Famiglia
Infertilità, perché sempre più coppie devono farci i conti?
Prima la polemica per il cambio di destinazione dei 500mila euro per le scuole: dalla sessualità alla prevenzione dell’infertilità. Poi il rapimento della neonata a Cosenza, deriva estrema di un desiderio frustrato di maternità. L’infertilità coinvolge sempre più coppie, ed è ora di affrontare il tema a viso aperto. In dialogo con lo psicologo psicoterapeuta Domenico Bellantoni, la ginecologa Eleonora Porcu e la presidente dell’associazione Gemme dormienti, Mariavita Ciccarone
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L’infertilità, nelle coppie, sta aumentando. Influisce certamente l’età in cui si decide di aprirsi ad una gravidanza: l’età media delle donne che partoriscono il primo figlio è di 33 anni, dal 2000 è salita di cinque anni. Dal 2005 al 2021, la percentuale di pazienti che sono ricorso alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita – Pma, di età minore o uguale a 34 anni è passata da quasi il 40% al 27%, mentre la percentuale di pazienti di età maggiore o uguale a 40 anni è passata dal 21% al 34%
Oltre all’età avanzata, ci sono anche altri fattori che contribuiscono all’infertilità delle donne e degli uomini. «È un tema che ha una causa multifattoriale. Uno dei problemi è che attualmente, nella maggior parte dei casi, quando una coppia viene diagnosticata infertile, viene fatta una valutazione solo di tipo statistico», dice Domenico Bellantoni, psicologo psicoterapeuta, docente presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
«Alla coppia che da circa 12 mesi ha rapporti aperti alla vita e non riesce ad ottenere la gravidanza, si dice tout court che è infertile. Ma in realtà non si individua una reale causa di questa infertilità e la si invia ai percorsi di Procreazione medicalmente assistita – Pma. Io collaboro con un’équipe medica che si occupa di medicina riparativa, si cerca di capire se alla base dell’infertilità c’è una reale causa di tipo organico o psicologico e si cerca di rimuovere la causa prima, eventualmente, di favorire un accesso ai percorsi di Pma».
L’ansia da prestazione del figlio che non arriva
Ma quali sono i motivi per cui il fenomeno dell’infertilità nelle coppie sta aumentando? «Innanzitutto perché le coppie si aprono alla ricerca della gravidanza quando non sono più giovani. Questo è un fattore organico che è diffusamente la causa di una minore fertilità, soprattutto nella donna, ma ci sono impatti anche nell’uomo», prosegue Bellantoni. «Da un punto di vista psicologico, quando si arriva, magari in età avanzata, a puntare tutto sul figlio, c’è anche un’ansia da prestazione che entra in gioco, che interferisce con quella serenità di cui avrebbe bisogno l’organismo, soprattutto femminile (ma anche maschile), per aprirsi alla gravidanza. Se la donna vive un figlio come una questione di vita o di morte, il corpo, percependo questa situazione di minaccia, riduce l’apertura alla fertilità. A volte anche lo stress, l’ansia del figlio ad ogni costo producono ulteriori ostacoli di natura psicologica».
L’”elaborazione del lutto”
L’accompagnamento psicologico «da una parte, cerca di capire se ci sono delle cause psicologiche che stanno interferendo con l’atteggiamento più adeguato per aprirsi ad una gravidanza. D’altra parte, serve a supportare la coppia che dovesse fare i conti con una reale infertilità di tipo organico, a sostenerla in quella che può essere definita un’”elaborazione del lutto”», continua Bellantoni. «La coppia che deve accettare di non essere fertile vive un vero e proprio lutto, che non riguarda solo la scomparsa di una persona cara, ma anche altre perdite significative, come la fine di una relazione e il dover rinunciare a un progetto di gravidanza naturale».
Infertilità: opportunità di crescita per la coppia
«L’esperienza dell’infertilità può diventare opportunità di crescita per la coppia, legata al fatto di rivolgersi a progettualità alternative, che possono essere anche un affido o un’adozione. Io faccio riferimento al pensiero di Viktor Frankl. Lo psichiatra viennese afferma che, quando non siamo in grado di modificare una situazione, siamo sfidati a cambiare noi stessi. In questo senso l’infertilità, così come il confronto con ogni altro evento avverso, sfida la persona ad una crescita», prosegue Bellantoni.
C’è nella nostra società una “schizofrenia”. Le coppie spendono tantissimo tempo per evitare una gravidanza, pensiamo a tutta la strumentazione anticoncezionale. Poi, in un momento della vita anche molto limitato, a tutti i costi vorrebbero avere un figlio
Domenico Bellantoni
«Una persona vorrebbe che le cose andassero in un certo modo e si rende conto che non possono andare come avrebbe voluto, in questi casi deve essere capace di cambiare progettualità. Nel momento in cui si scontra con l’esito dell’infertilità è chiamata necessariamente, per mantenersi in una condizione di benessere, a modificare il proprio atteggiamento nei confronti del tema gravidanza/infertilità».
Educazione socioaffettiva, sessuale e all’infertilità
L’8 gennaio scorso, durante un’interrogazione parlamentare, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani affermò che il mezzo milione di euro che la Legge di Bilancio aveva destinato a corsi sull’affettività e sulla sessualità rivolti agli studenti degli istituti secondari serviranno a formare i docenti sulla fertilità e infertilità maschile e femminile (VITA ne ha scritto nell’articolo qui sotto).
Bellantoni afferma che «destinare delle risorse al tema dell’infertilità è molto importante, è un argomento fondamentale. Tra le diverse cause di infertilità, dobbiamo anche dire che ci sono comportamenti non opportuni da parte soprattutto delle generazioni più giovani. C’è nella nostra società una “schizofrenia”. Le coppie spendono tantissimo tempo per evitare una gravidanza, pensiamo a tutta la strumentazione anticoncezionale. Poi, in un momento della vita anche molto limitato, a tutti i costi vorrebbero avere un figlio», afferma Bellantoni. «Una educazione socioaffettiva e sessuale, fatta nelle scuole, non dovrebbe mancare e dovrebbe essere orientata ai temi della fertilità e della infertilità».m
Quel bisogno insopprimibile di “possedere” un figlio
Una ventina di giorni fa in tv, sui giornali, sulle testate online non si parlava d’altro: una donna, a Cosenza, aveva rapito una bambina in ospedale, fingendosi un’infermiera. Era il 21 gennaio scorso, quando avvenne il gesto estremo, che potrebbe essere legato al grande dolore per un figlio desiderato e non arrivato. «Dal mio angolo di osservazione di medico esperto di riproduzione ho assistito, nei miei decenni di professione, ad una trasformazione antropologica dell’approccio alla procreazione. Il desiderio di avere un figlio si è progressivamente avvicinato ad un bisogno insopprimibile di “possedere” un figlio, di farlo proprio come un “genere di consumo”, dall’acquisizione più complicata, più costosa e non sempre raggiungibile, pur con tanto danaro», dice Eleonora Porcu, specialista in ostetricia e ginecologia, professoressa all’Alma Mater, Università di Bologna, membro del Consiglio superiore di Sanità del ministero della Salute.
Il desiderio di avere un figlio si è progressivamente avvicinato ad un bisogno insopprimibile di “possedere” un figlio
Eleonora Porcu
«Un genere di consumo che il mercato riproduttivo ti offre di scegliere tra varie opzioni tecnologiche e con varie selezioni delle sorgenti umane di materiale biologico, come ovuli e spermatozoi. Una coppia può cercare di realizzare il sogno di un figlio sano, talvolta illusorio, ma anche di plasmarne il destino, il futuro. Io credo che, in qualunque modo sia stato concepito, un figlio non ci appartenga».
Dal 2000, l’età della donna al primo parto è aumentata di cinque anni
Il progressivo aumento dell’età al primo parto determina una riduzione del tasso di fecondità ed una progressiva riduzione del tasso di natalità. «L’età in Italia del concepimento del primo figlio è sempre più avanzata, questo è il problema fondamentale per la procreazione in generale nei Paesi occidentali e, in particolare in Italia», prosegue Porcu.
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Secondo il Registro nazionale Procreazione medicalmente assistita dell’Istituto superiore di sanità – Iss, l’età media delle donne al primo parto, in Italia, è passata dai 25 anni del 1980 ai 28 del 2000 ai 33 anni del 2023.
Il Registro nazionale Pma ci dice anche che «dal 2005 al 2021, la percentuale di pazienti di età minore o uguale a 34 anni, è passata da quasi il 40% al 27%, mentre la percentuale di pazienti di età maggiore o uguale a 40 anni è passata dal 21% al 34%», continua Porcu. Dal 2005 al 2021 «sono stati eseguiti in Italia circa un milione di cicli Pma di II livello con la nascita di oltre 150mila bambini. Nel 2021 i nati in Italia da Procreazione medicalmente assistita sono stati quasi il 4% dei nati totali». In 10 anni, c’è stato un aumento di due punti percentuale.
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«Ma l’accessibilità alla Pma è disomogenea. Ci sono alcune regioni che non hanno quasi centri, o comunque non hanno quasi centri pubblici, altre che sono molto più fornite. Inevitabilmente, fino adesso c’è stato il turismo interregionale», spiega Porcu. «Questo può essere modificato soltanto creando, finanziando, promuovendo nuove strutture competenti nei posti in cui mancano in modo da evitare il disagio per i cittadini di spostarsi da una regione all’altra».
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A tutela della fertilità delle pazienti oncologiche
La difficoltà di avere un figlio può essere causata o aggravata dalle cure a cui bisogna sottoporsi, in seguito alla diagnosi di una malattia. «Il nostro obiettivo è, prima di tutto, aiutare le donne, poi sensibilizzare le istituzioni attraverso protocolli di ricerca proposti con oncoematologi, oncologi e altri specialisti, sia universitari che ospedalieri», dice Mariavita Ciccarone, ginecologa, presidente di Gemme Dormienti, nata a tutela della fertilità delle pazienti oncologiche e, da diversi anni, attiva nella prevenzione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica in tema di preservazione della fertilità.
Per «guardare oltre il tumore»
«È raro che ci sia una malattia oncologica nella quale la nostra associazione, che agisce in urgenza, non possa dare il suo aiuto ad accedere alle tecniche di preservazione, cioè crioconservazione del tessuto ovarico e/o degli ovociti. Il percorso di preservazione di ogni donna viene organizzato in urgenza, attraverso la rete di strutture pubbliche con cui l’associazione collabora, in modo da non interferire con la cura della malattia di base. Sapere che esiste questa possibilità è importantissimo. Rivolgersi alla nostra associazione significa guardare oltre il tumore, oltre la malattia, significa dire: “Io adesso curo la malattia e la mia vita sarà come sarebbe stata se non l’avessi avuta, anche grazie alla preservazione della fertilità”».
Egg freezing
«Sono tantissime le donne che dal 2014 hanno incontrato l’associazione e di queste circa 1200 quelle che hanno mantenuto un regolare follow-up con lo staff medico; fra queste ci sono circa 60 gravidanze. La crioconservazione degli ovociti, o egg freezing, è una tecnica di fecondazione assistita che consiste nella raccolta degli ovociti, previa stimolazione ovarica, prima che la paziente inizi la chemioterapia. Gli ovociti così raccolti vengono congelati e potranno essere utilizzati se la paziente, guarita, avrà difficoltà al concepimento», dice Ciccarone. Il prelievo del tessuto ovarico, criocongelato per essere reimpiantato successivamente, non serve solo alla fertilità ma anche al recupero della funzione ovarica nelle donne in menopausa da cancro.
Preservazione della funzione ovarica per bambine e ragazze
«Informiamo le pazienti su come non compromettere la loro fertilità. Offriamo una consulenza che tiene conto dei fattori soggettivi e delle condizioni di salute, in modo che ciascuna donna possa compiere una scelta consapevole. Informiamo anche i genitori di bambine e ragazze, a cui viene diagnosticato un tumore, sulla crioconservazione del tessuto ovarico», prosegue, «unica tecnica proponibile in età prepubere, che offre importanti prospettive per preservare la funzione ovarica e la funzione riproduttiva delle più piccole e giovani, affette da patologie oncologiche e che devono sottoporsi a chemioterapia e/o radioterapia».
L’educazione all’affettività, alla sessualità e all’infertilità sono imprescindibili l’una dall’altra
Mariavita Ciccarone
Non solo a tutela delle malattie oncologiche
Scopo dell’associazione è tutelare le donne a cui vengono diagnosticate anche malattie croniche invalidanti, non solo tumori. «Ad esempio, in Italia abbiamo circa sei milioni di persone con malattie reumatiche, l’1% sotto i 18 anni. Alcuni di questi pazienti, per lo più i giovani, vengono curati con gli stessi farmaci che si usano per le malattie oncologiche. Solo che in questi malati i farmaci agiscono più lentamente, essendo somministrati a dosaggi inferiori ma per periodi più lunghi. Per questo gli effetti si manifestano dopo molto tempo e spesso non si ha idea del fatto che, fra i vari effetti collaterali delle terapie, c’è anche la perdita o la riduzione della fertilità».
Anche l’endometriosi è una malattia che riduce la fertilità umana. «L’endometriosi ovarica danneggia le ovaie e gli ovociti, ma anche l’ambiente pelvico in questa patologia è alterato dal punto di vista della qualità necessaria alla fecondazione. Le donne colpite da questa malattia vanno, quindi, avviate alla preservazione precocemente».
Ai giovani diciamo: la fertilità è un bene a tempo
Per quanto riguarda la protezione della fertilità di cui si occupa Gemme Dormienti, «oltre a rivolgerci a bambine e ragazze che devono affrontare delle cure e terapie oncologiche, parliamo alle studentesse e agli studenti nelle scuole di protezione della fertilità, insegniamo loro che cos’è, parliamo di libertà di scelta, li educhiamo ad utilizzarla in un modo intelligente. L’educazione all’affettività, alla sessualità e all’infertilità sono imprescindibili l’una dall’altra. Mi sembra che il battage che si è creato intorno alla nuova destinazione all’educazione all’infertilità del fondo da mezzo milione di euro, che era previsto dalla manovra finanziaria per promuovere l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole secondarie, sia un modo per litigare a tutti i costi, senza capire dove stiamo andando».
Gemme dormienti, dal 2014, va nelle scuole a fare formazione, in Lazio e in Puglia, dove ha due sedi. «È un’esperienza molto importante di educazione sanitaria», prosegue Ciccarone. «Se ai giovani diciamo che la fertilità è un bene a tempo e che nella vita affettiva bisogna rispettare delle regole, ad esempio per evitare di avere malattie sessualmente trasmesse che sono un limite alla fertilità, stiamo facendo educazione sanitaria. Il rischio è di ridicolizzare il problema, quello dell’infertilità è un tema molto serio e l’educazione nella scuola va fatta da personale competente».
Foto di Alicia Petresc su Unsplash
Grafici del Registro nazionale Procreazione medicalmente assistita dell’Istituto superiore di sanità – Iss (si ringrazia per la collaborazione Eleonora Porcu)
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