Immigrazione
Integrazione, un ponte tra le culture
La dicotomia casa mia/casa tua è stata fino ad oggi il punto centrale di qualsiasi discussione sulle migrazioni, dove al noi abbiamo opposto l’altro, in una contrapposizione che divide piuttosto che unire, che crea barriere piuttosto che ponti. Ma l’integrazione non è necessariamente un processo tra "loro e noi" ma anche tra "noi e loro", in un interscambio nel quale nuove culture e identità si incontrano con quelle del Paese ospitante, in un gioco di ruoli che garantisce un arricchimento comune
Casa mia/Casa tua/Che differenza c’è? Non c’è/Ma qual è casa mia/Ma qual è casa tua/Dal cielo è uguale, giuro. Il brano Casa mia presentato da Ghali durante l’ultimo Festival di Sanremo è entrato nella mia mente spingendomi a riflettere sul concetto del termine “casa” e del legame che ciascuno di noi ha con quella che definiamo tale.
Eppure, nonostante un significato così intimo, protettivo e caldo, troppo spesso è stato utilizzato in senso divisivo e discriminatorio. La dicotomia casa mia/casa tua è stata fino ad oggi il punto centrale di qualsiasi discussione sulle migrazioni, dove al noi abbiamo opposto l’altro, in una contrapposizione che divide piuttosto che unire, che crea barriere piuttosto che ponti.
Fortunatamente non è successo con Abdoul e Ismael, due ragazzi provenienti dalla Costa d’Avorio e giunti in Italia dalla Tunisia dopo esser riusciti ad attraversare il Mediterraneo con imbarcazioni di fortuna. In breve tempo hanno trovato lavoro, hanno imparato la lingua italiana e abbracciato le abitudini che scandiscono il tempo della città che li ha accolti.
Tutto ciò è stato possibile non soltanto grazie alla loro volontà, ma anche grazie a una rete solidale, che li ha accolti, inclusi e protetti, realizzando quell’integrazionenella comunità locale che ciascuna persona migrante dovrebbe avere il diritto di sperimentare.
Un processo di integrazione che funge da ponte tra culture e che permette di superare l’uso fatto dalla propaganda politica dei termini “integrazione” e “identità”. L’integrazione non è necessariamente un processo tra Loro e Noi ma anche tra Noi e Loro, in un interscambio nel quale nuove culture e identità si incontrano con quelle del Paese ospitante, in un gioco di ruoli che garantisce un arricchimento comune.
La dignità del processo di integrazione, però, non può fare a meno della stessa dignità del percorso migratorio. Per questo motivo non smetterò di ricordare che abbiamo bisogno di implementare vie sicure e legali che permettano alle persone migranti di raggiungere un altro Paese senza dover ricorrere alle pericolose rotte del Mediterraneo o a quelle balcaniche. Canali che offrono agli individui la possibilità di muoversi in modo sicuro e dignitoso, riducendo al contempo il rischio di sfruttamento, traffico di esseri umani e altre forme di violenza.
Sogni che si perdono in mare/Figli di un deserto lontano/Zitti non ne posso parlare/Ai miei figli cosa dirò, cita ancora una strofa del brano di Ghali.
L’integrazione e le vie sicure e legali sono oggi due elementi cruciali, non soltanto per la comprensione del fenomeno migratorio e dell’accoglienza delle comunità migranti ma, soprattutto, per garantire un processo migratorio sicuro e rispettoso che possa favorire la coesione sociale e il benessere sia delle comunità ospitanti che delle persone migranti.
Vorrei andare via però/La strada non porta a casa/Se la tua casa non sai qual è/ Casa mia, Casa tua/Che differenza c’è?/ Non c’è.
Credit foto Pixabay
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.