Mike. Quando muore un grande dello spettacolo, soprattutto se molto famoso negli anni passati, scatta la voglia di commuoversi e ricordare, celebrare e guardarsi indietro. La politica poi, come sempre, ha offerto la possibilità di un commiato bipartisan. Fosse morto senatore Mediaset, Mike Bongiorno avrebbe forse suscitato meno simpatie. E invece nell’ultimo anno Mike, grazie a Fiorello e a Sky, si era smarcato dal Biscione, che peraltro aveva fondato 30 anni fa. E il divorzio dall’imprenditore su cui aveva scommesso la sua professionalità e i suoi risparmi sembrò alla sinistra italiana un grande atto simbolico. Così oggi lo piangono tutti, non solo gli anziani e i nostalgici. Ma anche i ragazzini grazie ad un noto operatore di telefonia mobile e i quarantenni di sinistra, grazie alle gag con “Fiore”. Per il resto il suo segreto resta quello identificato da Umberto Eco negli anni 60: agli italiani sembrava il meno acculturato e il più terra a terra, il meno competitivo, il più simile a tutti noi. Il più credibile. Come Eco capì da giovane, con quel primo saggio di semiotica, Bongiorno era l’alto col basso, la cultura con la gaffe e le vallette. Oggi è insieme anche la destra, l’homo berlusconianus, con la sinistra snob che guarda Sky, l’homo veltronianus. Ed è stato anche un grande juventino.
Scuola. Si comincia sotto due incubi: l’influenza A e i precari. Non che le due cose siano in relazione tra loro, per carità. Ma insomma non si parte benissimo. La paura dell’epidemia sta rivelando un Paese, il nostro, fatto di ipocondriaci e di igienisti. I divieti fantasiosi, del tipo niente baci al liceo, hanno un’eco sicura e immediata. Vanno forte come le vendite delle mascherine. I precari della scuola sono un problema. Numericamente non immenso (3.900 nel Lazio) ma che rischia di paralizzare le normali attività di inizio anno. Per i circa duemila precari lombardi si è raggiunta un’intesa fra Formigoni e la Gelmini per un loro reintegro. È una strada che andrebbe perseguita in altre Regioni; l’attenzione ai drammi sociali non può essere di parte.
Autovelox. Nelle metropoli non ci sono abbastanza controlli sulla velocità. A Roma, ad esempio, andrebbero messi anche sui Lungotevere. Primo weekend di settembre, l’ultima strage del sabato sera, proprio davanti alla Corte di Cassazione, il Palazzaccio, come lo chiamano i romani. È stato l’abuso di alcol a provocare l’incidente in cui sono morte due ragazze, ma un controllo di sicurezza avrebbe forse scongiurato il brutto evento. Non si capisce perché strade a grande scorrimento, e di notte poi, siano senza supervisione elettronica.
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