Un modo diverso di capire e strutturare la società, ma anche di intendere e vivere la nostra relazione come individui rispetto alla comunità: questa potrebbe essere la spiegazione che meglio fotografa il concetto di innovazione sociale, un cambiamento di mindset e di framework. L’innovazione è un modo di pensare più che una definizione. Per questo cercare di darne una, esaustiva ed esatta, non sarebbe di grande utilità, anzi risulterebbe fuorviante.
Il “pubblico” è coinvolto
Contrariamente a quello che si è pensato fino ad oggi, infatti, questo tipo di innovazione non “avviene” solamente nei grandi laboratori, sostenuta da finanziamenti che vengono dal governo, o promossa dalle grandi imprese, ma è in atto ovunque. Innovazione sociale in realtà sta per innovazione nella società, e molti dei problemi che ci troviamo ad affrontare oggi non sono risolvibili attraverso le soluzioni tradizionali, ovvero sviluppate e finanziate da governi e imprese. Questo vale anche per il settore pubblico. Anzi, l’innovazione sociale è un modo nuovo per la pubblica amministrazione di interagire con il privato, e per l’impresa di interagire con le istituzioni e con i cittadini.
Un “caso” in cui vediamo in atto questa dinamica è la questione del cambiamento climatico. Nonostante gli investimenti e gli sforzi per arrivare a soluzioni concrete non si è trovato il modo di risolvere il problema, e il motivo è semplice: problemi come questo coinvolgono la società e quindi richiedono che vi sia, prima di tutto, un cambiamento culturale e comportamentale. L’innovazione sociale chiede alle persone di fare un passo avanti, di non essere solo consumatori, ma di partecipare allo sviluppo e all’implementazione del problema da risolvere. Il cittadino non può più essere un ricettore passivo, sia nei suoi rapporti con le istituzioni che con le imprese.
Il modello Ant
Questo approccio è già chiaro, ad esempio, nel campo dei servizi socio-sanitari, dove le migliori fonti di informazioni per definire e “pesare” i problemi e le necessità sono le persone coinvolte dai servizi. I pazienti ma anche i professionisti, se adeguatamente attrezzati, possono identificare i problemi e addirittura fornire le soluzioni. A Bologna, per esempio, la Fondazione Ant è nata dall’iniziativa di un medico specializzato nella ricerca dei tumori che ha intercettato la necessità dei malati terminali di trascorrere gli ultimi giorni a casa propria piuttosto che in ospedale. Dal punto di vista del servizio sanitario ciò significa un risparmio notevole, mentre per il malato e la famiglia è una esigenza prioritaria. Intorno alla Fondazione Ant si è sviluppato uno strumento gestionale, VitaEver, che ha ricevuto più di un riconoscimento a livello internazionale. Questa buona pratica dimostra come il settore privato, pubblico e associativo possano lavorare insieme per sviluppare delle soluzioni socialmente efficaci ed efficienti in termini di costi.
L’insegnamento? L’innovazione sociale richiede una multistakeholder governance e la pubblica amministrazione dovrebbe esserne il facilitatore, cioè il soggetto che mette tutti intorno al tavolo e aiuta le diverse parti a parlarsi e a trovare le soluzioni, acquisendo un ruolo sempre più strutturale e strategico e sempre meno di frontline. La PA non deve proporre soluzioni, perché non ha sempre chiaro quali siano le priorità nei singoli campi di intervento, ma sa come le diverse parti si articolano e quali siano le relazioni tra di loro. Per questo ha la capacità di stimolare il dialogo e la collaborazione tra le parti, creando un ambiente che faciliti iniziative di questo tipo, dal punto di vista dei processi e delle culture. La cultura dell’innovazione sociale suggerisce che in momenti di crisi, come l’attuale, la “torta” può crescere solo se le diverse parti si mettono insieme, perciò si comprende l’opportunità di rilanciare un nuovo modo di lavorare con gli altri, attraverso l’apertura all’interazione con mondi diversi e apparentemente molto distanti dal proprio.
*direttore esecutivo di Euclid Network; interverrà il 17 maggio al Forum PA nell’incontro aperto sul tema: “Innovazione sociale made in Italy. Come e perché”.
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