Famiglia
Infanzia, una generazione dimenticata
Creare una comunità educante che possa essere propulsore per un vero cambio di rotta, di un vero cambio di paradigma, è l'unico vero modo per celebrare la Giornata mondiale dei diritti dell'infanzia. Sentirci tutti chiamati in causa, corresponsabili nella tutela dell'energia dei nostri giovani, dei loro sogni e delle loro speranze, di quello che oggi è il primo diritto a cui la nostra società deve puntare: il diritto alla crescita
di Simone Feder
Quali diritti celebrare oggi in questa ricorrenza che, almeno una volta all'anno, ci ricorda di mettere al centro dei nostri pensieri i più piccoli? Quale mondo stiamo a loro lasciando e quali consapevolezze vogliamo coltivare in noi, e in loro, rispetto alla loro crescita? Pensiamo a quanta sofferenza e quanto dolore troppi bambini e ragazzi si trovano ad affrontare, senza averlo scelto, senza averlo cercato, senza averlo deciso. Partendo dalle crudeli immagini che quotidianamente ci arrivano dagli avamposti di guerra, fino alle dolorose pagine di cronaca in cui minori sono coinvolti in episodi di violenza domestica come protagonisti o come osservatori. Quali traumi indelebili nelle loro giovani vite? Con la cronaca che ci insegue con rapporti e numeri che dicono quanto ci dimentichiamo dei più piccoli.
Viviano in un periodo storico in cui gli effetti della pandemia sono evidenti anche nel crescente disagio mentale di preadolescenti e adolescenti. Da recenti indagini in 9 regioni italiane, i ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile sono cresciuti del 39,5% tra il 2019 e il 2021, riportando, come prime due cause, psicosi e disturbi del comportamento alimentare. Le ricerche sugli stili di vita dei giovani del progetto Selfie sottolineano sempre più che sono in crescita nei giovani i disturbi d’ansia, gli attacchi di panico, l’autolesionismo e l’utilizzo di sostanze spesso motivate nell’uso, dall’affrontare momenti difficili.
Son segnali e allarmi che non possiamo ignorare delegandoli in manifestazioni passeggere e riguardanti solo una piccola minoranza. I ragazzi che continuamente arrivano a bussare alle porte dei nostri centri per essere accolti o per essere ascoltati, sono portatori di fragilità e disturbi sempre più radicati ed evidenti, ma sono anche portatori sani di sogni, passioni e progetti che cercano solo una possibilità, una mano, un sostegno a cui appoggiarsi per essere realizzati. Pensiamo anche al 1 milione 382mila bambini che non possono permettersi il necessario per vivere in condizioni dignitose (il 13,5% del totale dei bambini e ragazzi presenti in Italia è in povertà assoluta), o gli oltre 80 mila studenti che lo scorso anno non hanno maturato una frequenza sufficiente per poter essere scrutinati, cioè sono stati bocciati per troppe assenze: una città di studenti fantasma.
Sono giovani che spesso vivono in una solitudine condizionata da relazioni con i pari affaticate da una autostima fragile e assente, un concetto di amicizia che non sempre trova rispondenza nei rapporti che si trovano a vivere. Affiancati da un mondo adulto in cui faticano a riconoscersi, che sono costretti ad affrontare per sentire riconosciuto quel diritto all'ascolto spesso relegato esclusivamente tra i loro doveri.
Sono però gli stessi giovani che appena percepiscono un contesto accogliente e non giudicante, animato da adulti che riescano a considerarli come persone e non come problema, trascinano con loro altri ragazzi rendendosi protagonisti di una catena di impegno e creatività inarrestabile.
Ecco perché oggi creare una comunità educante che possa essere propulsore per un vero cambio di rotta, di un vero cambio di paradigma, è l'unico vero modo per celebrare questa ricorrenza. Sentirci tutti chiamati in causa, corresponsabili nella tutela dell'energia dei nostri giovani, dei loro sogni e delle loro speranze, di quello che oggi è il primo diritto a cui la nostra società deve puntare: il diritto alla crescita.
Oggi il minore è oggetto di critiche, pensieri, progetti, preoccupazioni… il vero cambiamento culturale deve essere permetter loro di diventare soggetti attivi di tutto ciò, attraverso accompagnamenti presenti, attenti e pronti a compromettersi per e con loro. Adulti che non si limitino a 'vedere il problema' ma se ne prendano carico con responsabilità e cura, tracciando insieme percorsi di cambiamento e proposte di attivazione concreta.
Il bene va fatto bene ed è qualcosa che ci chiama in causa continuamente, un dovere a cui noi adulti non possiamo sottrarci, un diritto che i nostri giovani non possono non avere.
*Psicologo e Corrdinatore Casa del Giovane
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