I Pfas, fino a ottant’anni fa, non esistevano. Oggi, queste sostanze per- e polifluoroalchiliche sono ovunque: nell’acqua, nell’aria, nel suolo, negli organismi viventi. Si trovano nel latte materno, nella placenta, nel sangue. Non percepiamo la loro presenza, perché sono composti chimici invisibili, inodore e incolore. Servono a rendere le superfici e gli oggetti impermeabili, antiaderenti, resistenti alle alte temperature. Sono usati nelle schiume antincendio, nelle padelle, negli imballaggi per gli alimenti, nelle creme e prodotti di bellezza, nei sistemi per la produzione di energia rinnovabile. Sono ormai così ampiamente impiegati nei processi produttivi, che l’industria dice di non poterne più fare a meno, nonostante i pericoli per la salute e l’ambiente. In Italia, a sollevare il problema è stata, nel 2013, la scoperta in Veneto di uno dei più gravi casi di inquinamento in Europa: quello della falda tra Vicenza, Padova e Verona, a causa degli scarichi dell’ex stabilimento Miteni di Trissino. Da allora, la società civile ha iniziato a mobilitarsi per chiedere la messa al bando universale dei Pfas.

Esistono oltre 10mila sostanze chimiche della famiglia Pfas. Alcune di queste, come il Pfoa, acido perfluoroottanoico, e il Pfos, perfluorottano solfonato, sono state usate per decenni. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – Iarc ha dichiarato “cancerogeno” il primo e “possibile cancerogeno” il secondo. L’industria, quindi, li ha sostituiti con nuovi composti, come il GenX, della stessa famiglia, ma con catena di carbonio più corta. I Pfas hanno dai 4 ai 12 atomi di carbonio collegati, saturati di fluoro: è questa caratteristica che li rende così preziosi per il mondo produttivo, perché non si sciolgono nei grassi e nell’acqua e resistono alle alte temperature. Non tutti i Pfas sono noti, anche perché, una volta immessi nell’ambiente o nell’organismo umano, non restano immutati, ma si trasformano in molecole che magari non sono state ancora studiate, come il Tfa, che è stato trovato nei fiumi e laghi di tutta Europa.

La bonifica è molto difficile e costosa, tanto che i Pfas sono stati ribattezzati forever chemical, “inquinanti eterni”. Quando entrano nel nostro organismo, si accumulano e per smaltirli ci vogliono anni. Secondo le stime del progetto di inchiesta giornalistica internazionale Forever Lobbying, se non ci saranno restrizioni alla produzione e uso di queste sostanze, rimuoverle costerà 2 trilioni di euro nei prossimi vent’anni in Europa, cioè 100 miliardi all’anno.
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