Cultura
Informazione: Tettamanzi, i Tg? Mi piacciono poco
In un incontro a Milano il Cardinale Dionigi Tettamanzi affronta anche il nodo della proprietà dei media
di Redazione
Cosi’ come sono fatti, ”i Tg non mi piacciono tanto”. Parola di Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, che nella settimana in cui si celebra S.Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, ha voluto rispondere alle domande di alcuni rappresentanti dei media, approfondendo anche temi importanti come quello della liberta’ di stampa, della verita’, il ruolo degli editori, affrontando temi come quelli dell’economia e del lavoro, del ruolo educativo del giornalismo. Rispondendo appunto a una domanda rivoltagli proprio da una giornalista del Tg1 (Tiziana Ferrario), Tettamanzi ha detto: ”I Tg italiani mi piacciono … non tanto. Avrei potuto dire ‘mi piacciono poco’, ma il ‘non tanto’ mi sembra piu’ dolce”. E ha spiegato: ”Mi sembra che spesso il tg diventi la fiera delle parole, delle opinioni, piu’ che la rassegna dei fatti. Mi sembra che vengano presentate le diverse opinioni, ma vengono poi a tal punto enfatizzate che infine uno inesperto come l’ arcivescovo di Milano si trova di fronte a tante e diversificate opinioni. E alla fine si chiede, ma queste opinioni riguardano quale fatto in concreto?”. Secondo Tettamanzi in definitiva, ”c’e’ una attenzione cosi’ preponderante, addirittura esclusiva sulle opinioni, che alla fine i fatti non vengono presentati e chiariti a sufficienza”. Inoltre, il Cardinale ha ”l’impressione che spesso si dia risonanza nazionale a fatti pure gravi, che pero’ sono circoscritti nell’ambito del nostro Paese. Io non so se tutto quello che succede debba essere oggetto di una televisione nazionale”. E poi, ”talvolta nell’ambito della cronaca ho l’ impressione che il rispetto della dignita’ personale di tutti e di ciascuno, proprio attraverso le immagini o le interviste, non sia sempre onorato. Penso che la gente semplice, ma non per questo meno sensibile ai valori, chiederebbe davvero di piu’ soprattutto da un servizio che ha tra l’altro, lo si voglia o no, un peso educativo davvero unico”. E ancora: ”Bisogna che i Tg non guardino solo il nostro Paese ma guardino il mondo intero. Noi abbiamo bisogno nel contesto della globalizzazione attuale di essere aiutati ad essere cittadini, non soltanto della nostra bella Italia, ma del mondo intero”. Inoltre, Tettamanzi ha ”l’impressione che certe notizie, che nascondono di per se’ problemi molto impegnativi che si prestano a un dibattito anche molto forte, troppo velocemente poi vengono archiviate, perche’ l’istanza di presentare sempre qualcosa di nuovo prevalga sull’istanza che l’informazione sia anche l’aiuto ad andare in profondita”’. Quanto alle differenze fra i Tg delle tv pubblica e commerciale, Tettamanzi non ha dubbi: entrambi sono mezzi informativi e comunicativi, ma il Tg come servizio pubblico ”in una maniera piu’ aperta, piu’ dichiarata, vorrei dire ‘per definizione’, deve porsi al servizio di questo bene comune” e ”richiede in maniera piu’ perentoria che l’informazione non sia parziale ma sia universale, che l’ attenzione sia non alle opinioni soltanto ma in primo luogo ai fatti”, ”ai problemi veri, concreti, sofferti da parte di tutti”. ”Poi – ha continuato il Cardinale – servizio pubblico significa non solo far passare nelle orecchie degli ascoltatori tutte queste cose, ma aiutarli a essere protagonisti, quindi a farsi interpellare da tutto cio’ che viene comunicato, interpellare nel senso che proprio grazie alla comunicazione le persone, sia singole che come comunita’ possano assumersi la propria responsabilita’ di fronte a quanto avviene”. Tutto in omaggio al ‘bene comune’, che per Tettamanzi e’ ”il bene di tutti”. Ma ”e’ possibile raggiungere tutti quando si ha il coraggio di cominciare dagli ultimi. Perche’ i primi – ha affermato – non hanno bisogno di essere sostenuti e aiutati proprio perche’ sono i primi a utilizzare quanto la realta’ offre, mentre sono gli ultimi quelli che vanno in qualche modo privilegiati, solo cosi’ e’ possibile raggiungere il bene veramente e pienamente comune”. E ha citato, Tettamanzi, una frase detta al momento del suo arrivo alla diocesi di Milano: ”I diritti dei deboli non sono diritti deboli, ma sono diritti esattamente uguali e totalmente uguali ai diritti di tutti”. La televisione commerciale invece ”per sua natura – cosi’ il cardinale ha concluso la sua lunga risposta – si pone come una tv che intende presentare una informazione riduttiva. Nel senso che a partire da una determinata concezione della vita vorrebbe sottolineare in particolare il bene di alcune categorie. Oppure una prospettiva piu’ mercantilistica delle esigenze umane, oppure una appartenenza piu’ esplicita a una determinata forza politica. Cio’ che l’onesta’ chiede e’ che se la tv commerciale ha un progetto riduttivo, sia detto, sia dichiarato”.
”Vogliamo un giornalismo serio, vero,umano e umanizzante. I giornalisti devono essere uomini veri che sappiano amare gli altri uomini”. E’ il parere dell’ arcivescovo di Milano, Cardinale Dionigi Tettamanzi che, rispondendo oggi alle domande dei giornalisti che lo hanno intervistato pubblicamente al Circolo della Stampa sugli attuali problemi dei media, ha espresso le sue valutazioni in merito a vari argomenti. Di fronte ai tanti problemi che gli sono stati posti, come il cambiamento che ha subito il giornalismo negli ultimi anni, quella ‘mutazione genetica’ che ha condotto oggi a dar piu’ importanza alle dichiarazioni ‘a margine’ di un convegno (commenti e opinioni) piuttosto che ai fatti pur importanti che vi si dibattono, oppure alla situazione dell’editoria sempre piu’ concentrata nelle mani di poche persone, o ancora al fatto che all’esplosione dei media non sia corrisposto un’uguale opportunita’ per i giornalisti di raccontare i fatti; a questa visione pessimistica del giornalismo ridotto a una sorta di ‘brusio o di sceneggiatura’, dove solo pochissime notizie vanno a finire in pagina, Tettamanzi ha risposto in sostanza che fare il giornalista e’ difficile, che ”prima di essere giornalisti bisogna essere uomini veri”. ”La regola prima e unica perche’ onnicomprensiva di tutte le regole deontologiche e anche etiche del giornalista e’ – per Tettamanzi – anche il sapere che si scrive non per l’editore, ma per tutti”. Perche’ ”prima di essere razionalita’ l’uomo e’ relazionalita’, l’uomo e’ uomo perche’ non crolla sulla sua solitudine ma e’ donazione di se’ agli altri”. Quindi ”la prima regola di un buon giornalista e’ scrivere non per se’ ma per gli altri”.
E in questa regola del ‘bene comune’, il cardinale accomuna anche gli editori, rispondendo a Riccardo Bonacina dice: ”l’aspetto piu’ preciso della proprietà va affrontato in base all’esigenza del perseguimento irrinunciabile del bene comune. Quando parliamo di informazione guardiamo in maniera privilegiata ai giornalisti mentre il nostro sguardo dovrebbe puntare innanzitutto agli editori. Credo che essere proprietari di giornali, di televisioni, abbia sempre comportato ma oggi comporti in maniera particolare una piu’ grande responsabilita’. E’ legittima la preoccupazione da parte della proprieta’ di far tornare i conti. L’aspetto economico e’ importante, ma e’ anche vero che l’aspetto economico in questo settore non puo’ essere l’unico criterio per decretare il successo di una missione mediatica. Un editore deve avere come sua missione di promuovere l’informazione per il bene comune. Deve avere il coraggio di interrogarsi se il suo progetto intende perseguire questo fine o semplicemente fare dei guadagni. In questo senso e’ necessario superare l’ansia degli indici di ascolto e l’eccessiva dipendenza dai mercati pubblicitari”. E a chi gli ha posto il tema del giornalismo economico, Tettamanzi ha risposto che ”non bisogna avere paura dei soldi, bisogna amarli i soldi, ma – anche qui – bisogna amarli da uomini, da uomini veri. Allora – ha concluso – i soldi non sono l’assoluto, ma sono uno strumento che va posto al servizio della promozione umana autentica, di tutti e di ciascuno. ‘Non e’ l’ uomo per il sabato, ma e’ il sabato per l’uomo’. Cioe’: non e’ l’uomo per il denaro, ma il denaro per l’uomo”.
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