa. In conclusione, Microsoft ha ribadito la propria convinzione, secondo cui è meglio, per i clienti, che la compagnia sia presente sui mercati globali con i propri strumenti e servizi, anche nei mercati sottoposti a restrizioni, piuttosto che non offrire del tutto questi servizi, con la consapevolezza, però, che resta la necessità di principi chiari, che guidino le decisioni politiche e tecnologiche. E se il mercato prende il soppravvento sul rispetto dei diritti umani, Google ha annunciato che lancerà in Cina una versione del suo motore di ricerca, che censurerà i risultati legati a parole sgradite al governo di Pechino, come ?democrazia?, diritti umani?, ?Tienanmen?, ?Dalai Lama?, ?Tibet?, ?indipendenza di Taiwan? e setta religiosa ?Falun Gong?. Per evitare ulteriori implicazioni censorie, con cui si sono già trovati a che fare Yahoo e Microsoft, Google non fornirà servizi di blog e di e-mail. Cronaca di repressione – da rsf.org Cronaca di repressione – da rsf.org ?Ipocrisia?, ha ribattuto l?organizzazione Reporters sans frontières, che ha parlato di ?giorno nero per la libertà d?espressione in Cina?, sottolineando come Google sia pronto a difendere i diritti alla privacy dei suoi clienti negli Stati Uniti, di fronte alle richieste di informazioni del governo di Washington, ma non sia disponibile a fare altrettanto per difendere il diritto d?informazione dei suoi clienti cinesi, di fronte alle pretese censorie del governo di Pechino.


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