Politica

Infrastrutture,quell’attrazione fataleper l’asfalto

trasporti Perché non c'è stata la svolta promessa dal programma

di Redazione

In Italia quando si parla di grandi opere, il riflesso condizionato è quello di farle comunque (senza alcuna verifica della loro reale utilità e redditività) e dovunque (senza alcuna valutazione del territorio in cui queste si inseriscono e delle esigenze reali di popolazioni ed enti locali). La Legge Obiettivo è stata la sublimazione di questo modo di procedere che, di fatto, non è stato scalfito dalle politiche sulle infrastrutture intraprese dal governo Prodi.
A dire il vero, con la redazione del programma di governo Per il bene dell’Italia si era partiti bene perché si sosteneva che la programmazione e quindi la selezione degli interventi doveva essere compiuta utilizzando la valutazione ambientale strategica. Inoltre si sosteneva che bisognava partire dal fallimento della Legge Obiettivo per rivedere in particolare la procedura speciale di valutazione di impatto ambientale, che viene espletata in una fase troppo immatura dell’elaborazione progettuale, e la partecipazione degli enti locali, semplici esecutori delle scelte governative.

L’Obiettivo rimane
Ma il ministro delle infrastrutture Di Pietro ha lavorato in piena autonomia, dapprima esprimendo nel primo Allegato Infrastrutture al Dpef 2007-2011 una valutazione estremamente positiva della Legge Obiettivo e poi, nel secondo Allegato, legittimando le procedure speciali per le infrastrutture strategiche e il programma di interventi del governo Berlusconi (che oggi ammonta a 243 opere per 534 progetti, dal costo di 305 miliardi di euro). Quel programma rimane come punto di riferimento del master plan voluto dal ministro Di Pietro, che nel quinquennio 2008-2012 decide che si debbano impiegare per le infrastrutture prioritarie fondi pubblici per 32 miliardi di euro (6,2 miliardi di euro l’anno), perlopiù destinati alla costruzione di strade e autostrade (56% degli investimenti previsti), ignorando il progressivo apporto del settore dei trasporti alle emissioni climalteranti e al consumo di suolo e della biodiversità.

Alta velocità, alti costi
Nel concreto, per quel che riguarda le grandi opere, il governo Prodi ha detto una parola definitiva, revocando per legge nell’aprile 2007 le concessioni delle tratte ad Alta Velocità/Alta Capacità non cantierate (Milano-Genova, Milano-Verona e Verona-Venezia), mentre sulla linea AV/AC Torino-Lione ha confermato solo il ricorso alle procedure ordinarie di Via. Ma non ha mai posto a verifica il sistema finanziario e contrattuale dell’AV/AC, che ha consentito in 15 anni (dal 1992 al 2007) un aumento del 500% circa dei costi del sistema originario (da 13 miliardi a 62 miliardi di euro). Un sistema che è stato oggetto di ripetute severe valutazioni, prima della Corte dei Conti (nel 2004) e, recentemente, dell’Autorità sui contratti pubblici (dicembre 2007).
Non solo, nell’agosto 2007 il ministro Di Pietro, in pieno contenzioso amministrativo con le aziende coinvolte nel progetto e mentre il governo attendeva segnali dall’Europa, ha pensato bene di far sapere, non in una riunione di governo ma al quotidiano Il Sole 24 Ore, che riteneva la revoca delle concessioni per legge un errore.

Ponte sospeso
Infine, riguardo al ponte sullo Stretto di Messina, bisogna dare atto al governo di aver dirottato, con un provvedimento collegato alla legge Finanziaria 2007, su altre priorità ambientali e trasportistiche per il Mezzogiorno 1,4 miliardi di euro in un primo tempo, destinati a quest’opera.
Ma la vicenda non è conclusa perché non c’è stato il recesso dal contratto per realizzarlo già stretto con la società Impregilo, come il WWF ha più volte chiesto. Questa rimane una grave lacuna, che potrebbe costare agli italiani moltissimo denaro e non dice la parola fine sulla realizzazione di un’opera costosissima, considerata inutile e velleitaria nel programma del governo Prodi e su cui l’Unione europea ha aperto una procedura di infrazione per violazione della direttiva Habitat, che tutela specie ed aree naturali di particolare pregio per l’Europa.

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