Formazione

…intercettarei segni invisibili

Educare, cioè... Parla Eugenio Borgna

di Redazione

«Educare significa far riemergere dalla personalità di ciascuno le corde più autentiche, virtuali fino a quando l’ambiente circostante non le fa lievitare, crescere». È una definizione poetica e al tempo stesso cristallina e rigorosa, quella dello psichiatra Eugenio Borgna, «preoccupato sì, ma non catastrofista: dobbiamo continuare a sperare».
Vita: C’è una emergenza educativa?
Eugenio Borgna: È una definizione che si adatta bene alla realtà dinamica attuale. All’interno della famiglia si forma un’identità che poi si articola e dialettizza nella scuola. Il problema è che i giovani vivono tra una famiglia e una scuola drasticamente e realisticamente in crisi.
Vita: Cominciamo dalla famiglia…
Borgna: È in difficoltà perché sono venuti meno il dialogo, il confronto, al limite il conflitto. Ora ci sono l’indifferenza, che è più terribile di qualunque angoscia, e il lasciar fare.
Vita: E la scuola?
Borgna: Il rischio, la fatica, la grandezza e la miseria dell’insegnamento oggi difficilmente sono vissuti come missione. Non ci si sente chiamati a rispondere alle domande anche inespresse. È in difficoltà anche la vocazione psicologica come componente essenziale per valutare i modi di essere degli alunni. Solo così si intravedono le orme invisibili delle persone, che devono essere ascoltate con l’orecchio della caritas.
Vita: Più si parla di emergenza, meno si riesce ad avere un progetto educativo…
Borgna: Non c’è cambiamento senza presa di coscienza. I problemi dei giovani vanno interiorizzati anzitutto in noi e in loro, non risolti falsamente sul piano dei semplici comportamenti.
Vita: Si riferisce alle recenti decisioni?
Borgna: Cambiamenti del tutto esteriori. I grembiuli come il voto in condotta. Il quale può avere abbastanza facilmente un rebound negativo: può essere vissuto da chi è più fragile come un’ulteriore camicia di forza. Sul latino, il voto può essere in qualche modo riconosciuto e concorde. Il giudizio di condotta è discrezionale e può diventare un escamotage per mettere fuori gioco giovani complessi che avrebbero bisogno di ben altra comprensione.
Vita: Non si educa senza ascolto…
Borgna: Ascoltare significa anche dare un futuro alle parole che ascoltiamo, dare alle parole che i giovani dicono un futuro di speranza. Ascoltare non è cogliere la lettera, ma il grido silenzioso di cui parlava Simone Weil. Allo stesso modo si devono valutare gli sguardi, i gesti: se non riesco a intravedere quanta timidezza sia negli occhi di un giovane, rischio di tradire la sua personalità in fieri…
Vita: È un tema, quello educativo, che interroga gli adulti.
Borgna: Ma sono divorati da parametri che mal si conciliano con l’educazione. Se cominciassero a parlare, a giocare con i loro figli, impiegherebbero del tempo. Ma quale tempo è importante per gli adulti? Quello del guadagno, del lavoro, della ribalta…
Vita: Gli insegnanti devono valutare.
Borgna: Il punto è che non si limitino a giudicare gli allievi guardando solamente alla loro capacità di trovare una soluzione ai problemi proposti.
Vita: Spesso si chiede alla scuola di dare nozioni spendibili. La scuola può permettersi uno spazio di gratuità?
Borgna: Lo slittamento dal sapere teorico a quello pratico conduce alla despiritualizzazione del mestiere che diventa solo strumento applicativo, del tutto sganciato da ogni invito a riflettere sui veri problemi dell’uomo. Fare dell’applicazione pratica l’idolo dell’insegnamento è molto pericoloso.


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