Economia

Innovatori di territorio, la svolta di Federsolidarietà

Oggi si apre l'assemblea nazionale delle oltre 6mila coop sociali di Confcooperative. «Il passaggio di questi anni ha presentato molte asperità. C’è chi è uscito stordito dalla crisi, soprattutto chi è sempre vissuto dipendendo dal sistema degli appalti pubblici». Intervista al presidente Giuseppe Guerini

di Giuseppe Frangi


Innovatori di territorio. Attorno a questo titolo che sintetizza l’identità ma soprattutto suggerisce la direzione, Federsolidarietà ha organizzato il suo percorso assembleare che culminerà nell’appuntamento nazionale a Roma, del 17/18 giugno in cui interverranno i ministro Orlando, Poletti, Boschi e Martina (qui il programma).

Se il riferimento al territorio può suggerire piccole dimensioni e ambiti protetti, il richiamo all’innovazione invece spazza via tutti gli equivoci: il titolo è un richiamo al cambiamento e all’accelerazione dei processi. È un’idea che Giuseppe Guerini ha ben chiara in testa. Guerini è presidente di questa grande rete di rappresentanza che raccoglie 6.052 aderenti, tra cooperative sociali, imprese sociali e consorzi. «Oggi i territori sono dei veri laboratori del cambiamento» dice. «Per noi, che siamo sempre cresciuti partendo da lì, nutrendoci e costruendo relazioni, può essere una grande chance. Dobbiamo toglierci dalla testa l’idea romantica: oggi il territorio è un attrattore di investimenti, è il contesto in cui si può immaginare un nuovo sistema di welfare, sulla base delle relazioni di reciprocità e combinando insieme risorse diverse».

C’è comunque da fare i conti con la lunga crisi. Come ne esce il sistema di Federsolidarietà?
Non c’è un quadro omogeneo. Anche se siamo tra i pochi soggetti del sistema economico che ha saputo garantire occupazione, il passaggio di questi anni ha presentato molte asperità. C’è chi è uscito stordito dalla crisi, soprattutto chi è sempre vissuto dipendendo dal sistema degli appalti pubblici. Ma c’è chi con coraggio ha colto l’occasione per cambiamenti radicali, sperimentando nuovi orizzonti e facendo vera innovazione. Per la gran parte delle cooperative è stata invece l’occasione per una riorganizzazione, in direzione di una maggiore sobrietà. In molti hanno purtroppo dovuto comprimere gli spazi di riflessione e di pensiero, per concentrarsi di più sull’offerta di servizi.

L’Assemblea vuole però “recuperare”. Il lavoro iniziato con l’Atlante va nella direzione di  “pensare il futuro”…
È così. L’Atlante è uno strumento prezioso, ma va usato nel modo giusto. Come uno stimolo ad agire e non tanto ad inseguire i trend che vengono illustrati per l’Italia del 2020. Le faccio un esempio: una delle tendenze chiare è lo spostamento di tanta forza lavoro giovanile verso le grandi aree che oggi sono le sole ad offrire opportunità. Qual è la sfida della cooperazione sociale? È di provare a modificare le tendenze. Spesso i territori che subiscono questi esodi, sono territori in cui la cooperazione è l’unico soggetto imprenditoriale presente. Il compito è quello di lavorare per restituire competitività a questi territori. L’Atlante è una fotografia utile se la si guarda nella convinzione che la demografia non è incontrovertibile.
Se il Terzo settore non è terzo ma primo come ripete sempre il premier Renzi, questa è una responsabilità da cui non si può sfuggire. Che valutazione fate delle proproste di Riforma presentate dal Governo?
C’è una visione ed è indicata ed è un ottimo punto di partenza. Ora tocca a noi valorizzare questa visione che, per la prima volta, si colloca nel cuore strategico delle politiche di Governo e contribuire a dare slancio ad un’idea di società, stando attenti a che non prevalgano le posizioni di difesa e di conservazione.

Nello specifico invece..
Sono tre le questioni su cui ci focalizzeremo. L’impresa sociale con uno sguardo pragmatico e senza esasperare le aspettive: l’importante che venga dotata di strumenti adeguati.  Poi il servizio civile universale, che è finalmente una misura davvero per le giovani generazioni. Infine, è importante favorire tutte le combinazioni tra riforma e costruzione di un nuovo welfare. Ma il Governo ha davanti un’altra partita molto importante per tutto il sociale, quella della Delega fiscale ereditata dall’esecutivo Letta.

In particolare cosa la preoccupa?
Mi auguro che diventi un’occasione per mettere ordine, ad esempio allargando i benefici della cooperazione sociale anche all’impresa sociale. Ma c’è l’altra grande leva a cui dare un’attenzione più coraggiosa: è quella della famiglia. Si deve lavorare sulle detrazioni, in particolare sulla detraibilità delle spese sociali, una scelta che agevolerebbe l’emersione del lavoro e che quindi sarebbe vantaggiosa per il fisco. Si potrebbe seguire l’esempio dell’Austria, dove gli assegni di accompagnamento sono erogati a fronte di prestazioni regolari. Un meccanismo che innesca un circuito virtuoso.


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