Economia

Innovazione Sociale e territori: l’esempio di Fondazione Cariverona

di Laura Orestano

Da oltre 20 anni impegnata presso la Fondazione Cariverona, Marta Cenzi è dal 2015 la Responsabile Area Attività Istituzionali, che definisce le linee di programmazione strategica e operativa, promuove bandi e iniziative dirette, seleziona e gestisce i progetti ai quali sono destinate le risorse della Fondazione.

Curiosa e attenta, guarda con particolare interesse a tutto ciò che riguarda la cura e tutela dell’ambiente, l’investimento in capitale umano e l’innovazione sociale, che rappresentano anche i 3 pilatri della strategia operativa della Fondazione. Ed è proprio grazie a questo impegno che le nostre strade si sono incrociate, nel dare il via a fine 2019 ad una proficua e stimolante collaborazione fra la Fondazione e SocialFare, finalizzata a supportare la nascita e lo sviluppo di iniziative di Innovazione e Imprenditoria Sociale sui territori di Verona, Vicenza, Belluno, Ancona e Mantova. Ecco cosa ci siamo dette in una recente chiacchierata sui temi che ci stanno a cuore.

Laura Orestano

Marta e la Fondazione Cariverona: come nasce questa storia?

Marta Cenzi

È una storia che nasce ben 20 anni fa! Di fatto, la mia prima vera esperienza lavorativa, in un certo senso nata da una coincidenza. Infatti, io avrei dovuto fare una sostituzione di maternità in banca. Il primo giorno di lavoro invece sono stata destinata alla Fondazione, nell’area che si occupava della gestione del patrimonio.
Sono rimasta lì cinque anni, facendo esperienza con la fortuna di poter seguire operazioni finanziarie anche di un certo peso e interesse. Sono quindi sono passata all’Ufficio gestione rischi finanziari e successivamente all’ufficio Monitoraggio Progetti, che allora era posizionato nell’Area Audit, e lì ho fatto esperienza di controllo, avvicinandomi all’area Istituzionale. Sono entrata in quest’ultima nel 2011 e dal 2015 ho assunto il ruolo di Responsabile di Area.

Laura Orestano

Lavorare nell’Area Istituzionale della Fondazione deve offrirti un punto di osservazione interessante. Immagino tu veda da vicino gli sforzi di cambiamento che partono dal cuore della Fondazione, ma allo stesso tempo anche la reazione e gli input che arrivano dai beneficiari sul territorio, che peraltro nel vostro caso è esteso su ben 5 province e 3 regioni differenti.
Quali trend scorgi? Quali interazioni fra la Fondazione e i suoi beneficiari? Sono due punti di vista distanti e difficili da conciliare, o guardano nella stessa direzione?

Marta Cenzi

Ho la fortuna di vedere entrambe le facce della medaglia. Chiaramente sono immersa nel cuore istituzionale della Fondazione e quindi conosco in maniera più approfondita il grande impegno verso il cambiamento che la Fondazione ha intrapreso negli ultimi anni. C’è stato un bel twist dal 2016-17, un cambio di rotta in parte figlio di una necessaria riflessione interna legata a una dotazione di risorse economiche differente e certamente più contenuta rispetto al passato, che ha portato a chiedersi che tipo di strada si volesse percorrere e impostare per il futuro. D’altra parte, questa è stata un’opportunità preziosa per iniziare a ragionare su quale dovesse essere il ruolo effettivo di una Fondazione di origine bancaria in un contesto comunitario localizzato su territori diversi: per andare oltre il classico modello di puro “soggetto erogatore” e imparare a proporsi anche come interlocutore attento ed interessato ad affiancare i territori in una riflessione condivisa su nuove traiettorie di innovazione, sperimentazioni e sfide che l’attualità ci propone.

L’essere presenti su 5 territori differenti (le province di Verona, Vicenza, Belluno, Ancona e Mantova) è senz’altro un elemento di complessità, ma anche un elemento di grande ricchezza, un’occasione per stimolare confronto, creare connessioni, condividere buone pratiche ed estendere queste opportunità ai nostri interlocutori. Stimolare il dialogo fra pubblico e privato, supportare e incoraggiare collaborazioni inedite e nuovi modelli di intervento è un asset su cui la nostra Fondazione investe in maniera decisa e costante. Non è semplice né scontato da mettere in atto: è un ambito che ci pone e propone costantemente grandi interrogativi e stimola il dibattito interno ed esterno.

Laura Orestano

Tornando quindi al vostro rapporto con i territori e i beneficiari: vedi un gap nella percezione delle priorità, o piuttosto un allineamento? Vedi nella Fondazione la capacità di cogliere davvero le esigenze percepite o avanzate dal territorio?

Marta Cenzi

Questo è un aspetto sfidante, c’è da fare un bel lavoro di balance: occorre sempre trovare un punto di equilibrio. Il primo sforzo, che credo sia necessario per un soggetto come il nostro, è provare ad avere una visione di medio periodo, che si nutra sì del contesto attuale territoriale ma che sappia anche stimolare una visione di prospettiva “ampia” e di lunga portata sulle esigenze della collettività, senza fermarsi strettamente a quelle percepite per l’immediato. Occorre mettersi in ascolto e in costante auto-discussione, da una parte lasciarsi interrogare e dall’altra anche saper accompagnare.

In questo senso Ci sono alcuni soggetti e attori territoriali con cui abbiamo continuità d’azione: li abbiamo accompagnati in attività di capacity bulding dal 2017-18 ad oggi, e questo ci ha permesso di conoscere meglio i nostri interlocutori, andando anche a stimolare il confronto su alcuni temi specifici. Si tratta quindi di una ricchezza tanto per loro quanto per la Fondazione stessa.

Altri soggetti invece sono più legati al “vecchio” ruolo della Fondazione, più strettamente legato al sostegno economico, un ruolo che non necessariamente possiamo garantire oggi, o non allo stesso modo o nella stessa misura rispetto al passato. Occorre però restare in ascolto di questi soggetti, cercare punti di incontro per rispondere laddove possibile alle loro esigenze, avendo cura di condividere d’altra parte con loro gli asset della nostra nuova strategia.

Laura Orestano

Ci parli delle nuove scelte strategiche della Fondazione?

Marta Cenzi

Stiamo proprio ora lavorando con il nostro Consiglio Generale alla nuova programmazione triennale 2023-2025 che verrà approvata a fine ottobre e successivamente resa pubblica, ma già nella precedente programmazione triennale, quella attualmente in corso abbiamo inserito i primi grandi cambiamenti: l’abbandono, per esempio, di una visione di “interventi settoriali” o “ambiti di intervento” verso strategie legate ad alcuni specifici obiettivi. Ne abbiamo scelti tre: Cura e Protezione Ambientale, Capitale Umano, Innovazione Sociale per comunità coese ed inclusive. Persone, Territori e Comunità sono diventati dunque i 3 pilastri su cui si incardinano i programmi e le scelte della nostra Fondazione.

Abbiamo scelto di lavorare sulla dimensione della sostenibilità: parliamo sicuramente di sostenibilità ambientale – dal 2020 abbiamo ripreso con maggiore forza questo tema – ma anche sostenibilità sociale ed economica. Abbiamo confermato l’attenzione al capitale umano, con particolare riferimento alle giovani generazioni sostenendo la promozione di percorsi di formazioni per le nuove professioni e le nuove competenze richieste dal mercato del lavoro, stimolando il dialogo e la contaminazione tra modelli di formazione formali e informali o non formali.

E poi c’è l’Innovazione Sociale, una strada che abbiamo scelto di perseguire in modo chiaro e forte. Questo lavoro è iniziato con una revisione delle azioni di sostegno nell’ambito del sociale: volevamo staccarci dal tradizionale supporto economico a iniziative caritative o di welfare “tradizionale”, per ragionare su modelli di intervento più innovativi. E volevamo fare questo ragionamento insieme ai territori, stimolando il mondo del sociale a pensare in ottica di imprenditoria a impatto, secondo le esigenze che il contesto attuale ci propone.

Abbiamo fatto, credo, una scelta abbastanza coraggiosa e con perseveranza cerchiamo di portarla avanti…

Laura Orestano

Lo penso anche io: il recente Bando Innovazione Sociale della Fondazione Cariverona mette a disposizione risorse considerevoli su una specificità così chiara come l’Innovazione Sociale. È stato difficile decidere di allocare tante risorse proprio in questo settore specifico, o è stata una linea di indirizzo convinta e portata avanti in modo coeso fin dall’inizio?

Marta Cenzi

È stato un processo maturato nel tempo, non una decisione assunta dall’oggi al domani. Un processo delineato attraverso la nostra programmazione triennale, che ha portato a identificare l’Innovazione Sociale come uno dei pilastri delle nostre azioni. Anche per il nostro board e per la nostra struttura si è trattato quindi di un percorso intrapreso con consapevolezza ma anche con gradualità.

Non siamo partiti da un bando che mettesse a disposizione risorse economiche, bensì da una serie di azioni preliminari e di capacity building orientate a intercettare, stimolare e supportare lo sviluppo di competenze sui territori. Questo è stato FutureUp: un’azione progettata insieme a SocialFare, con la quale abbiamo iniziato a “mettere le mani in pasta” sul territorio, ragionando insieme ai cittadini sulle esigenze sociali più sentite dalle comunità locali, delineando sfide che fossero figlie delle nostre attenzioni. Abbiamo scelto in questa fase preliminare di rivolgerci non ai soggetti “tipici” con cui lavoriamo solitamente (enti pubblici o del privato sociale), ma a chiunque fosse interessato ad approfondire il tema dell’Innovazione Sociale: per la prima volta abbiamo lanciato una call aperta ai singoli cittadini.

Laura Orestano

E cosa avete pescato con questa rete?

Marta Cenzi

Innanzi tutto siamo rimasti impressionati dal numero di candidature ricevute (259), che ci ha costretti a fare una selezione malgrado i posti per partecipare al percorso fossero molti. Abbiamo accolto 161 richieste.

Le candidature ricevute erano molto eterogenee: studenti, professionisti, persone più adulte. Persone appartenenti ad associazioni o enti che già conoscevamo, ma anche molti volti nuovi. Tanti giovani – e questo era uno dei nostri obiettivi, ma non era scontato raggiungerlo – che ci hanno permesso di instaurare un dialogo inedito con le nuove generazioni, intercettare energia giovane e iniziare ad avvicinarla alla Fondazione, iniziando a lavorare anche sulla percezione del nostro ente, spesso inteso come soggetto istituzionale difficilmente accessibile o distante, troppo formale.

FutureUp! ci ha inoltre permesso di cogliere quanta energia creativa abiti i nostri territori: una bella occasione per rinfrescare la nostra visione dei luoghi in cui operiamo, perché ci ha consentito di raggiungere persone nuove, di ampliare lo sguardo al di là dei soggetti che normalmente intercettiamo con i bandi ed è emersa una grande voglia e disponibilità di progettare insieme. Una grande scoperta!

Laura Orestano

Per parte nostra, anche noi di SocialFare abbiamo percepito un interesse genuino in queste persone che volevano mettersi in gioco insieme, trasmettendo una bella energia. Una sfida non banale, quella di intercettare singoli cittadini che non si erano mai visti e farli lavorare insieme. Cosa succederà? Non si poteva prevedere, questa era la parte più interessante della sfida. Ed è andata molto bene. Il nostro team ha notato immediatamente la creazione di sinergie e di un clima collaborativo, questo è un segnale molto interessante e ottimista rispetto al ruolo che le Fondazioni possono avere sui territori e al loro potenziale.

Marta Cenzi

In effetti, oltre alla novità di aprire una call ai singoli cittadini, la scelta di “aggregarli” – per quanto questa operazione sia stata naturalmente studiata, formando i gruppi sulla base dei temi su cui avevano scelto di lavorare – facendo collaborare persone che non si conoscevano è stata una sperimentazione interessante e fruttuosa. Ci ha colpiti l’apertura con cui queste persone si sono messe in gioco, e lentamente alcuni dei progetti nati in pochi giorni nei momenti di lavoro condivisi stanno proseguendo e prendendo forma, a distanza di quasi un anno ormai dalla conclusione del percorso.

Laura Orestano

Poi c’è stato il Bando Innovazione Sociale, aperto a fine 2021, con cui avete selezionato dei progetti – presentati questa volta da enti o organizzazioni – a cui avete offerto non solo risorse economiche, ma anche un percorso di accompagnamento guidato dai nostri esperti, verso lo sviluppo di iniziative imprenditoriali a impatto sociale sostenibili. Che tipo di progettualità si sono candidate, quale racconto vi hanno portato da parte dei territori?

Marta Cenzi

Anche in questo caso, abbiamo alzato ulteriormente l’asticella. Il Bando Innovazione Sociale è un po’ differente dai “tipici” bandi, abbiamo cercato di passare in qualche modo ad un livello “superiore”.

Ad esempio, abbiamo sollecitato in modo concreto enti, partner, reti a ragionare non solo sulla durata del progetto finanziato, ma anche su una prospettiva più lunga, chiedendo che già in fase di progettazione fosse delineato un percorso di sviluppo improntato alla sostenibilità economica. La Fondazione dà quindi un contributo economico per supportare la fase di start-up del progetto, ma chiede di disegnare già con qualche dato e documento una visione del percorso successivo.

Non era una richiesta semplice, ma è stata colta come opportunità e come sfida, seppure con più o meno difficoltà a seconda dei soggetti. Abbiamo però deciso di inserirlo come criterio fondamentale, per iniziare a stimolare concretamente una visione di lungo periodo.

Alcuni territori hanno colto in maniera più convinta anche l’elemento di innovazione e di sperimentazione, altri sono rimasti in un contesto più tradizionale, ma va bene anche questo: non ci aspettiamo tutto e subito e siamo consapevoli che quello dell’Innovazione Sociale è un percorso che possiamo costruire gradualmente insieme ai nostri territori. In questo senso è stato anche utile strutturare il bando in due fasi: la prima, con contorni ben delineati, consisteva in un’academy finalizzata ad aiutare i soggetti selezionati nel riprendere in mano l’idea progettuale secondo l’approccio della Teoria del Cambiamento (per saperne di più, qui l’intervista ad Anthea Vigni, Social Economist di SocialFare). Chi aveva già partecipato a FutureUp! aveva già visto questi concetti, ma questa è stata l’opportunità per metterli a terra in modo concreto e con maggiore profondità. L’Academy con gli esperti di SocialFare è stata inoltre molto utile per la parte di lavoro sul business model, che in qualche modo ha “costretto” – ma anche supportato – gli enti che lavorano in ambito sociale, culturale e formativo a fare i conti con la necessità di valutare se le loro idee progettuali avessero effettivamente, almeno in potenza, le gambe per proseguire nel tempo.

Ora siamo in fase di valutazione finale per selezionare i progetti che godranno di un accompagnamento economico da parte della Fondazione, ma possiamo già dire che le academy – che sappiamo essere state molto impegnative e intense, peraltro seguite da un’attività di lavoro autonomo con revisione a distanza da parte degli esperti – ha portato a una maturazione importante delle progettualità.

Laura Orestano

L’impianto di questo bando è interessante non solo per la grande dotazione di risorse immesse nell’innovazione Sociale, ma anche perché segue questo iter, in qualche modo ispirato ai programmi UE, che accompagna i soggetti finanziati in un percorso più approfondito e fruttuoso, con una visione che va oltre il breve periodo e il finanziamento in sè.
Quali sono le sfide su cui vi concentrerete nel nuovo programma triennale della Fondazione? Ci sono asset che cambiano, priorità riviste?

Marta Cenzi

Come dicevo prima siamo ancora in piena fase di lavoro, ma sulla base dei primi confronti, non penso che gli attuali tre obiettivi strategici verranno stravolti o modificati in modo significativo. Questo perché Persone, Comunità e Territori restano la nostra priorità e perché le azioni avviate necessitano di un tempo lungo per esprimere gli esiti di quanto seminato. Senza contare che la dimensione pandemica ci ha in parte forzato a spostare, giustamente, l’attenzione su altre emergenze non certo previste nel 2019, quando abbiamo definito la nostra programmazione triennale, tant’è che questa è stata rivista in modo significativo nel 2020, alla luce degli scenari nel frattempo emersi.

Quanto a priorità trasversali, continueremo a lavorare sul tema delle reti e alleanze, promuovendo il dialogo fra chi vive il territorio, anche promuovendo gli approcci tipici della co-progettazione. Altro tema su cui ci stiamo concentrando in maniera attenta è quello del monitoraggio e della valutazione, anche riguardo all’agire e all’agito della Fondazione stessa, non solo quindi rispetto ai progetti di terzi che sosteniamo: questo lavoro sarà fondamentale per ridefinire le nostre azioni e per meglio focalizzare le nostre future programmazioni.

Qualche passo in realtà lo stiamo già compiendo; ad esempio, con la seconda fase del Bando sopra citato (i.e. Innovazione Sociale), garantiamo un accompagnamento dei progetti selezionati anche in fase esecutiva mettendo a disposizione un’attività di supervisione valutativa: questo serve sia a noi di Fondazione sia a chi sul campo opera e sviluppa il progetto

Per il resto, già in questo ultimo anno abbiamo iniziato ad aprirci maggiormente al contesto imprenditoriale, guardando al tessuto economico dei nostri territori: anche se le aziende profit non sono soggetti che possiamo sostenere direttamente, le imprese sono a tutti gli effetti un soggetto del territorio a cui intendiamo dedicare maggiore attenzione, anche per trovare modalità di coinvolgimento. Penso ad esempio a progetto di cross formazione nel contesto imprenditoriale: è importante sapere cosa cercano le imprese, quali aspettative e prospettive possono offrire ai giovani del territorio e di conseguenza quali sono per questi ultimi le sfide su cui potremmo offrire supporto. Penso che questa traiettoria inciderà sulla nuova programmazione della Fondazione.

Laura Orestano

Qual è il nuovo vestito delle fondazioni di origine bancaria?

Le fondazioni fanno molto nell’avviare e indirizzare processi di innovazione, ma immagino ci sia poi un “vestito” anche proprio: come si organizzano internamente, che obiettivi si danno e come percepiscono la loro missione? C’è un nuovo vestito che la Fondazione Cariverona si vuole dare?

Marta Cenzi

È sempre difficile descrivere in poche parole un processo in atto, soprattutto se fonte di continuo confronto interno. Chiaramente, le Fondazioni sono abitate da diverse anime e il confronto è determinante nel segnare il tracciato. Come dicevo precedentemente, noi stiamo ragionando molto su come dismettere il vestito del semplice e mero “soggetto erogatore” e proporci piuttosto come ente che abita il proprio territorio, nel nostro caso i diversi territori e ha disponibilità sì economiche ma anche di relazione, di contatto, che cerca e vuole mettere a disposizione e che investe molto anche in processi di capacity building. Cerchiamo di sviluppare la nostra capacità di essere piattaforma di opportunità e connessione, di approfondimento e dialogo, di apertura. Chiaramente questo richiede molto lavoro, attenzione e cura, e non è sempre facile, anzi è molto impegnativo. Sostenere la sperimentazione e stimolare il territorio verso linee nuove, verso la costituzione di un patrimonio di conoscenza comune. Facilitare le dinamiche di co-progettazione, contribuire a interpretare le priorità di un territorio e di un tempo specifico. Questi obiettivi sono al centro delle nostre riflessioni e guidano la nuova programmazione.

Silvia Bergamo (team SocialFare)

Marta, ti faccio un’ultima domanda anche io (che curo l’editing di questa intervista, ndr). Quali consigli daresti a un’altra Fondazione, perché vale davvero la pena sperimentare strade e processi nuovi?

Marta Cenzi

Una bella domanda a cui non è semplice dare risposta. Direi comunque che uno degli aspetti interessanti del lavoro delle Fondazioni è proprio essere parte di un percorso che si costruisce insieme nel tempo, che non è già segnato. Spesso, come esseri umani siamo portati a perpetrare le azioni che conosciamo e a mantenerci nel contesto di noto e di comfort, mentre spingersi verso azioni più sperimentali espone a risultati non noti, e questo richiede un grande sforzo. Io penso però che il coraggio di percorrere strade nuove possa dare grandi soddisfazioni, sia che i riscontri siano perfettamente in linea con le attese, sia che restituiscano elementi di un percorso da rivedere. Del resto, il nostro ruolo è anche questo: raccogliere i feedback dei territori e costruire insieme una strada percorribile. È sfidante, richiede competenze e capacità nuove, ma è estremamente arricchente in termini di conoscenza, di capacità di incontrare nuove persone e realtà, di raccogliere priorità ed esigenze diverse che magari rischiavano di restare sottotraccia o totalmente ignote.

E comunque noi non abbiamo inventato nulla da zero, il nostro lavoro è anche capire cosa fanno gli altri, incluse le fondazioni stesse, a livello nazionale e internazionale: capire quali sono le azioni potenzialmente più significative, quelle che sono state vincenti in altri territori, saperle cogliere e adattare ai propri. È anche questa osservazione che ci ha portati al nostro percorso sull’Innovazione Sociale: cerchiamo di restare aperti a questo modo di lavorare, osservare con interesse cosa fanno gli altri e cogliere gli spunti è parte integrante del nostro lavoro

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