Sostenibilità

Inquinamento idrico, la beffa è finita. Ora si paga

La normativa sull’inquinamento delle acque: il decreto 152/99 e il reato di danneggiamento aggravato di acque pubbliche

di Redazione

La normativa in materia di scarichi e inquinamento delle acque è radicalmente mutata con l?entrata in vigore del decreto legislativo 152 del 1999 che ha abolito la legge 319/76, ?legge Merli?. Il cambio di legge, però, non rappresenta una sostanziale modifica del regime previgente. Il nuovo decreto legislativo, infatti, conserva un vizio genetico: non introduce innovazioni nel sistema disciplinatorio. Il danno previsto per definire una situazione di ?inquinamento? non è il danno sostanziale sulle acque bensì il superamento del livello tabellare, cosa ben diversa dallo stato di inquinamento idrico come danno ambientale in senso stretto. L?inquinamento è considerato ?reato? quando si superano determinati valori limite d?emissione, al di sotto dei quali l?inquinamento è ritenuto accettabile. Vero è che, rispetto alla legge Merli, il nuovo decreto introduce alcuni principi ambientali come l?ipotesi del danno ambientale e della bonifica in caso di inquinamento, ma è altrettanto vero che tali innovazioni non intaccano i concetti dell?illecito, che rimane sempre di forma e non di sostanza. Il fatto, poi, che il punto di prelievo debba essere situato prima dell?attingimento dello scarico sul corpo ricettore, cioè sull?elemento idrico che riceve lo scarico, conferma il carattere formale della norma e del danno. Infatti, l?eventuale illecito (amministrativo o penale) scatta un minuto prima del contatto dello scarico con l?acqua, nel pozzetto di ispezione, ultimo stadio della traccia dello scarico prima che questo si riversi nell?elemento idrico. Nell?ottica sanzionatoria, quindi, l?effetto dello scarico sul corpo ricettore è irrilevante. Anche dopo l?entrata in vigore del nuovo decreto (152/1999), però, restano in vigore illeciti come il reato di danneggiamento aggravato in acque pubbliche e il reato di violazione al vincolo paesaggistico-ambientale, ove il corso d?acqua o il lago o il tratto di mare risulti ?danneggiato? sotto il profilo biologico (moria di pesci, soffocamento della flora acquatica?) e/o sotto il profilo paesaggistico (coltri di schiume, acque colorate?). D?altra parte nel sistema sanzionatorio è riportato l?inciso «salvo che il fatto costituisca reato». E il sistema degli illeciti penali non prevede norme ostative per la concorrenza satellite di tali reati esterni. In molti casi il nuovo dlgs 152/1999 conserva parzialmente il carattere meramente formale delle sue violazioni con conseguenti difficoltà probatorie. Il reato di danneggiamento aggravato di acque pubbliche, invece, è un illecito che mira alla sostanza reale dei fatti e cioè all?inquinamento in senso stretto che, appunto, provoca un danno sul bene ?acqua?. Assicurare la prova di tale reato è molto più semplice, perché si può prescindere da prelievi e campioni e ogni mezzo è utile in alternativa. In questi casi una serie di fotografie che documentino il danneggiamento (coltri di schiume, acque colorate, etc.) e che ricolleghino lo stato di inquinamento a una specifica fonte di immissione, costituiscono prova penale a tutti gli effetti e sulla scorta di detta documentazione, anche senza prelievi e analisi, si può inoltrare una denuncia. Il reato di danneggiamento è applicabile a tutti i casi di inquinamento senza nessuna distinzione ed è concorrente o alternativo agli illeciti del decreto in esame; si può in pratica inviare una denuncia per il danneggiamento anche senza aver potuto raggiungere la prova del superamento delle tabelle del decreto.

Maurizio Santoloci Magistrato di cassazione vice presidente nazionale WWF Italia


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