Economia
Innovazione digitale e valutazione d’impatto sociale: così la cultura resiste alla pandemia
Nuove provocazioni culturali si sono fatte largo a partire dalle criticità del lockdown e del distanziamento fisico o delle presenze contingentate: l’80% degli operatori del settore proseguirà con l’ “offerta digitale” a cui si aggiungeranno strumenti di valutazione d'impatto ex ante ed ex post
La crisi Covid ha messo radicalmente in discussione il nostro sistema economico e i nostri modelli di produzione. E uno dei settori maggiormente coinvolti da un ripensamento profondo dei suoi processi produttivi è quello culturale. Il lockdown ha sospeso per molte e lunghe settimane la possibilità della fruizione in presenza dei beni culturali e degli spettacoli dal vivo. Questo ha messo in ginocchio un intero comparto lavorativo, che ha trovato in una “transizione digitale” accelerata e per certi versi forzata, però, una possibilità evolutiva. Nuove provocazioni culturali si sono fatte largo a partire dalle criticità del lockdown e del distanziamento fisico o delle presenze contingentate. E un sondaggio commissionato da Federculture ci dà un dato interessante: l’80% degli operatori del settore proseguirà con l’ “offerta digitale” anche oltre la crisi, considerandola ormai una offerta aggiuntiva e complementare e non unicamente suppletiva dei canali di fruizione tradizionale. Insomma, esiste uno spazio di lavoro nuovo che vede nel web, nel virtuale, nel digitale il suo campo di gioco. “Chiamando alle arti” nuove professionalità al fianco di quelle tradizionali e mettendo in moto un processo creativo collettivo che nella crisi trova un ostacolo drammatico, certo, ma anche un nuovo livello di sfida, con cui l’arte può, deve e ormai vuole entrare in relazione.
La produzione culturale e artistica ai tempi del Covid, però, mentre rigenera i suoi strumenti espressivi e produttivi ha bisogno di interrogarsi sull’impatto sociale che riesce a generare in questo tempo complesso con strumenti necessariamente nuovi e, per certi versi, acerbi e in divenire, soprattutto per gli “attivatori culturali” del settore arte e cultura, per i quali la diversificazione dell’offerta, con la conversione digitale di una parte della stessa, è questione anche di sopravvivenza e resilienza alla fase acuta della crisi, ancora in corso e in piena seconda ondata. Da questo punto di vista, il ruolo della valutazione d’impatto può essere decisivo per le imprese culturali. Una valutazione ex ante e durante e non solo ex post, che possa essere uno strumento di management di questo passaggio di fase, capace di misurare i primi risultati dei mesi che abbiamo immediatamente alle spalle, per perfezionarne gli aspetti e direzionare al meglio i progetti, rendendoli più solidi ed efficaci. L’alleanza della cultura con l’innovazione digitale e la valutazione d’impatto sociale, insomma, può essere la strada per attivare energie che rendano capaci un settore strategico e centrale di resistere alle intemperie da pandemia. E continuare ad assicurare al meglio l’articolo 9 della nostra Costituzione. Questa norma, del resto, oltre ad essere "costituzionale" per noi deve essere quotidianamente "costituente". Solo continuando ad ampliare e rafforzare in ogni modo la più ampia fruizione del nostro immenso patrimonio culturale, infatti, potremo dire di corrispondere correttamente alla nostra missione.
*segretario generale Human Foundation relatore ai colloqui 2020 del Ravello Lab
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