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Intercettazioni “con filtro”

Compromesso nel Pdl: Fini esulta, Berlusconi non ci sta

di Franco Bomprezzi

Intercettazioni con filtro. E’ questa la novità sostanziale dell’emendamento che dovrebbe condurre al voto senza traumi per la maggioranza il disegno di legge voluto da Berlusconi. Il compromesso, guidato da Giulia Bongiorno e concordato col ministro Alfano, non piace però affatto al premier. La situazione, per certi versi paradossale, è raccontata ampiamente da tutti i giornali.

“Accordo sulle intercettazioni” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA. Quattro pagine, dalla 2 alla 5, dedicate all’argomento. Mentre l’occhiello fissa in sintesi la novità principale: “Pubblicabili gli atti rilevanti. Fini esulta e lancia una nuova sfida al Cavaliere: congresso”, il sommario chiarisce lo sfondo politico tutt’altro che sereno: “Passo indietro del Governo, la delusione del premier”. Che cosa sia cambiato nel testo del disegno di legge lo chiarisce il giurista Vittorio Grevi, nel suo commento a pagina 2, dal titolo secco: “Un passo avanti”. “Se non si tratta di una clamorosa retromarcia, – è l’inizio dell’editoriale di Grevi – certo si tratta di un «ravvedimento operoso» di sorprendente consistenza. Con l’emendamento presentato ieri al disegno di legge sulle intercettazioni, infatti, il governo ha fatto registrare una netta inversione di rotta rispetto all’indirizzo politico legislativo fin qui seguito, che era stato nel senso di un rigido divieto di pubblicazione esteso a tutti i risultati delle suddette intercettazioni, sebbene ormai depositati a disposizione delle parti, e quindi non più segreti. L’idea posta alla base di questo inatteso ripensamento è quella volta a prevedere, per un verso, che il divieto di pubblicazione debba riguardare solo le intercettazioni coperte da segreto, da conservarsi perciò in un apposito archivio riservato e, per altro verso, che tale divieto non debba più operare quando il vincolo di segretezza sia venuto meno. Di qui la esigenza di stabilire una precisa linea di confine per distinguere l’area delle intercettazioni ancora segrete da quelle non più segrete, e quindi, di riflesso, per individuare l’ambito dei relativi atti investiti, o non più investiti, dal divieto di pubblicazione”. Ma neppure questo sembra sufficiente: “Senza dubbio molti e gravosi problemi rimangono ancora aperti, sull’orizzonte del disegno di legge in materia di intercettazioni – conclude il giurista – Tuttavia è innegabile che l’emendamento di ieri rappresenti un passo avanti nella direzione giusta, e possa forse segnare una nuova prospettiva di apertura verso ulteriori ripensamenti. Necessari soprattutto rispetto ai troppi ed insensati limiti che si vorrebbero imporre, senza alcun criterio di ragionevolezza, all’impiego di uno strumento investigativo tanto spesso indispensabile per lo sviluppo delle indagini”. Ma il premier Berlusconi, nonostante il nuovo emendamento sia stato presentato ieri come un accordo dell’intero governo, a sorpresa si smarca con molta foga, e lo fa a Milanello, durante la conferenza stampa del Milan. Il retroscena è raccontato, come sempre, da Francesco Verderami: “Gianni Letta non ne sapeva nulla. Alfano men che meno. Così, proprio nel giorno in cui per la prima volta dopo tanto tempo la maggioranza si compattava, il premier ha rotto clamorosamente il fronte”. “Va a finire che avremo una legge che lascerà pressappoco la situazione quella che è adesso” si lamenta Berlusconi durante la celebrazione del “nuovo Milan”. Una legge, secondo Silvio, che non permetterà agli italiani di parlare liberamente al telefono. “La mediazione nel Pdl sottolinea i limiti della tattica del premier” è il commento di Massimo Franco, notista del CORRIERE, a pagina 5, dedicata all’esultanza dell’antagonista: “Fini loda il «compromesso». E torna all’attacco”.

LA REPUBBLICA apre sul ddl: “Dietrofront sulla legge-bavaglio” e nel sommario scrive: “Berlusconi deluso: così non serve. Fini: ha prevalso il buonsenso”. All’interno parecchie pagine che sotto il cappello “Politica e giustizia” accomunano le intercettazioni alla P3. Il filo rosso è Giacomo Caliendo (sottosegretario alla Giustizia, pare implicato nella presunta nuova loggia): è lui a scrivere l’emendamento della mediazione (che consente di riprodurre gli ascolti rilevanti grazie a una udienza-filtro). Soddisfazione di Giulia Bongiorno («è un balzo in avanti») e di Gianfranco Fini: «Il Parlamento ha trovato un punto d’intesa su tutela della privacy, libertà di stampa, possibilità per la magistratura e la polizia di indagare». La partita però non è ancora chiusa: il Colle prende atto che si è sciolto un aspetto critico ma si riserva di valutare il testo. Berlusconi è deluso: così non cambia nulla e l’Italia non diventa un paese civile. Francesco Bei incalza nel suo retroscena, ricordando come già sul precedente testo Berlusconi si fosse astenuto ritenendolo un «tradimento del programma». Ora per lui si tratta di una vera e propria resa, una sconfitta. Della quale i finiani (che hanno ottenuto anche le dimissioni di Cosentino) sono contenti. Dunque, scrive Bei, «lo sconcerto nel Pdl è ai massimi livelli. La confusione a Palazzo Chigi pure». In privato il premier si sfoga con i suoi. Ovviamente contro Fini che «da sei mesi ci costringe a camminare con il freno tirato». Intanto però nel Pdl c’è chi sconsiglia il voto a settembre per evitare sorprese. Berlusconi ieri è andato anche alla laurea della figlia Barbara (tesi su Amartya Sen) con don Verzè che ha invitato la neolaureata a diventare docente dell’università. Proposta che ha scandalizzato Roberta De Monticelli che in una lettera aperta scrive: «non in mio nome». Per le reazioni, ovviamente esultante il Pd (che però avverte: «passo avanti, ma non basta»). L’Idv sottolinea che in questo modo il diritto di cronaca varierà da caso a caso. Il commento è di Massimo Giannini: “Vince la libertà non la legalità”. «La modifica della legge proposta dalla presidente Bongiorno è convincente dal punto di vista culturale e procedurale. Cade la norma liberticida che vietava ai giornali di pubblicare qualunque intercettazione fino alla richiesta di rinvio a giudizio o all’inizio dell’udienza preliminare». Non cambia però l’impianto strutturale fortemente limitativo delle intercettazioni come strumento di investigazione.

Sulle intercettazioni IL GIORNALE  mette in evidenza le parole di Berlusconi: «lascerà presso poco la situazione come è adesso e cioè non lascerà gli italiani parlare liberamene al telefono e l’Italia non sarà un Paese civile». Il ministro della Giustizia Alfano ammette: «Era l’unica mediazione possibile ma così il ddl diventa molto meno ambizioso di quanto previsto dal programma di Governo». Una infografica riassume l’essenza del ddl che prevede una udienza filtro che seleziona le intercettazioni pubblicabili. Questo è quanto per le intercettazioni perché IL GIORNALE  è impegnato ad aprire l’edizione di oggi  con l’annuncio dei pm di Caltanisetta che in commissione antimafia avrebbe detto: «Sulla morte di Borsellino siamo vicini alla verità, la politica potrebbe non reggere il peso».

Per IL MANIFESTO «Il governo capitola Con la “pax finiana” premier all’angolo» come recita il richiamo in prima pagina che rimanda all’articolo dedicato alla «modifica della legge bavaglio che protegge i giornali con una “udienza filtro”. Berlusconi si lamenta. Fini esulta e chiede un congresso». Sullo stesso tema anche l’editoriale di Norma Rangeri: «Beni comuni». Scrive il direttore del MANIFESTO: «Un passo avanti sul disegno di legge delle intercettazioni e lo straordinario successo della raccolta di firme per i referendum, sull’acqua. Apparentemente due fatti sconnessi. A guardar meglio, la libertà di indagine e di informazione, come l’acqua pubblica sono battaglie, democratiche e radicali che o hanno scavalcato i partiti o li hanno costretti a guardare fuori da sé (…)». E prosegue: «Ancora non è chiaro l’approdo definitivo della legge (il Pdl fa buon viso, i finiani esultano, Berlusconi se ne lamenta), tuttavia l’impianto è stato sconnesso da un emendamento (l’udienza filtro) che consente di tutelare la privacy e insieme di pubblicare le intercettazioni ritenute rilevanti da accusa e difesa. Ma colpi di coda e reazioni da caimano sono sempre nel conto (…)».
 
“Autunno e buon senso per evitare nuovi errori”: al ddl intercettazioni è dedicato l’editoriale in prima de IL SOLE 24 ORE, firmato da Fabrizio Forquet.  «Sarebbe un errore metterla nei  termini di chi ha vinto o chi ha  perso. Fini e Berlusconi, il Quirinale,  i giornalisti: roba da tifosi. La modifica presentata ieri dal governo al disegno di legge sulle intercettazioni  è innanzitutto una vittoria del buon senso. E del diritto – sia detto con serenità – dei cittadini ad avere un’informazione completa, ma non intossicata da sensazionalismi  e dalla pubblicazione di dettagli privati più o meno morbosi.  I risvolti politici, ovviamente, non mancano. Con un presidente del Consiglio che ha dovuto subire una soluzione tutt’altro che gradita e che non ha nascosto il suo senso di frustrazione davanti a dinamiche che sente di controllare sempre meno. (…) La protesta contro il Ddl, almeno nella sua componente non estremistica,  ha voluto difendere l’uso delle  intercettazioni come utile strumento di indagine e la possibilità di informare adeguatamente, non certo  l’abusiva e morbosa violazione della privacy legata alla pubblicazione di conversazioni private.  Perciò le novità introdotte nel disegno di legge devono essere lette come una buona notizia per tutti.  I lettori potranno continuare ad essere informati senza vincoli o reticenze;  la privacy e la dignità delle  persone avranno una tutela in più,nell’obbligo per i magistrati di separare ed escludere dal fascicolo le intercettazioni e gli atti non rilevanti  sia prima che durante  l’udienza filtro».

ITALIA OGGI dedica al ddl pagina 3. “Intercettazioni, sciolto il bavaglio” il titolo dell’articolo di Emilio Gioventù. Il pezzo parte dal presupposto  che si tratti di «un passo avanti per il ddl intercettazioni, per Gianfranco Fini, un passo indietro per Silvio Berlusconi. Ma cosa cambia con il nuovo emendamento? «il bavaglio si scioglie un po’ visto che si stabilisce che l’obbligo del segreto per le intercettazioni cade ogni qual volta ne sia stata valutata la rilevanza. Quindi la documentazione e gli atti relativi alle intercettazioni sono coperti da segreto fino al momento della cosiddetta “udienza-filtro” che servirà a selezionare le intercettazioni depositate dal pm e a escludere quelle relative a fatti, circostanze o persone estranee alle indagini. La nuova norma disciplina anche i casi in cui, prima della celebrazione dell’udienza filtro, il giudice e il pm utilizzano le intercettazioni per emettere provvedimenti cautelari. Nel caso poi in cui venga emessa un’ordinanza di custodia cautelare, le intercettazioni che sono inserite nell’ordinanza sono ritenute automaticamente pubblicabili». Queste le novità sostanziali del cambio di marcia che di fatto segna la vittoria di Fini e dei suoi fedelissimi, tra tutti la presidente della commissione giustizia della Camera, Giulia Bongiorno («la proposta di modifica va in una direzione che di fatto è un balzo in avanti»). «Sullo zampino finiano non c’è dubbio che tenga almeno a leggere la reazione del presidente Berlusconi. “Con le modifiche la legge sulle intercettazioni lascerà pressappoco la situazione come è adesso, e cioé non lascerà gli italiani parlare liberamente al telefono e l’Italia non sarà un paese davvero civile”. Nel Pdl intanto si prova a togliere un po’ di soddisfazione dai volti dei finiani dando “merito all’azione incisiva di mediazione svolta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano”, che a sua volta si affretta a dichiarare che “dopo due anni di lavoro e discussioni parlamentari, il testo odierno sulle intercettazioni è l’unico punto di arrivo attualmente possibile, stante l’attuale situazione parlamentare ed istituzionale, al fine di conciliare diritto alla privacy, diritto di cronaca ed efficienza delle indagini”. Anche se “va riconosciuto che il contenuto del ddl intercettazioni, così come delineato dagli emendamenti fino presentati in commissione giustizia, è senz’altro meno ambizioso rispetto a quanto previsto nel nostro programma di Governo”.

Alla marcia indietro sulle intercettazioni AVVENIRE dedica un richiamo in prima e tutta la pagina 9. Nell’articolo firmato Giovanni Grasso si legge: «Estenuato da mesi e mesi di guerriglia in Parlamento e fuori, il governo si arrende su uno dei punti caratterizzanti della legge sulle intercettazioni: nel ddl, in pratica, scompare il bavaglio alla stampa. Secondo un nuovo emendamento, depositato ieri dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, i verbali degli ascolti non saranno più segreti una volta che il gip, in una cosiddetta udienza filtro, ne avrà valutato la rilevanza ai fini delle indagini. La bandiera bianca è arrivata dopo un lungo braccio di ferro tra il ministro Alfano e la presidente, finiana di ferro, della Commissione Giustizia di Montecitorio, Giulia Bongiorno».  Soddisfatto il presidente della Camera Fini che ha dichiarato. «È prevalso l’equilibrio, anche se mi hanno dato del traditore». Invece Berlusconi mastica amaro e si sfoga: «Una legge così è del tutto inutile. Con queste modifiche gli italiani sono meno liberi di telefonare. Con la triste conseguenza che l’Italia non sarà un Paese davvero civile come per esempio la democraticissima Inghilterra dove le intercettazioni telefoniche non possono essere portate come prova nei processi».  L’amarezza, il senso di impotenza, la protesta a voce alta del premier stridono con i commenti dei fedelissimi, come quello del legale di fiducia, Niccolò Ghedini, che parla del nuovo testo come di «una eccellente sintesi di un lungo e complesso lavoro del governo, del Senato e della Camera, che garantirà una buona legge a tutela dei cittadini».

«Intercettazioni, c’è l’intesa» è il titolo di prima pagina de LA STAMPA. Il risultato è ottenuto grazie a «Una sofisticatissima mediazione su un emendamento che recepisce tutti i dubbi del Quirinale e disinnesca le critiche di Bruxelles, un punto d’equilibrio così delicato che all’ultimo momento stava saltando», scrive Antonella Rampino. Nel «retroscena» si spiega che la mossa del Cavaliere è una «delusione tattica». Amedeo La Mattina descrive come vivono il momento nel Pdl: «Le truppe berlusconiane non capiscono più le mosse del generale, questo continuo ondeggiamento, i suoi attacchi e le repentine ritirate». Ma chi conosce «il modo di ragionare del capo» la pensa diversamente: «se avesse detto “questa legge mi piace” sarebbe scattata la demonizzazione. Così quello che incassa è meglio che niente». Nel suo commento Marcello Sorgi sostiene che «il compromesso sulle intercettazioni segna un punto a favore del riavvicinamento (o della convivenza meno rissosa) tra Berlusconi e Fini e, su un piano più delicato, del ristabilimento del dialogo tra Palazzo Chigi e Quirinale». Si tratta quindi di «una boccata d’ossigeno», ma «i problemi restano». Le reazioni all’emendamento presentato dal sottosegretario Giacomo Caliendo, coinvolto nelle indagini sulla cosiddetta P3, vengono riportate in due interviste. Contro si schiera Roberto Natale, segretario del sindacato dei giornalisti, che afferma: «il rischio è che il segreto resti per un tempo indeterminato». Non è soddisfatto Renato Borzone, vicepresidente delle Camere penali e avvocato di Flavio Carboni, al centro dello scandalo P3. «Mi pare si stia tornando indietro a quello che già c’è, non c’è nessuna rivoluzionarietà», afferma l’avvocato. Michele Brambilla, invece, descrive un Berlusconi «accerchiato», che gioca in difesa rifugiandosi «nella casa del Milan».

E inoltre sui giornali di oggi:

L’AQUILA
IL MANIFESTO – «La vacanza è finita» titola a tutta pagina la prima del MANIFESTO che presenta una foto del centro storico dell’Aquila «Niente soldi, imprese in bancarotta, albergatori infuriati e sfollati a rischio sfratto. In Abruzzo ora lancia l’allarme anche il governatore (pdl) della regione: “Abbiamo solo debiti”. Le uniche tasche piene quelle dei costruttori del Progetto C.a.s.e. di Berlusconi». L’articolo a pagina 5 racconta i debiti e l’incontro tra il sindaco Cialente e Paolo Ferrero «Di politica, il sindaco Pd e il segretario comunista non hanno parlato. Solo di come far ripartire la città, “visto che il governo non ha alcuna intenzione di ricostruirla”, attacca Ferrero» che spiega anche l’idea di far partire una legge di iniziativa popolare da portare in parlamento. 

MILANO
IL SOLE 24 ORE – “Sigilli a Santa Giulia: falde inquinate”. Una pagina dedicata al sequestro dell’area, uno dei quartieri simbolo della Milano futura. «Da zona industriale ad area residenziale.  Dalla griffe di un archistar ai sigilli della Guardia di Finanza,  per inquinamento della falda acquifera  e discariche abusive. Dalle pubblicità con i futuri prati verdi alle  fotografie degli scavi di oggi, riempiti di acciaio, scorie e macerie.  Anche per realizzare la barriera  antirumore della tangenziale est. Ecco la storia ultima del progetto  Montecity-Santa Giulia, periferia  sud di Milano. E ultima tegola giudiziaria per l’immobiliarista Luigi  Zunino. Una storia, raccontata per ora – dal decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Fabrizio  D’Arcangelo, che blocca quell’area, dove un tempo la Montedison produceva pesticidi e le acciaierie Redaelli erano in piena attività. La ragione: sostanze cancerogene oltre i limiti trovate dall’Agenzia  per l’Ambiente in due falde. Una raggiunge gli acquedotti cittadini,  che servono gli abitanti di Santa Giulia».

RAPPORTO SVIMEZ
AVVENIRE – “La crisi sfregia il Sud” è il titolone di apertura in prima pagina del quotidiano cattolico. Alle pagine 6 e 7 si analizzano i dati del Rapporto Svimez, una fotografia drammatica tra povertà, disoccupazione ed emigrazione. Con la recessione dell’ultimo biennio il Pil del Mezzogiorno è tornato indietro di dieci anni e sono stati bruciati 100mila posti di lavoro nel solo settore manifatturiero. Pesanti le ricadute sulla vita sociale: un nucleo familiare su 7 vive con meno di mille euro al mese, una famiglia su cinque non ha i soldi per curarsi o per il riscaldamento. 

E-BOOK
LA REPUBBLICA – “Il sorpasso dell’e-book carta e copertina addio il libro virtuale vende di più”. Lunedì Amazon.com ha annunciato che negli ultimi tre mesi la vendita di libri digitali ha superato quella dei libri tradizionali. Un exploit che si spiega anche con la messa in vendita (e a prezzi più contenuti) di strumenti di lettura. Non solo l’Ipad. Gli analisti prevedono che entro dieci anni meno di un quarto dei libri venduti sarà di carta.

EBREI
IL GIORNALE– Gian Micalessin racconta del frumka, il burqa delle donne ebree. «I rabbini sono in allarme in Israele perché le donne ultraortodosse a Gerusalemme cominciano a indossare mantelli neri che nascondono dalla testa ai piedi. Come in Afghanistan. Ma qui non c’è imposizione sociale. Anzi, figli e mariti contrari si lamentano. La questione è finita davanti ai giudici della Corte di Giustizia».

IMMIGRAZIONE
AVVENIRE – A pagina 12 l’articolo “Immigrati, in pagina fanno meno paura – I mass media dai pregiudizi all’analisi” riporta lo studio dell’Osservatorio “Carta di Roma” su come sta cambiando il modo di trattare il tema immigrazione da parte della stampa italiana: meno accostamenti alle parole “emergenza” e “sicurezza” e maggiore spazio a storie, volti e nomi di un’integrazione possibile. Tra i giornali, AVVENIRE è in testa per gli articoli d’apertura dedicati al fenomeno: secondo il sociologo Mario Morcellini “sposta avanti la speranza”. 

ACQUA
IL SOLE 24 ORE – “Il referendum che fa acqua”. Nella pagina dei commenti IL SOLE prende posizione contro i quesiti referendari, con un pezzo a firma di Alberto Mingardi: «Ogni tanto, il bene comune può essere il peggior nemico del buon senso.   Chi infatti abbia un po’ di buon senso non può difendere uno status quo che ci  vede, sulla media nazionale, prelevare 165 litri d’acqua per erogarne 100. I dati Istat sulla dispersione idrica fotografano  da anni una situazione preoccupante,  soprattutto in alcune regioni del Sud, dove per distribuire 100 litri di acqua debbono esserne addirittura captati altri 100.  Perché l’acqua sia un«diritto fondamentale»,ovvero perché l’accesso alle risorse idriche sia effettivamente a disposizione  di tutti, è davvero indispensabile che essa  venga sprecata così? (…) Il decreto Ronchi, coerentemente con i principi comunitari, generalizza l’obbligo di utilizzare procedure competitive a evidenza pubblica per l’esternalizzazione  dei servizi idrici o per la selezione di un partner privato in una società mista, andando a limitare la possibilità  del ricorso alla gestione in house.  Il fatto che un servizio sia assegnabile  tramite gara non significa affatto che esso venga privatizzato. (…) Di “privatizzazione”, insomma, davvero  non si può parlare: tanto rumore per nulla. È del tutto evidente che una campagna di  sensibilizzazione contro la messa  a gara dei servizi pubblici locali avrebbe suscitato meno clamore. Ma, proprio per la forza delle parole d’ordine  utilizzate per raccogliere le firme per il referendum, è chiaro che il decreto Ronchi è  solo un pretesto: lo scopo  è riaffermare la forza di culture politiche  desuete ed elettoralmente sconfitte, a sinistra come a destra.  Contro di esse, dovrebbe mobilitarsi  quel pezzo del paese che cerca a fatica  di costruire un dibattito pubblico più razionale. Ma da una parte perché il decreto Ronchi è “di destra”, dall’altra  perché Ronchi appartiene alla minoranza della  maggioranza, è probabile che  nessuno s’incaricherà dello sforzo.  La vittoria del bene comune sul buon senso può riportare indietro di trent’anni l’orologio della politica».

GRAN BRETAGNA
LA STAMPA – Dedica una pagina al discorso del premier inglese: «Cameron anti-stato “Con la Big Society il potere alla gente”». La riforma dei servizi pubblici partirà da un test in quattro zone: «la gestione di trasporti, nettezza urbana e internet passerà ai cittadini». Il commento è affidato a un’intervista alla politologa Simona Talani, docente al King’s College di Londra. Per la Talani l’idea di Cameron è «un modo un po’sgraziato per nascondere i tagli». La studiosa esprime tutto il suo scetticismo: «Cameron vorrebbe delegare servizi che richiedono un enorme livello di conoscenze, ma chi è in grado di garantirli? I volontari?». Anche l’editorialista Irene Tinagli parla di «Grande illusione».

AFRICA
IL MANIFESTO – Intervista all’economista zambiana Dambisa Moyo, autrice di un best-seller che condanna la dipendenza del continente ai donatori occidentali. «Ora basta con la carità, l’Africa è schiava degli aiuti» è il titolo dell’intera pagina di intervista (pag 9) che prende a prestito le parole di Dambisa Moyo autrice di “Dead Aid”, uscito in Italia con il titolo “Quando la carità uccide”. Per la Moyo la ragione per cui l’Africa non è stata in grado di uscire dalla condizione di povertà è l’elemosina «che costringe il continente africano a una “perenne adolescenza economica”. Per questo lo invita a liberarsi dall’Occidente». Nell’intervista si parla anche di Bob Geldof e Bono Vox, «Non discuto le loro motivazioni, ma non penso stiano offrendo una soluzione sostenibile e a lungo periodo. Finché non ci sarà una crescita economica in Africa tutte queste iniziative saranno soluzioni tampone», risponde la Moyo che annuncia infine il titolo del prossimo libro: How the West was Lost che «Continua ad occuparsi del tema delle conseguenze involontarie, le cose che facciamo credendo giuste, ma le cui conseguenze non lo sono. Tratta di circa 50 anni di politiche in Europa e negli Stati Uniti che hanno buone intenzioni, ma i cui risultati non lo sono affatto».

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