Cultura
Intelligenza Artificiale: il Terzo Settore deve governare il digitale
Si è aperta una fase nuova per la società civile legata all’impressionante sviluppo dei programmi di ricerca applicata dell’AI, ma soprattutto al ruolo strategico – non solo all’opportunità tattica del loro utilizzo – che questi sistemi avranno in ambiti per tradizione e storia presidiati dal Terzo Settore: welfare, istruzione, salute e sanità, integrazione, cura, accoglienza, lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni
di Marco Dotti e Paolo Venturi
L’Intelligenza Artificiale (AI) accresce le opportunità per la società civile, il terzo settore, l’economia di welfare. Con le opportunità, inevitabilmentemoltiplica i rischi. L’impatto sulla vita quotidiana dei sistemi di AI sarà rapido e, senza una sua adeguata comprensione e gestione, ma soprattutto senza un nuovo e innovativo protagonismo dei corpi intermedi, non sarà indolore. Etica, economia, deontologia,responsabilità sociale: ogni aspetto del vivere comune, ogni spazio – pubblico, privato – è già chiamato in causa e, al contempo, messo in discussione dalla grande trasformazione in atto.
Come ci ricorda Ellen Ulman nel suo Life in code. A pesonal history of technology (MCD, 2017), gli ultimi venti anni ci hanno portato, in tempi brevissimi, alla nascita di Internet, allo sviluppo dell'intelligenza artificiale, “all'ubiquità di computer un tempo inimmaginabilmente potenti e alla profonda trasformazione della nostra economia e della nostra società”. Al contempo,
Si è aperta una fase nuova per la società civile. Una fase legata all’impressionante sviluppo dei programmi di ricerca applicata dell’AI, ma soprattutto al ruolo strategico – non solo all’opportunità tattica del loro utilizzo – che questi sistemi avranno, in un futuro oramai prossimo, in ambiti per tradizione e storia presidiati dal Terzo Settore: welfare, istruzione, salute e sanità, integrazione, cura, accoglienza, lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni.
In una società come la nostra improntata ai servizi, scenari molto attendibili ritengono che circa l’80% dei posti di lavoro intellettuale, di fascia medio-alta, verranno travolti dai vantaggi applicativi e competitivi dei sistemi di AI.
La società civile e, in particolare, il Terzo Settore nelle sue punte avanzate sono chiamati a presidiare tre linee di faglia etica sottraendo il dibattito ai contesti ingegneristici, per declinarlo – in una prospettiva di umanesimo rinnovato e didigital humanities – in forma transdisciplinare. Le discipline umanistiche (Liberal Arts), come da ultimo osserva Scott Hartley nel suo The Fuzzy and the Techie (Houghton Mifflin Harcourt, 2017, ne ha parlato Simone Paliaga su Avvenire), dovranno giocare un ruolo cruciale nel governare l’Ai e il Terzo Settore, nella sua vocazione umanistica, dovrà tracciare la strada.
Se l’AI sarà for good or not for good , detto in altri termini se sarà intelligente o non sarà dipenderà in gran parte dalla visione dell’uomo di cui programmatori (designers), utenti, governo e società civile si stanno già oggi facendo portatori. Ma da questa visione – di cui si dibatterà alle Giornate di Bertinoro per l'economia civile, che a ottobre dedicheranno le loro sessioni alla Sfida etica della quarta rivoluzione industriale – non dipenderà solo l’orientamento di un particolareambito applicativo tecnologico. Per la potenza dispiegata dai sistemi di AI, ne discenderà una posizione di subalternità complessiva o di rinnovata centralità dell’umano. La scelta è di campo. E da questa scelta dipenderanno le forme future del convivere e del confliggere.
Per ragioni pratiche (riconfigurazione di oltre il 70% dei lavori, possibile perdita del 60% dei posti di lavoro) e per ragioni di scenario è importante, fin da subito, ragionare e agire affinché il Terzo Settore orientato a un’economia civile, orienti anche l’AI verso criteri ineludibili di scelta for good.
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