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Innovare per accogliere: la piattaforma inclusiva di Welcome Refugees Italia
Le piattaforme, nella sharing economy, sono una forma diversa di intermediazione caratterizzata da un'elevata spersonalizzazione dell'azione svolta. Ma, ci spiega Matteo Bassoli, fondatore di Welcome Refugees Italia, è un'altra cosa. Non disintermedia, né disgrega ma «permette a tutti di avvicinarsi al tema fornendo informazioni esaustive sul progetto, sul tema della convivenza e sulle possibilità che ci sono in Italia»
di Marco Dotti
«Distruggi o sarai distrutto» afferma il venture capitalist Josh Linkner. Una convinzione che sembra guidare gran parte di quella teoria del cambiamento che, dal 1995, va sotto il nome di "disruptive innovation". Ma c'è un'innovazione sociale che va in tutt'altra direzione, si mette in gioco e mette in gioco risorse altamente sottoutilizzate e pratiche spesso svilite tanto dalla burocrazia, quanto dalla tecnologia. È il caso delle piattaforme inclusive, come Welcome Refugees Italia. Accoglienza, trasparenza, informazione, condivisione e, soprattutto, responsabilità. Parole chiave di un futuro antico e di una buona pratica senza tempo.
Ricercatore e professore di Sociologia della Pubblica Amministrazione e comunicazione politica , Matteo Bassoli è socio della Società Italiana di Scienza Politica, dell’European Sociological Association e dell'International Network for Social Network Analysis e, con Germana Lavagna e Fabiana Musicco è tra i fondatori di Welcome Refugees Italia, importante realtà, oltre che modello, dell'accoglienza diffusa. Una breve esperienza come “gestore” di un CARA – racconta – lo ha «convinto del fatto che solo costruendo reti sociali è possibile dare vita ad una politica di accoglienza dei migranti efficace e sostenibile». Con lui parliamo della questione.
Piattaforme oltre la disruption
La questione delle piattaforme digitali è, oggi, più cruciale che mai: sul lavoro, nei servizi, ma anche per l'accoglienza: chi gestisce cosa? Forse questa è la domanda da porci.
Le piattaforme, nella sharing economy, sono in realtà una forma diversa di intermediazione caratterizzata da un'elevata spersonalizzazione dell'azione svolta. Quando scelgo un viaggio in agenzia di viaggio, l'agente è l'intermediario che mi presenta i vari tour e si prende la sua tariffa da intermediario. Quando vado su Airbnb, su Blablacar, il sito rappresenta l'agente intermediario che mi offre i vari prodotti e si prende la sua quota. La vera differenza c'è laddove l'intermediario lavora gratis come nel caso di couchsurfing o sistemi analoghi. Il tema quindi non è se la sharing economy abbia disentermediato o meno l'acquisto di prodotti online, ma quale forma di intermediazione si sta affermando con la sharing economy.
Refugees welcome Italia (RWI) si presenta come una piattaforma, ma cosa la differenzia e e l acaratterizza? Voi lavorate molto sul tema della relazione e, di conseguenza, della mediazione. Ma solitamente le piattaforme vengono viste come veicoli di disintermediazione…
Al netto di questa nota, nel caso specifico RWI è caratterizzato da una piattaforma che permette a tutti di avvicinarsi al tema fornendo informazioni esaustive sul progetto, sul tema della convivenza e sulle possibilità che ci sono in Italia. La piattaforma però non ha una funzione di intermediazione, il migrante iscritto non sceglie la famiglia, così come l'ospite non sceglie il rifugiato.
La piattaforma non rappresenta quindi un elemento di intermediazione…
Rappresenta semplicemente un elemento di accesso e di gestione del processo. Il processo di abbinamento ospite/ospitato necessita infatti di una grande cautela, di un'attenzione ed una cura fondamentale che l'associazione svolge attraverso gruppi territoriali con specifica formazione. Sia l'ospite, sia l'ospitato vengono intervistati, profilati onde permettere ad entrambe le parti di poter costruire un percorso di inclusione che sia arricchente per entrambe le parti.
Innovare per accogliere
Quando si parla di innovazione spesso si dimentica l'inevitabile impatto sociale dell'innovazione: come possono "impattare" positivamente le nuove tecnologie sul piano dell'accoglienza e dell'integrazione?
Il tema della piattaforma è forse la vera innovazione di RWI per due motivi: copertura mediatica e capacità inclusiva. Gli altri progetti di accoglienza domestica gestiti in Italia all'interno della rete SPRAR (Piem, FarsiProssimo, Ciac, Camelot) sono caratterizzati da minore copertura mediatica e quindi maggiormente soggetti al passaparola. Inoltre le altre due esperienze qualificante del panorama italiano (Sant'egidio, Caritas) che mettono al centro dell'azione d'accoglienza la gratuità sono per loro natura di natura confessionale, difficilmente avvicinabili dalle persone che faticano ad essere in sintonia con il mondo cattolico. Inoltre nessuna delle esperienze menzionate danno la possibilità ai migranti di auto-candidarsi in maniera chiara e semplice. In questo senso il progetto RWI ha maggiore capacità di inclusione sociale avendo una platea più ampia di ospiti e di ospitanti.
Dall'accoglienza all'integrazione, il passo è ancora lungo….
Certamente. Il passo è lungo ma l'accoglienza domestica permette di riattivare le reti sociali sia dell'ospite, sia dell'ospitante. In questo senso rispetto ad altre forme di ospitalità fornisce degli strumenti maggiori per l'inclusione sociale. La crescita del capitale sociale infatti è la chiave di volta del progetto in cui si permette alla società italiana di mettere a frutto le proprie risorse. Il meccanismo è infatti duplice, non è solo il migrante che deve poter esprimere al meglio le proprie potenzialità ed entrare all'interno del tessuto locale, ma è anche responsabilità della società italiana di trovare gli spazi di inclusione. I flussi di migranti infatti rappresentano un'opportunità per la società italiana, non tanto una sfida o un pericolo. La società italiana deve quindi crescere assieme ai nuovi cittadini.
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