Siamo il punto di riferimento privilegiato di chi vuol esser ascoltato: i ragazziDopo il servizio di copertina di Vita (n. 35) dedicato alla scuola e intitolato «Orgoglio di classe», Michela Vittorio, insegnante oltre che collaboratrice del nostro giornale, ci ha fatto avere questi suoi spunti di riflessione.
Per chi conosce il mondo della scuola, è evidente l’esistenza di un nesso tra contesto sociale e comportamenti degli studenti, tra l’insegnamento rivolto a ragazzi in età evolutiva e la sua ricaduta sulla società. L’Istituto dove lavoro è un liceo di un piccolo paese abbastanza agiato della cintura metropolitana milanese, collocato in una zona che conosce un discreto benessere, dove possono svilupparsi però comportamenti alimentati dai miti del nostro tempo.
Il culto della bellezza, il desiderio di apparire, una certa disponibilità di denaro fornito con facilità dalle famiglie, un diffuso conformismo? favoriscono atteggiamenti e stili di vita che rispecchiano l’ambiente circostante. La risposta di chi non si adatta può chiamarsi anoressia, bulimia, tendenza alla trasgressione, alla leadership negativa nei confronti degli altri, mobbing tra pari, bullismo? chiari indicatori di un disagio che può manifestarsi in forme diverse e non sempre chiare.
Fondamentale diventa quindi l’intervento di noi docenti: molto spesso siamo i primi a riconoscere difficoltà che le famiglie non sempre vedono o vogliono riconoscere; sempre più spesso, siamo noi il punto di riferimento privilegiato per chi vuole essere ascoltato. La parola “ascolto” è forse la parola d’ordine del nostro mestiere: oggi più che mai, i giovani hanno bisogno, oltre e al di là dei suoni e dei rumori in cui affogano quotidianamente, di chi li sappia ascoltare; hanno bisogno di un orecchio amico cui confidare ciò che le famiglie, talvolta in buona fede, sottovalutano. Quello che cerchiamo di trasmettere ai ragazzi, è che le diversità, le alterità, le occasioni di contrasto esistono, ma vanno accettate; che la conflittualità fa parte di noi, come di un doppio con cui dobbiamo fare i conti, senza lasciarcene agire.
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