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Influenza A, i consigli e la paura

Il virus si diffonde rapidamente, i giornali cercano di informare senza allarmismi

di Franco Bomprezzi

I giornali scelgono di trattare il tema dell’influenza con molta attenzione alle informazioni utili per una corretta prevenzione, niente allarmismi dunque, ma un doveroso impegno di completa informazione. Vediamo.

Il CORRIERE DELLA SERA di oggi in prima pagina all’influenza A riserva un richiamo a fianco del titolo di apertura dedicato alla condanna della Cia per il caso Abu Omar. I consigli su come difendersi dall’influenza sono firmati da Adriana Bazzi: «Febbre alta, oltre i 38.5, mal di testa, dolori diffusi. Una tria­de di sintomi che lascia pochi dubbi di questi tempi: si tratta, con ogni probabilità, di influenza A. Allora è meglio dimenticare il «fai da te» e chiamare il medico. Perché, se è vero che la nuova influenza non è più cattiva di quella stagionale (che non è ancora arrivata), è anche vero che certe categorie di persone sono più vulnerabili all’infezione da virus H1N1 (come i bambini e i giovani) o rischiano di più le complicanze (come le donne in gravidanza)». Capitolo bambini: ««Il paracetamolo come antipiretico va bene — dice Susanna Esposito della clinica pediatrica De Marchi all’Università di Milano — e nel giro di sei ore la temperatura dovrebbe scendere sotto i quaranta. Se non succede, è bene rivolgersi con urgenza al pediatra o andare al pronto soccorso» . Se la febbre è accompagnata da convulsioni, è sempre opportuno chiamare il pediatra o recarsi, anche in questo caso, al pronto soccorso quando l’attacco dura più di un quarto d’ora e riguarda non tutto il corpo, ma soltanto una parte…«Nei bambini — dice Esposito — dopo due o tre giorni dall’inizio della febbre può comparire tosse, soprat­tutto secca, che allarma molto le mamme. Anche negli adulti questa influenza A provoca spesso una tra­cheite non pericolosa. La tosse può persistere alcuni giorni: non c’è una cura specifica, ma è bene che il bambino rimanga in casa per evitare so­vrainfezioni batteriche. L’unica situa­zione che deve allarmare i genitori è la comparsa di difficoltà o di irregola­rità del respiro: è opportuno, anche in questo caso, ricorrere al pronto soccorso». Donne incinte: «Le donne che aspettano un bambino, fra i 20 e i 39 anni, rappresentano circa il 30 per cento di tutti i casi di influenza A che sono finiti in ospedale, almeno secondo i dati disponibili. E le complicanze più frequenti sono le polmoniti primitive (provocate cioè dal virus dell’influenza) e quelle secondarie (da sovrapposizione batterica). In generale la comparsa di complicanze è annunciata da un crescendo di sintomi e, in particolare, da difficoltà di respiro. «Le donne si devono allarmare — spiega Alessandra Kustermann della Clinica ostetrico-ginecologica Mangiagalli di Milano — quando i sintomi peggiorano, soprattutto se hanno malattie concomitanti o sono obese. In questi casi il ricovero è obbligatorio». Infine gli antivirali: «Il virus H1N1 è sensibile a due antivirali, l’oseltamivir, che è in compresse, e lo zanamivir, che viene somministrato per inalazione. Quest’ultima può risultare difficile nei bambini e in persone con difficoltà di respiro, pazienti che vanno, dunque, seguiti attentamente. «Siamo in attesa di antivirali da somministrare per iniezione — aggiunge Galli — che potrebbero essere utili nei casi più gravi». Uno, il peramivir, è appena stato autorizzato dalla Fda americana, l’ente di regola­zione di farmaci, per l’impiego di emergenza». “Virus A, altri sei morti. Colpito il 5% dei bimbi”, è l’altro titolo dedicato al tema, firmato da Margherita De Bac. Il bilancio dei decessi in Italia raggiunge così quota 24.

Una fotonotizia in prima e poi doppia pagina all’interno. È questa la scelta di LA REPUBBLICA per riferire dell’influenza. A pagina 6, il titolo è del resto allarmante: “Il virus fa 24 vittime: 6 in poche ore”. Con il passare delle ore la pandemia avanza a livelli mai registrati, scrive Mario Reggio, mentre i vaccini continuano a inocularsi lentamente. Fin qui sono 41mila le persone vaccinate. La musica dovrebbe cambiare nei prossimi giorni, grazie all’aggiunta al milione e 200mila dosi distribuite nel corso della settimana di altri 12 milioni di dosi che saranno distribuiti alle regioni a partire dal 20 novembre. Oggi Fazio è a Napoli. Ieri sera in tv aveva detto: «l’influenza si è sviluppata particolarmente a Napoli perché ci sono situazioni di promiscuità, molte persone che vivono nella stessa casa, e poi esistono situazioni climatiche particolari». Una spiegazione che convince solo in parte: al nord le famiglie non vivono nella stessa casa? Non si pensa comunque di chiudere le scuole. Sempre Fazio ha detto che i contagi fra gli studenti tra i 5 e i 14 rappresentano il 5%. Un dato che ci si aspettava viste le caratteristiche della pandemia. In appoggio altra serie di consigli dei medici e un pezzo di Zita Dazzi che riferisce le diverse disposizioni ecclesiali: “Il Duomo di Milano in quarantena: «Segno della pace, solo un inchino»”. Mentre il cardinale di Napoli ha detto che San Gennaro è più forte del virus, quello di Milano pensa che non bisogna mettere Sant’Ambrogio alla prova. Dunque a Napoli si continua a fare il tradizionale segno della pace, stringendosi le mani, e a Milano ci si limita a un inchino. Sempre nella metropoli lombarda, basta confessioni frontali attraverso la grata, basta acqua benedetta nelle acquasantiere, basta ostie portate alla bocca dalla mano del prete. Sono disposizioni in vigore dall’inizio settimana. Nuove regole che forse faranno scuola.

“I veri dati sull’influenza A: oltre 500mila contagiati” è il titolo del SOLE24ORE. È quel «veri dati» che spiazza, e in effetti il tono del pezzo è da allarme rosso: «la pandemia è galoppante», scrive il SOLE, «e sembra tenere ritmi molto più serrati della distribuzione dei vaccini». Comunque Fazio ha garantito: entro i primi di dicembre ci saranno 10 milioni di dosi, ben 6 in più del previsto, per una copertura totale finale di 18/20 milioni di persone; Fazio assicura poi che «i bimbi sani saranno vaccinati al più presto», a dicembre, una volta esaurite le categorie a rischio.

“Contro il virus in pista Guido Bertolaso”: è questo lo “scoop” di ITALIA OGGI, che mette alla berlina Ferruccio Fazio per la gestione «Ignobel» (la parodia del Nobel sarebbe farina del sacco di qualche collega di governo) dell’emergenza suina. «Se fosse al governo Sarkozy», chiosa il quotidiano, «ovvero un esperto di colpi mediatici, sarebbe capace di cogliere al volo l’occasione di nominare ministro un luminare come Ignazio Marino, lasciando così la patata bollente nelle mani di un esponente dell’opposizione». Ma siamo in Italia, e quindi si pensa di affidare la «rogna» a Guido Bertolaso.

L’influenza A non è più notizia di copertina per IL GIORNALE, ma al caso sono dedicate le pagine 19 e 20. La cronaca della giornata di ieri e il conteggio delle 24 vittime. Un’infografica mette in evidenza le stime degli esperti sull’impatto della pandemia. I casi attesi su 60 milioni di persone sono 12,6 milioni di  malati che potrebbero diventare 23milioni nell’ipotesi peggiore.  A pagina 19 Enza Cusmai ha preparato una guida con 10 domande con 10 risposte.  Nelle pagine milanesi  la notizia che  nella rete nazionale per la gestione dei casi gravi di H1N1 stanno per entrare ben 5 centri di ricerca lombardi.

Il MANIFESTO non parla affatto dell’influenza A.

AVVENIRE sceglie di sottolineare un dato, nel titolo a pagina 15: “Virus A, già 24 morti. Solo 41mila vaccinati”. Il pezzo parte con la rassicurazione che arriva dall’osservatorio Influnet, secondo cui l’influenza A ha una mortalità cento volte inferiore a quella stagionale. E poi lascia cadere qua e là il fatto che la gestione della vaccinazione appare «non adeguata». Per esempio in Lazio «sono avanzate diverse decine di migliaia di dosi, riconsegnate alla Asl perché una parte degli operatori sanitari hanno deciso di non vaccinarsi» mentre di contro «da più parti d’Italia» si moltiplicano le «segnalazioni sulle difficoltà a ottenere appuntamenti per le vaccinazioni da parte di donne in gravidanza».

L’influenza A scivola a pagina 20-21 de LA STAMPA, con le parole del viceministro Ferruccio Fazio, secondo cui i morti nel capoluogo campano saliti ieri a 10 sarebbero dovuto «alla promiscuità in molte zone della città, oltre che all’improvviso freddo delle ultime settimane». Il viceministro Fazio continua a tranquillizzare, soprattutto le mamme. «L’influenza A, come previsto, sta colpendo soprattutto bambini e ragazzi. Tra i 5 e i 14 anni abbiamo accertato che si è ammalato il 5% della popolazione, che è tanto. Ma, tranne la bambina di Napoli sulla quale sono in corso esami, non c’è stata nessuna vittima». D’altra parte quando i bambini oggi presentano una sindrome influenzale «è quasi certo che si tratti del virus A, perché quello stagionale non c’è ancora», aggiunge Fazio. Di spalla una storia come molte, quella di una mamma incinta che non sa se vaccinarsi o meno “Il dilemma di Giulia, Io medico incinta davanti al vaccino”. Dice: «Sento alla televisione il viceministro Fazio che dichiara una cosa, e qualche tempo dopo pare dica il contrario. Leggo i giornali che riportano certe dichiarazioni, e il giorno successivo qualcun altro, altrettanto esperto, sostiene l’opposto. L’unica cosa che mi sembra chiara è che, in un modo o nell’altro, questo vaccino è un rischio». «Mi sono letta con molta attenzione il bugiardino del vaccino a cui dovrei sottopormi: è scritto che non è sperimentato sulle donne in gravidanza». «Credo di aver capito perché molti ginecologi dicono di lasciar perdere il vaccino: se capitasse qualcosa al feto, come giustificherebbero il loro consiglio, senza evidenze scientifiche?».

E inoltre sui giornali di oggi:

CROCIFISSI
CORRIERE DELLA SERA – “«Via i crocifissi? L’Europa ci lascia solo Halloween»”. Il titolo di pag 28 riprende una dichiarazione del cardinale Bertone che aggiunge: giusto il ricorso del governo. Berlusconi, per parte sua, che si è fatto fotografare con in pugno un crocifisso donatogli da un sacerdote della comunità di Fossa, ha rincarato: «Per noi è una sentenza assolutamente inaccettabile che fa dubitare del buon senso dell’Europa». E ancora: «Mi ero già battuto perché fossero riconosciute le radici giudaico-cristiane nella Carta europea. E ora c’è un passo ulteriore, la negazione delle radici».

SOLE24ORE – Il SOLE torna sulla questione della croce con una storia che arriva da Crema, dove in un Itis un ragazzo cattolico, Francesco, aveva notato che nell’aula non c’era la croce e quindi aveva deciso di candidarsi a rappresentante di classe mettendo nel proprio programma che il crocifisso sarebbe tornato sul muro. I compagni lo hanno eletto – dopo aver comunque chiesto l’assenso dell’unica compagna straniera – e quindi ogni giorno Francesco portava a scuola la croce da casa, perché nell’Itis i ragazzi cambiano spesso aula e quindi la croce li seguiva, anche in palestra. Quest’anno Francesco non è più rappresentante quindi non si sa come evolverà la cosa. Comunque lui dice che in classe se ne parlerà di nuovo.

ILGIORNALE  – Lancia la proposta del cronista Renato Farina di fare un referendum fra i cittadini «chiediamo ai cittadini  se desiderano mantenere o no Gesù nei luoghi pubblici. Intanto l’unica strada è l’obiezione di coscienza: lo tolgono? Noi lo rimettiamo.  E ancora Farina « Solo una minoranza piccolissima  può sentirsi offesa: quella che odia l’Italia».

AVVENIRE – La sentenza della Corte di Strasburgo è anche oggi l’apertura del giornale. Il titolo è “Crocifisso, la UE si dissocia”, con la Commissione europea che si chiama fuori e ricorda che Unione e Consiglio d’Europa sono sue cose ben distinte, come ribadisce il titolo nelle pagine interne, “La UE: «quella corte con noi non c’entra»”.  

LA STAMPA – Intervento di Gian Enrico Rusconi. «Questo conflitto investe in profondità convinzioni ed emozioni. Ma non è una contrapposizione di valori a disvalori o assenza di valori – come pensano i clericali e gli agnostici devoti in politica. E’ importante insistere su questo punto se vogliamo andare alla sostanza del problema prima di vederlo tradotto in termini giuridici. Va respinta con energia l’accusa che chi (non credente o diversamente credente) vorrebbe rimuovere dallo spazio pubblico scolastico il segno della fede cristiana è una persona intollerante, insofferente, addirittura carica di astio contro la religione cristiana. Cristianofobica, si dice ora. Questa affermazione dovrebbe essere respinta per primi dai credenti seri. Qualcuno lo fa, ma troppo sommessamente e viene subito zittito come amico dei laicisti. Lo stesso vale per l’accusa – su cui si insiste volentieri oggi – di rinnegare la tradizione popolare nazionale. (…) Gli interrogativi di fondo sono due: il crocifisso è un segno religioso forte, specifico, storicamente e teologicamente inconfondibile (addirittura incompatibile) con altri? Oppure è un’immagine culturale, universale – di umanità sofferente, di amore universale? O addirittura è semplicemente uno straordinario motivo di creatività artistica e culturale di cui il nostro Paese è testimonianza eccezionale?  Se è vero il primo caso, vale il principio della libertà di coscienza. Ed è pertanto ridicola la protesta che la sentenza di Strasburgo miri a colpire una sensibilità preziosamente italiana. In realtà anni fa la stessa questione è stata affrontata e giuridicamente risolta nello stesso senso nella moderata e cristiana Germania, con un esemplare confronto tra la Corte costituzionale federale e la Corte regionale della Baviera. Se è vero il secondo caso, non si capisce perché – magari in nome del sempre declamato pluralismo dei valori – non si riconosca ad altre tradizioni culturali di essere portatrici – a pieno titolo – di umanità, tolleranza, solidarietà ecc. (…) La vera novità è non eludere il problema, parlarne in modo responsabile e pacato tra corpo docente, genitori e alunni stessi, soprattutto quelli delle classe superiori. Forse si farà la scoperta che i ragazzi sono più maturi di quanto non si sospetti. E soprattutto si smetta di “demonizzare” (è il caso di dirlo, in tempi di dubbi anche sul diavolo?) chi solleva problemi di civiltà giuridica – e non solo».                                            

ACQUA
LA REPUBBLICA –  Con le reti idriche allo sfascio, il Parlamento accelera la privatizzazione dell’acqua. «In discussione una legge che obbliga a mettere a gara i servizi e ridurre a quote minoritaria la mano pubblica nella gestione. Mancano però le risorse per recuperare il pazzesco “gap” strutturale», scrive Paolo Rumiz. Si tratta di tanti soldi: 62 miliardi di euro (quasi come dieci ponti sullo stretto di Messina). Dunque il governo, complice la Lega, intende procedere sulle privatizzazioni. Obiettivo far cassa, come sempre. E non si cura di chi sostiene che l’acqua deve continuare ad essere quel bene comune che indubbiamente è. Dalle Regioni arrivano però segnali diversi. La Puglia di Nichi Vendola ha appena ripubblicizzato. A corredo un interessante grafico sui costi regione per regione.

FIAT
IL MANIFESTO – Le prime due pagine sono dedicate a Fiat. “Poker Fiat alla Chrysler” è il titolo dell’articolo di Francesco Paternò che racconta la presentazione tenuta da Marchionne a Detroit sul rilancio della casa americana. Nella pagina a fianco il caso Opel raccontato da Roberto Tesi. Dopo la decisione di General Motors di non vendere la casa tedesca ai russi di Magna e dopo le reazioni del governo tedesco arrivano i primi scioperi.

ABRUZZO
AVVENIRE – Accordo fra Cei e ministero dei beni culturali: entro Natale riapriranno 71 chiese terremotate, segno importante per le comunità che si stanno ricostruendo. Prevista anche la costruzione di cappelle prefabbricate. Monsignor Crociata spiega che la priorità resta che la gente rientri nelle case, ma che «la ripresa della vita ordinaria di una comunità ha comunque bisogno di punti di riferimento». Gli appalti degli interventi di ricostruzione saranno fatti dai Vescovi delle diocesi, ma l’elenco delle 71 chiese viene dal governo. L’investimento complessivo per il progetto “Una chiesa per Natale” è di 6,5 milioni di euro. 

RIFIUTI IN MARE
IL MANIFESTO – La prima pagina è dedicata ai rifiuti in mare. Sopra la foto di un mercantile campeggia il titolo “Non è un bidone”. Il nuovo caso riguarda «una nave con bandiera maltese» che «lo scorso luglio scarica un container in mare al largo dell’Isola d’Elba. L’operazione viene fotografata da una ong ambientalista tedesca». Andrea Palladino in “Il container sommerso” spiega che «mentre lo sguardo era rivolto sulle mappe nautiche di Cetraro, alla ricerca di verità che anora oggi stentano ad uscire, dalla Toscana arriva la notizia, secca e incredibile, che conferma in pieno le rotte dei veleni».

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