Adozioni internazionali
International Action confluisce in Ciai: «perdiamo il nome, acquistiamo un futuro»
International Action confluisce in Ciai, tramite una fusione per incorporazione. «La storia di IA non si chiude, ma si trasforma. Perdiamo il nome, ma acquistiamo un futuro», spiega Beatrice Belli, ex presidente dell'ente specializzato sull'India. Il Ciai accresce la propria presenza territoriale con due nuove sedi a Udine e Firenze e con nuove professionalità
Sono due enti che hanno fatto la storia dell’adozione internazionale in Italia e ora si fondono per continuare a tutelare il diritto di bambine e bambini a crescere in una famiglia. Il Ciai-Centro Italiano Aiuti all’Infanzia nel 1968 è stato il primo ente ad occuparsi di adozione internazionale in Italia, mentre IA-International Action (fino a tre anni fa International Adoption) proprio nel 2024 ha festeggiato i quarant’anni di vita. Dal 23 dicembre scorso sono una sola realtà, con International Action che entra – con una operazione di fusione per incorporazione – in Ciai.
I due enti proseguiranno insieme il cammino con il nome Ciai. La fusione permette di unire le forze, le competenze e le risorse di entrambe le organizzazioni: Ciai, già autorizzato ad operare in India, amplia la sua rete di relazioni nel Paese, mentre in Italia accresce la propria presenza territoriale con le sedi di Udine e Firenze e migliora i servizi offerti alle famiglie attraverso le competenze e professionalità degli operatori di International Action. I due enti del resto, collaborano già da diversi anni all’interno del coordinamento OLA-Oltre l’Adozione.
Una risposta alla crisi delle adozioni
In tempi di crisi del sistema adozioni, l’aggregazione tra enti autorizzati sulla carta è da tempo un’opzione auspicata da tutti, ma evidentemente – numeri alla mano – non così facile da realizzare. Ciai e International Action hanno fatto questa scelta proprio nell’ottica di una «proposta di futuro». È ovvio che spiace «rinunciare al proprio nome e al proprio timbro, non trovare più AI sul campanello… ma mi piace pensare che “Ciai” contiene già “IA”, mi consola», ammette Beatrice Belli, già presidente di IA ed ora membro del consiglio direttivo di Ciai.
«La storia di IA non si chiude, ma si trasforma. Anzi, sarebbe proprio sbagliato parlare di chiusura. “Chiusura” sarebbe stato il nostro destino se, al contrario, avessimo scelto di non rilanciare: avremmo portato a termine i mandati che già avevamo, contraendo mano mano i costi, riducendo il personale… un’estinzione naturale. Abbiamo fatto un’altra scelta. Perdiamo il nome, ma acquistiamo un futuro».
La storia di IA non si chiude, ma si trasforma. Sarebbe proprio sbagliato parlare di chiusura. Perdiamo il nome, ma acquistiamo un futuro
Beatrice Belli, già presidente IA
La componente della sostenibilità dell’organizzazione è centrale e Belli non lo nasconde: «I bilanci sono pubblicati, non dico nulla di segreto. Abbiamo chiuso il 2023 con un “meno” importante, che abbiamo colmato con risorse accantonate in passato. Ma il numero di abbinamenti e di nuovi mandati si assottiglia e diventa difficile sostenere i costi», ammette. È una domanda ormai ineludibile, ma che da anni si pone: come può reggere un sistema che ormai è arrivato a contare appena 1,3 adozioni al giorno?
«Per le dimensioni della nostra realtà, con 20 nuovi mandati eravamo proprio
sull’orlo del galleggiamento, sotto diventa faticoso… Io ho sempre detto di non voler essere il presidente della sopravvivenza. Chi ci impedisce di prendere più incarichi? Nessuno, se non l’onestà verso le coppie rispetto alla concreta possibilità di poterle accompagnare a realizzare il loro progetto adottivo. Prendere troppi incarichi oggi ti porta dentro un circolo vizioso», dice Belli.
Anche Paolo Limonta, presidente di Ciai, sottolinea l’importanza di leggere questa fusione dentro il contesto che caratterizza le adozioni internazionali: «È chiaro che bisogna sempre più lavorare sulle fusioni e mettersi assieme, perché oggi in Italia ci sono ancora molti enti autorizzati ma i numeri delle adozioni concluse non giustificano più questo scenario. È sempre più importante, oltre che necessario, lavorare insieme: l’esperienza di OLA si inserisce in questa prospettiva. Lì abbiamo imparato a conoscere IA come un ente che la pensa come noi rispetto ai diritti e alla felicità dei bambini e delle bambine e che guarda all’adozione come strumento per soddisfare le esigenze dei bambini e non quelle degli adulti».
Abbiamo imparato a conoscere IA come un ente che la pensa come noi rispetto ai diritti e alla felicità dei bambini e delle bambine e che guarda all’adozione come strumento per soddisfare le esigenze dei bambini e non quelle degli adulti
Paolo Limonta, presidente Ciai
La “dote” di IA
International Action è una realtà dedicata all’adozione internazionale. «Progetti di cooperazione li abbiamo sempre fatti tramite una raccolta fondi che coinvolgeva prevalentemente le nostre famiglie, perché sono connaturati all’essere un ente autorizzato: sostegno a distanza, costruzione di scuole e presidi sanitari. Due anni fa ci siamo cimentati per la prima volta con un bando della Cai ed è stato un po’ un banco di prova. Abbiamo capito che la cooperazione a questi livelli richiede un’organizzazione più complessa che non avevamo», racconta Belli. Sulle adozioni, IA operava esclusivamente in India: «siamo l’ente italiano che ha fatto il maggior numero di adozioni in India e credo i secondi in Europa. Anche Ciai opera in India, la risorsa che portiamo è l’esperienza maturata, che ci viene riconosciuta a vari livelli e in primis dai colleghi di Ciai. Tutte le nostre risorse umane – 5 dipendenti e una psicologa collaboratrice esterna, persone che all’adozione hanno dedicato la vita professionale – sono confluite in Ciai: il percorso di questi mesi è stato segnato davvero da una grande voglia di accogliersi e di valorizzarsi reciprocamente».
Perché Ciai? «Perché abbiamo in comune un modo di interpretare l’adozione internazionale, sia nei valori sia nelle modalità operative. Condividiamo una cura particolare nei confronti della coppia che si avvicina all’adozione, un’attenzione per i bisogni delle persone. Abbiamo chiaro entrambi che l’adozione non è una “caccia al bambino” e che non è detto che l’adozione internazionale sia sempre la strada giusta per riconoscere il benessere e il diritto del bambino ad una famiglia. Sia noi che loro, anche nei momenti difficili, abbiamo rifiutato di prendere nuovi mandati per far quadrare i conti. E poi vedo in Ciai un’apertura mentale e di visione rara, la voglia di studiare e di mettersi in discussione».
L’accompagnamento delle famiglie
Non ci sarà nessuno “scossone” per le coppie che hanno già dato mandato a International Action: continueranno il loro percorso con Ciai. Le coppie di Udine e Firenze in particolare continueranno ad avere come riferimenti gli operatori che già conoscono. «Devo dire che su questi aspetti c’è stata una grande collaborazione da parte della Cai, in Italia e del Cara, in India. Quasi tutte le coppie hanno deciso di proseguire, chi ha lasciato lo ha fatto non tanto per la fusione ma perché questa è stata l’occasione per verificare se il loro progetto adottivo fosse ancora valido. Le coppie hanno semplicemente dovuto rifirmare l’incarico che oggi ha il timbro del Ciai, ma senza che questo cambi nulla nei tempi, nei modi, nei costi», afferma Belli.
Per Limonta con la fusione per incorporazione di IA, il Ciai «consolida la struttura, significa avere più personale qualificato, perché noi di Ciai siamo da sempre convinti che nell’adozione internazionale sia fondamentale saper coniugare il cuore e la passione con l’altissima professionalità. È questo che serve per seguire le famiglie: prima, nel momento dell’adozione e soprattutto dopo che i bambini hanno fatto ingresso in famiglia. Oggi abbiamo due nuove sedi importanti, a Firenze e Udine: saremo ancora più vicini alle famiglie. La presenza sul territorio è di fondamentale importanza: oggi è facile connettersi per parlare, ma guardarsi negli occhi almeno in certi momenti ha qualcosa in più».
In foto, lo staff Ciai e lo staff IA in un momento di formazione congiunta durante i mesi che hanno preparato la fusione.
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