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Insegnate ai vostri figli che la violenza è un reato

“Insegnate ai vostri figli che la violenza è un reato”. Così scriveva su facebook nel 2014 Giordana Di Stefano uccisa nel 2015, a soli 20 anni, dal suo ex. Quelle parole risuonano ancora. Molto è cambiato, ma non abbastanza. Pochi giorni fa nel quartiere romano di Primavalle una sedicenne è stata ammazzata da un ragazzo della sua età. «La violenza di genere tra giovani pare essere relativamente poco “vista», osserva la psicologa Lucia Beltramini. Pochissimi i progetti dedicati, quasi nulli i rimedi legislativi, ancora meno le opportunità educative

di Sabina Pignataro

Una bambina uccisa da un mondo guasto”: così ha detto il vescovo ieri, nella parrocchia di via di Torrevecchia, nel quartiere romano di Primavalle, dove si è tenuto il funerale della sedicenne Michelle Maria Causo, uccisa da un coetaneo. Eppure in Italia, il suo non è un caso isolato. Nel 2017 Noemi aveva 16 anni soltanto. L’ha uccisa il suo fidanzato, che di anni ne ha appena uno in più, 17. Il ragazzo ha confessato l'omicidio e ha indicato ai carabinieri dove aveva nascosto il cadavere: in un prato, sotto un cumulo di pietre di un muretto a secco. Nel 1996 Jessica F. è stata uccisa a sedici anni con quarantadue coltellate, fuori da scuola, dal suo ex ragazzo Luca F.

Lo dice l’Unicef: «ogni 10 minuti, da qualche parte nel mondo, una ragazza adolescente muore in seguito a violenza. Eppure queste morti rappresentano solo l’aggressione più grave ed irreversibile in un lungo continuum di violenze che le ragazze affrontano quotidianamente, solitamente dalle persone a loro più vicine: caregiver, coetanei e partner».

Ogni 10 minuti, da qualche parte nel mondo, una ragazza adolescente muore in seguito a violenza.

Unicef

«La violenza nelle coppie di adolescenti è uno dei problemi di salute pubblica più nascosti», osserva Lucia Beltramini, che oltre a essere psicologa, ricercatrice, docente universitaria di corsi specifici sulla violenza alle donne e formatrice, lavora con gli adolescenti nei contesti educativi e sportivi, progettando e mettendo in pratica attività di prevenzione della violenza.

«Nonostante la rilevanza che può avere proprio in questa fase della vita, la violenza di genere in adolescenza pare essere relativamente poco “vista”. Sembra diventare evidente soltanto a fronte di eclatanti fatti di cronaca, come l’uccisione di una sedicenne da parte del “fidanzatino”, il suicidio di una quattordicenne in seguito a violenza sessuale di gruppo, la scoperta di una chat di gruppo nella quale venticinque ragazzi di età compresa tra i 13 e i 19 anni si scambiano video pedopornografici e violenti. A essere celata è la quotidianità, fatta di atti frequenti e subdoli che possono portare anche a tali estreme conseguenze».

La violenza nelle coppie di giovani, un tipo di violenza domestica che comporta sfide molto specifiche, è rimasta indietro per quanto riguarda le risorse per le vittime, i rimedi legislativi e le opportunità educative.

Non è semplice neanche trovare report aggiornati in merito: non esiste una rete diffusa di centri antiviolenza per adolescenti e i giovani. La fascia 15-22 anni non è presa in considerazione quando si parla di violenza di genere.

Il progetto DATE (Developing Approaches and Tools to End Online Teen Dating Violence) nasce in quest’ottica inserendosi nel gap di letteratura, progetti e interventi in campo di violenza di genere online tra pari. Il progetto, che riguarda il biennio 2021-22 e vede partner Save the Children ed Fondazione Centro Studi Erickson.

Insegnate ai vostri figli che la violenza è un reato

“Insegnate ai vostri figli che la violenza è un reato. Che non si fa male solo con i gesti ma anche con le parole. Insegnate loro la compassione, la cavalleria, il perdono. Perché non è normale, non è giusto, non è possibile che oggi, nel 2014, dobbiamo sentir parlare di violenza. Ogni due giorni una donna viene uccisa”. Così scriveva su Facebook il 25 novembre 2014 Giordana Di Stefano. La notte tra il 6 ed il 7 ottobre 2015, a soli 20 anni, Giordana veniva massacrata con 48 coltellate dal suo ex, dal padre biologico della sua bimba, da colui che aveva denunciato per stalking 2 anni prima. Giordana concludeva scrivendo: “Abbiate il coraggio di difendervi e di chiedere aiuto tutte le volte che vi sentite in pericolo. Abbiate la forza di aiutare chi ha bisogno di essere aiutata e, forse, se riuscissimo a farlo tutte, magari non accadrebbe più. Forse è un sogno, ma per realizzarlo bisogna agire sempre”.

Dal quel giorno la sua mamma, Vera Squatrito, ha cercato in tutti i modi di dare vita al progetto “La casa di Giordy” un luogo, a Catania, dove professionisti qualificati si prendono carico di mamme e figli con percorsi terapeutici che possano aiutare a metabolizzare i traumi subiti. Ma oltre che un luogo, vuole anche essere una rete di sportelli e iniziative che possano aiutare a prevenire il fenomeno, sensibilizzare gli adulti di domani partendo delle scuole, ma anche ascoltare, gestire e recuperare i violenti. (Qui le informazioni)

Non è bullismo

Spesso, quando si parla di violenza tra adolescenti, molte esperienze vengono genericamente fatte rientrare nell’ambito del “bullismo”. «Basti pensare che, per alcuni media, può essere definito bullismo anche lo stupro da parte di un gruppo di ragazzini ai danni di una coetanea», osserva l’esperta che è anche autrice del libro “La violenza di genere in adolescenza” (edizioni Carocci 2020).

Teen dating violence

Solo recentemente si è iniziato a posare lo sguardo sulle modalità con cui questo fenomeno si può declinare e manifestare nelle coppie di adolescenti. L’espressione utilizzata per descriverlo è teen dating violence (letteralmente “violenza da appuntamento tra adolescenti”), formula introdotta per riferirsi ai comportamenti violenti di tipo fisico, psicologico, verbale e sessuale che si possono verificare tra ragazzi e ragazze che si frequentano, che escono insieme o che costituiscono una coppia stabile. Tra gli adolescenti il concetto di “relazione” può essere diverso da quello che si ritrova nelle coppie adulte: “stare insieme” può significare comportamenti molto diversi che possono andare da frequentazioni molto sporadiche, a uscite più stabili o anche a relazioni serie e durature. E poi per le ragazze può essere più difficile allontanarsi, anche fisicamente, da un partner violento. Spesso frequentano la stessa scuola e si vedono quotidianamente, o possono condividere la stessa compagnia di amici, rendendo particolarmente complesso capire di chi fidarsi.

E poi per le ragazze può essere più difficile allontanarsi, anche fisicamente, da un partner violento. Spesso frequentano la stessa scuola e si vedono quotidianamente

Violenza di coppia: di quanti ragazzi e ragazze si tratta?

Secondo dati della Fiss, Federazione italiana di sessuologia scientifica, nasce con violenza il 23% delle relazioni tra i giovani. Il dato, drammatico, riguarda ragazze e ragazzi con un’età compressa tra gli 11 e i 24 anni. Dati di ricerca nordamericani riportano che dal 10 al 25% degli studenti e delle studentesse delle scuole superiori ha vissuto esperienze di violenza fisica o sessuale di coppia se si considerano anche gli abusi psicologici, le percentuali aumentano. Uno studio con preadolescenti di 11-14 anni evidenzia come quasi due ragazzi/e su tre (62%) riferiscano di aver conosciuto qualcuno che è stato vittima di violenze verbali durante la relazione di coppia.

«Una delle prime ricerche italiane al riguardo è stata condotta dall’Università degli studi di Trieste nel 2007», spiega Lucia Beltramini. «Per quanto riguarda le esperienze di violenze vissute in coppia dai dati raccolti è emerso che il 16% delle intervistate (e l’8% dei maschi) ha subito gravi e ripetute violenze psicologiche o persistenti comportamenti di dominazione e controllo da parte del partner; il 14% delle ragazze (e l’8% dei ragazzi) ha subito violenze o molestie sessuali; più di un adolescente su dieci (senza differenze di sesso) ha subito violenze fisiche in coppia. Analizzando nel dettaglio le esperienze vissute dalle ragazze quasi la metà è stata controllata dal fidanzato, quasi una su dieci è stata minacciata, più di una su dieci ha subito molestie sessuali, una ragazza su venti ha ricevuto pressioni per prestarsi a rapporti sessuali all’interno della propria relazione di coppia e più di una su venti ha vissuto violenze sessuali intese come stupro o tentato stupro da parte del proprio partner.

«Le ragazze dichiarano di reagire alla violenza con rabbia, dolore, senso di umiliazione, paura; al contrario, i ragazzi affermano, più spesso, che il subire violenza li fa ridere, li fa arrabbiare, o li lascia indifferenti», prosegue l’esperta. «Ma quanto questo corrisponde alla verità o è dettato invece dal bisogno di descriversi in linea con lo stereotipo del “vero maschio” che non soffre e non viene ferito da nulla?»

Un’indagine successiva portata avanti da Telefono azzurro e Doxa Kids (2014) ha confermato come le prime relazioni di coppia siano spesso caratterizzate da violenza: il 23% degli intervistati ha riferito aggressioni verbali da parte del proprio partner, il 14% insulti; il 6% è stato picchiato dal fidanzato e la stessa percentuale di intervistati è stata vittima di approcci o rapporti sessuali non voluti.

Come si aiutano questi ragazzi?

«Quando accadono degli eventi di cronaca così efferati la prima reazione della comunità adulta è quella di capire il perché quel fatto si è verificato e cosa fare per evitarne altri simili», osserva Laura Pomicino, psicologa e psicoterapeuta, docente a contratto presso l'Università degli Studi di Trieste, da anni impegnata nel contrasto alla violenza contro donne e minori. «In entrambi i casi, però, le domande che ci poniamo sono spesso fuorvianti e questo porta a produrre risposte altrettanto inefficaci soprattutto perché di tipo emergenziale e non strutturale, ovvero tese a tamponare il momento e senza una visione a lungo termine».

Spesso, osserva l’esperta, «quando ci interroghiamo sul perché cerchiamo uno o più colpevoli su cui addossare tutta la responsabilità di ciò che si è verificato. Questo si traduce nello scavare nelle vite delle persone, perdendo completamente di vista il contesto in cui sono inserite. Se possiamo trovare una storia difficile, dei traumi subiti, problemi di dipendenza da alcol o da sostanze, cattive frequentazioni, è immediato il giungere a rapide conclusioni, archiviando il problema. Primo errore commesso: non cambiamo un sistema di cui, peraltro, ognuno e ognuna di noi è parte integrante, ma mettiamo a tacere il timore che si tratti di un fenomeno più ampio, non limitato al caso singolo. Ciò che, di fatto, la Teen Dating Violence è.»

Quando ci chiediamo cosa fare, come intervenire, tendiamo a pensare a misure repressive, elenchiamo i comportamenti che non devono essere messi in atto in una relazione di coppia. «Per quanto questi due elementi siano importanti, lo è molto di più trasmettere a ragazzi e ragazze, preferibilmente fin da un'età molto precoce, che le relazioni affettive possono e devono essere nutrienti, che stare insieme e fidarsi di chi ci sta accanto è un'esperienza si rischiosa ma meravigliosa, che vale la pena vivere, che scoprirsi, reciprocamente, vuol dire darsi il tempo di ascoltarsi e capirsi, per poi camminare assieme. Dobbiamo insegnare loro che il mondo, là fuori, non è un luogo minaccioso e terribile, ma è piuttosto uno spazio da preservare, la casa che abiteranno e che devono tutelare. Tutti e tutte. Nessuno e nessuna esclusa».

Non esistono interventi nazionali

«In Italia – commenta Laura Pomicino – non esistono interventi di respiro nazionale volti alla prevenzione della violenza all'interno delle giovani coppie. Ci sono molte realtà virtuose distribuite a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale che si focalizzano sullo sviluppo delle competenze emotive, promuovono il rispetto reciproco, favoriscono il costruirsi di una comunicazione efficace e non violenta. Il problema centrale è che si tratta spesso di interventi una tantum di cui di fatto non si conosce, perché non viene valutata in modo sistematico, l'effettivo impatto sul lungo termine».

In Italia non esistono interventi di respiro nazionale volti alla prevenzione della violenza all'interno delle giovani coppie.

Laura Pomicino

L’esperienza di Trieste con il Cai

A Trieste nel 2021 è stato avviato un progetto innovativo che unisce il mondo dell'arrampicata sportiva a quello della promozione di relazioni nutrienti: LOttoconte: in cima si arriva in due'. Si tratta di un workshop rivolto a ragazzi e ragazze degli ultimi due anni delle scuole superiori di secondo grado che ha come obiettivo principale riuscire a far fare esperienza diretta, fisica, dei concetti che comunemente vengono veicolati solo verbalmente durante i momenti di informazione/sensibilizzazione.

Nelle esperienze finora realizzate, a Trieste e Mantova, le mattinate in cui si è sviluppata l'iniziativa sono state articolate nell'alternanza di momenti curati da istruttrici e istruttori delle sedi locali del Club Alpino Italiano (CAI), rispettivamente Scuola Nazionale di Alpinismo Emilio Comici e Scuola di Alpinismo Scialpinismo e Arrampicata Libera Carlo Moccia – Renzo Morari, e Circle Time, ovvero brevi spazi di condivisione in cerchio sulle tematiche esperite attraverso il 'fare'. «E' stato così possibile trattare temi come la fiducia, la paura di dire di no, la comunicazione efficace, il rispetto e l'ascolto di sé oltre che dell'altra persona, l'importanza di riconoscere e condividere limiti e risorse di ciascun membro della coppia e della coppia stessa. Il progetto, che attualmente è in corso di preparazione in altre sedi italiane, non è ancora stato testato nella sua validità ma gli iniziali feedback ricevuti dai e dalle partecipanti sembrano restituire che i messaggi comunicati sono stati accolti e compresi rassicurando sull'idea che questa possa essere una nuova strada efficace da percorrere».


Foto in apertura: Agenzia Sintesi

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