Formazione

Integrazione, la Spagna è il modello

Quasi 700mila nomadi. Solo di nome, però. Praticamente tutti hanno una casa. La ricetta? La partecipazione

di Daniele Biella

La questione abitativa dei rom? «In Spagna noi gitanos l?abbiamo risolta 20 anni fa», dice con una punta di provocazione <b>Francisco Santiago </b>, rom di Barcellona, coordinatore di Union gitana, la più conosciuta ong spagnola per i diritti delle popolazioni rom e sinti. Ventuno anni di storia e ben 18mila soci attivi che danno man forte a una comunità di quasi 700mila nomadi, la più grande dell?Europa a 15, la metà dei quali residente in Andalusia. «Nomadi di nome ma non più di fatto», precisa Santiago. «Quasi tutti hanno una casa propria o in affitto», continua. Fa una certa impressione: a meno di 600 chilometri di distanza, la triste realtà delle baraccopoli italiane. A questo punto i detrattori nostrani avranno già pronta la risposta: «Per i gitanos è diverso, loro sono integrati da sempre». «Niente di più sbagliato», commenta Santiago, «durante la dittatura eravamo perseguitati, e ancora oggi lottiamo contro la discriminazione e il razzismo». E l?integrazione, nel frattempo, è arrivata. «Ma solo perché tra rom e non rom ci siamo uniti nell?esigere l?aiuto del governo », rivela Santiago. Oggi ci sono più di 500 associazioni che lavorano con i rom, e ognuna di loro riceve l?attenzione dei governi regionali e di quello di Madrid. I progressi più evidenti sono stati nel campo sanitario e scolastico: oggi tutti i rom ricevono assistenza e centinaia di ragazzi vanno all?università. «Da subito il nostro obiettivo è stato quello di essere tutti cittadini attivi, con gli stessi diritti e doveri degli altri», dice Santiago.

Partecipazione, quindi, come nodo fondamentale. Di cui anche l?Europa è chiamata a discutere. A Strasburgo siedono due parlamentari rom ungheresi (Romania e Ungheria sono gli unici due paesi in cui i rom hanno anche rappresentanti eletti nelle istituzioni). E a livello europeo agisce un centro studi come l?European Roma Rights Centre, che è poi quello che ha ?segnalato? alla Ue (che poi l?ha denunciato) il caso italiano dei ?campi nomadi?. «La segregazione in atto in Italia non ha equivalenti», attacca <b>Savelina Da nova</b>, responsabile delle ricerche del centro, «nemmeno in Ungheria, dove i rom sono molto poveri ma non sono forzati al nomadismo». E la storia insegna, aggiunge, «che le esperienze di integrazione riescono dove c?è un valido coordinamento tra associazioni ».

www.uniongitana.org

Vedi anche:
Rom, c&apos;è posto per loro?


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