Il bilancio di Carla Garlatti
Infanzia, più ascolto vero e meno derive adultocentriche
Il 14 gennaio Carla Garlatti, già presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste, ha concluso i suoi quattro anni da Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Un mandato centrato sull'ascolto e la partecipazione dei giovanissimi. L'auspicio per il futuro? «Superare le profonde disuguaglianze che oggi esistono»
Il 14 gennaio Carla Garlatti ha concluso il suo mandato come Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza: era stata nominata il 13 novembre 2020, durante il Governo Conte II, da Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico e ha assunto le funzioni il 14 gennaio 2021. Prima di questo incarico, era presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste. Ora ha avviato le procedure per il rientro in ruolo, «ancora non so dove», dice. Ecco il suo bilancio di questi quattro anni.
Come sintetizza questi quattro anni?
Sono stati faticosi, impegnativi. Purtroppo il primo anno del mio mandato è stato pesantemente compromesso dall’emergenza pandemica, con poche attività. Ho cercato di improntare il mio mandato all’ascolto e alla partecipazione, un ascolto vero, recandomi nei posti dove i ragazzi stanno, soprattutto quelli che vivono in condizioni di marginalità, per esempio nei centri di prima e di seconda accoglienza o negli Ipm. Le visite non avevano uno scopo ispettivo, anche se mi è capitato di imbattermi in una situazione rilevante che ho segnalato al ministero dell’Interno, che poi è intevento. Ci tengo a sottolineare il fatto che la Consulta delle ragazze e dei ragazzi ha avuto un ruolo sempre più centrale nell’azione dell’Autorità e sono particolarmente orgogliosa di aver dato vita a un nuovo organismo per raccogliere la voce degli adolescenti, il Consiglio nazionale delle ragazze e dei ragazzi: spero potrà continuare. Ho attivato anche le consultazioni pubbliche tra minorenni, per conoscerli meglio e per sapere cosa pensano. Un altro strumento in cui ho creduto molto sono i gruppi di parola per bambini e adolescenti che vivono la separazione dei loro genitori: ho chiesto che siano resi strutturali, perché si sono rivelati di un’utilità immensa, perché lì i ragazzi possono esprimere il loro disagio fatto di paura, rabbia, incertezza… sentimenti che i genitori non vedono. Non voglio assolutamente stigmatizzare chi si separa, è una cosa che succede nella vita, ma occorre far emergere in maniera concreta tutte le sfumature dei sentimenti dei figli.
Cosa intende quando parla di un “ascolto vero”?
A volte facciamo finta di ascoltare i bambini e i ragazzi. Consultiamo, ascoltiamo e poi ignoriamo quello che loro hanno detto. “Ascolto vero” non significa che poi bisogna fare tutto quello che i bambini dicono, però significa farsi carico delle loro esigenze e rendere loro conto del perché si prendono decisioni diverse. Quando si parla di partecipazione – che va di pari passo all’ascolto – questa è una differenza sostanziale. Da quest’anno il 9 aprile si celebrerà la Giornata nazionale dell’ascolto dei minori: una decisione di cui sono stata lieta, anche se io avevo proposto di aggiungere “della partecipazione”, celebrando cioè la Giornata nazionale dell’ascolto e della partecipazione dei minori. La partecipazione è il precipitato dell’ascolto.
A volte facciamo finta di ascoltare i bambini e i ragazzi. Consultiamo, ascoltiamo e poi ignoriamo quello che loro hanno detto. Da quest’anno il 9 aprile si celebrerà la Giornata nazionale dell’ascolto dei minori: una decisione di cui sono stata lieta, anche se io avevo proposto di aggiungere “della partecipazione”
Fra le richieste che ha fatto, oltre a quella di promuovere un reale ed efficace coinvolgimento dei minorenni nelle decisioni che li riguardano, prevedendo la consultazione delle persone di minore età come passaggio obbligatorio dell’iter che porta all’adozione degli atti amministrativi e normativi che li riguardino direttamente o indirettamente, c’è anche quella di introdurre sistemi di valutazione dell’impatto diretto e indiretto che le scelte politiche producono sul presente e sul futuro di bambini e ragazzi e poi il monitoraggio delle stesse…
Sì. È un’idea che viene dall’Enoc (la Rete europea dei Garanti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ndr), quindi nulla di fantasioso o strampalato. I ragazzi oggi vanno messi al centro, perché stiamo prendendo tantissime decisioni cruciali per il futuro e il futuro è loro. È inutile dire che le bambine e i bambini sono i cittadini di domani: sono cittadini già oggi. Purtroppo però sono tantissimi gli ambiti in cui vedo prevalere una visione adultocentrica, in cui si dice e si pensa di mettere al centro i ragazzi e invece si tutelano prioritariamente i diritti degli adulti.
Per esempio? Quando la visione adultocentrica prevale?
Pensiamo all’allontanamento dei minori. Il minore ovviamente ha diritto a vivere nella sua famiglia, però è innegabile che ci sono situazioni in cui la famiglia è talmente disfunzionale che rimanere lì danneggia il bambino. L’allontanamento deve essere l’estrema ratio, d’accordo, ma il minore ha diritto a vivere in un ambiente sereno: la Convenzione sui diritti del bambino, anzi, parla di diritto a vivere in maniera felice. Credo sia l’unica legge dello Stato italiano che usa questa parola. Pensare che il bambino non vada mai allontanato, al contrario, significa non prendere in considerazione dei dati oggettivi, quelli per cui il maltrattamento dei bambini avviene per la gran parte dei casi ad opera di uno dei componenti della famiglia. Invece in questi casi spesso noi ascoltiamo prioritariamente la voce dell’adulto, che difende se stesso.
Purtroppo sono tantissimi gli ambiti in cui vedo prevalere una visione adultocentrica, in cui si dice e si pensa di mettere al centro i ragazzi e invece si tutelano prioritariamente i diritti degli adulti. Penso per esempio all’allontanamento dei minori
Sono stati anni segnati da una povertà crescente tra i minori…
Quelli della povertà minorile sono numeri che fanno paura, con 1,3 milioni di minori in povertà assoluta. Poi c’è la povertà educativa: chiaramente il fatto che non sia stato rifinanziato il fondo è una cosa che mi ha stupita e che mi preoccupa. Vivere in condizioni di marginalità significa far partire alcuni bambini da condizioni di svantaggio, che poi è difficile recuperare: si hanno meno opportunità e si vedono come attrattive proposte che – diciamo così – non portano sulla strada giusta. Ma anche questa narrazione sui giovani violenti, aggressivi, autori di crimini e reati si scontra con i dati del servizio della Polizia criminale che indicano un calo.
Vede una nuova tendenza ad avere un approccio punitivo, di contenimento e di criminalizzazione dei giovanissimi?
È innegabile che ci sia stata una tendenza punitiva. Il “decreto Caivano” per esempio ha aspetti positivi – quando dice che va presa in carico anche la famiglia, non solo il minore – ma sul maggiore ricorso al carcere io non sono d’accordo. L’aspetto punitivo e contenitivo deve essere circoscritto ai casi più gravi ed estremi, quelli in cui l’approccio educativo è stato tentato ed è fallito. Oggi invece ci sono alcuni reati per cui non è più consentita la messa alla prova: questo significa formulare un giudizio preventivo di irrecuperabilità su un minore, una cosa inaccettabile.
Le è capitato di sentirsi irrilevante o senza possibilità di incidere?
Diciamo che ho faticato molto a far sentire la mia voce, ma io per carattere non sono una che si abbatte. Rivendico il ruolo indipendente dall’Autorità Garante e sono felice, nel 2022, di esser riuscita a far sì che chi lavora all’Autorità Garante non sia più personale in comando ma di ruolo. Se mi permette, vorrei ringraziare il mio ufficio: se sono riuscita a fare delle cose buone, lo devo moltissimo a loro, perché sono stata circondata da persone competenti, professionali, entusiaste. E un ringraziamento lo vorrei fare a tutto il Terzo settore, per la collaborazione e il sostegno: è una risorsa veramente preziosa per il Paese. In sintesi, direi che i diritti dei bambini sono di tutti, non hanno e non devono avere colore politico.
I diritti dei bambini sono di tutti, non hanno e non devono avere colore politico. Il grosso limite è il fatto che, non avendo l’Autorità poteri attuativi, devi sperare di trovare orecchie che ti ascoltino. Se le ho trovate? A volte sì e volte no
Che cosa significa essere Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza?
È un grande onore e una grande responsabilità. Promuovere l’attuazione della Convenzione Onu, diffondere la conoscenza dei diritti dei bambini, rendere la Convenzione Onu strumento e obiettivo, mettere i minorenni nelle condizioni di esercitare i loro diritti, perché avere un diritto e non poterlo esercitare è come non averlo. Significa rappresentare i diritti di tutti i minorenni. Il grosso limite è il fatto che, non avendo l’Autorità poteri attuativi, devi sperare di trovare orecchie che ti ascoltino.
Lei le ha trovate?
A volte sì e volte no.
Cosa auspica per il futuro?
Che ci siano per tutte le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi pari opportunità. Che vengano meno le profonde disuguaglianze che oggi esistono. È il tema a cui ho dedicato l’ultima Giornata dei Diritti dell’Infanzia, lo scorso 20 novembre.
L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, presenta la Relazione al Parlamento 2023 alla Camera dei Deputati a Roma, il 20 Giugno 2024 (foto Mauro Scrobogna /LaPresse)
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