Mondo

Inizia l’era Obama

Un trionfo per il senatore dell'Illinois. Cosa cambia per l'America e per noi

di Carlotta Jesi

Irragionevole. Impudente. Visionario al punto da sembrare scollegato dalla realtà. Come altro definireste chi, contro ogni regola, ogni cinismo, ogni comune senso del vivere e dell’agire, s’impunta per creare qualcosa di diverso e di migliore? A Vita, fino a ieri sera, lo chiamavamo innovatore sociale, attivista, agente di cambiamento, cooperante. Il suo terreno di conquista era una scuola, un quartiere, una città, una nicchia di mercato. E la sua unica arma era la capacità di credere in cose che ancora non si vedono.

Stamattina, invece, lo chiamiamo Presidente. Perché alla Casa Bianca è salito un attivista che ha come area di conquista il mondo e la cui faccia – nera, giovane, da outsider e nemico giurato delle lobby di Washington e dell’inquinamento – simboleggia una cosa ancora più preziosa del cambiamento su cui ha costruito la sua campagna elettorale. Barack Obama rappresenta il coraggio di sognare, di credere che il singolo può davvero fare la differenza. Anzi, di più, il coraggio di straosare: pensando talmente fuori dai binari, e sognando talmente in grande, da riuscire per davvero a sparigliare le carte e a ottenere l’impossibile. Nel libro The Audacity of Hope, l’audacia della speranza in italiano, Obama confida di  aver costruito la fiducia in se stesso, mattone dopo mattone, osservando i ragazzi dei quartieri poveri di Chicago diventare agenti di cambiamento. Accadeva 10 anni fa. Immaginatevi al suo posto: siete un nero, con una laurea in legge presa ad Harvard e l’esperienza positiva di ragazzi borderline che riprendono in mano il loro destino, d’accordo. Ma pur sempre un nero, senza patrimoni familiari e conoscenze politiche. Come diavolo può saltarvi in mente di fare il presidente degli Stati Uniti? Di sfidare un Bush e le regole di Washington? Cosa siete, pazzi? Irragionevoli, se mai. The Unreasonables è il titolo che abbiamo dato al blog sull’impresa sociale di Vitaeurope.org dedicato a chi, in una scuola, un quartiere, una città, una nicchia di mercato, si dedica anima e corpo a realizzare una visione del mondo che sta solo dentro alla sua testa. Sentendo nello stomaco quella che Obama, citando Martin Luter King,  definisce “la feroce urgenza dell’adesso”. Qualcosa che ti fa straosare e ti rende impossibile tornare indietro, ritirati in difesa. Impudente? Visionario? Matto? Benvenuto nel club, signor Presidente. La sua cavalcata verso la Casa Bianca è meglio di un master sull’impresa sociale. È l’ispirazione, la pacca sulla spalla e la conferma che, in mancanza di fondi, darà nuova energia agli aspiranti agenti di cambiamento.

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