Economia

INTERESSE. Il contrario del tornaconto

di Stefano Zamagni e Luigino Bruni

Una guida a rileggere le parole chiave dell’agire economico, dopo la caduta dei miti e lo sgonfiarsi delle bolle. Il «Dizionario» di Luigino Bruni è arrivato all’ottava voce. Le parole già analizzate nelle scorse settimane: Felicità, Profitto, Mercato, Banca, Investimento, Responsabilità, Regole. Questa settimana Luigino Bruni conclude il ragionamento, iniziato nello scorso numero, su una voce tanto decisiva quanto delicata: la voce Interesse.

Interesse è una parola dal significato ambivalente. In economia per interesse si intendono infatti almeno due realtà diverse. Il primo significato è l’interesse sul denaro, come abbiamo spiegato settimana scorsa. Fino all’inizio della modernità, il prestito ad interesse era proibito e la ragione principale di questo divieto era di tipo filosofico e teologico: la natura sterile del denaro. Poi, grazie allo sviluppo dei commerci e dei mercati, sul finire del Medioevo quando i prestiti iniziarono ad essere utilizzati per investimenti produttivi, divenne moralmente lecito richiedere sulle somme prestate un iinteresse, che veniva percepito come una remunerazione per la partecipazione al rischio d’impresa.
C’è poi un secondo significato del termine interesse, che rimanda alle motivazioni delle azioni economiche: normalmente si afferma che si agisce in economia mossi dagli interessi personali, da quello che Adam Smith chiamava il “self-interest”, un’espressione che potremmo tradurre con “tornaconto” personale. Scriveva sul finire dell’Ottocento Maffeo Pantaleoni, uno dei maggiori economisti italiani: ciò che porta «gli spazzini a spazzare le strade, la sarta a fare un abito, il tramviere a fare 12 ore di servizio sul tram, il minatore a scendere nella miniera, l’agente di cambio ad eseguire ordini, il mugnaio a comperare e vendere il grano, il contadino a zappare la terra, etc», è l’interesse economico, e non certamente «l’onore, la dignità, lo spirito di sacrificio, l’attesa di compensi paradisiaci, il patriottismo, l’amore del prossimo, lo spirito di solidarietà, l’imitazione degli antenati e il bene dei posteri».
Pur riconoscendo il realismo di questa tesi del grande economista italiano, dobbiamo anche ricordare che molta parte dell’economia sociale e civile di oggi (e di ieri) ci dice che la ricerca della “dignità”, propria e degli altri, “l’amore per il prossimo” e “lo spirito di solidarietà” possono essere moventi anche per le azioni economiche, sebbene non possono essere l’unico movente: un progetto economico dura nel tempo se oltre a rispondere a interessi generali e al bene comune risponde anche agli interessi e al tornaconto di chi promuove quell’attività e di chi vi lavora. L’interesse personale e il bene comune, la dignità personale e quella degli altri possono e debbono convivere in una buona società. Una società inizia a decadere, anche economicamente, quando si iniziano a vedere in contrapposizione gli interessi individuali e quelli comuni. Oggi nei mercati e nella società non bisogna aver paura di chi ha interessi personali o di chi cerca il proprio tornaconto quando opera nell’economia e nella finanza. L’economia ha anche la funzione di assicurare alle persone il proprio tornaconto, di metterli in modo di raggiungere i loro interessi: questa è una degna e nobile funzione. Certo, una economia composta da soli cercatori di interessi individuali non può costruire una buona società, ma nessuna società è possibile se le persone non esprimono interesse, se non hanno desideri. L’interesse, infatti, può anche essere declinato come: questa attività “mi interessa”, sono “interessato” ad essa. Il termine opposto o speculare a interesse non è primariamente l’altruismo o benevolenza, ma il “disinteresse”, che confina con “apatia” e “indifferenza”.
Cultura è anche saper rideclinare le parole quotidiane: usciremo dalla crisi imparando a interpretare gli interessi come desideri, e a leggere i nostri interessi con gli interessi degli altri.

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