Economia
Infanzia, anziani e disabili e l’obbligazione diventa sociale
La cooperativa sociale Società Dolce, dopo l’equity crowdfunding, taglia un altro traguardo: un bond da 4,4 milioni per sostenere gli investimenti. Serviranno a sviluppare un piano di sviluppo industriale che punta a un fatturato da 140 milioni di euro entro il 2028. Intervista al presidente e direttore generale Pietro Segata
di Redazione
Una società che emette un’obbligazione per 5 milioni di euro (durata 6 anni, tasso di remunerazione al 4,5% con interessi pagati trimestralmente) non sarebbe una notizia. A meno che l’emissione di un “minibond long term” non sia opera di una cooperativa sociale.
Come nel caso di Società Dolce coop che, nel 2021, ha messo a bilancio un valore della produzione di circa 104 milioni di euro con oltre 4mila occupati. Pietro Segata (nel tondo) è il presidente e direttore generale.
Perché una coop sociale decide di entrare nel mercato del debito?
Rispetto al quadro di sviluppo che abbiamo di fronte e alle politiche di innovazione del welfare che sono richieste dal Pnrr è necessaria una forte accelerazione da parte del Terzo settore: servono nuovi modelli organizzativi, nuove competenze e serve finanza.La finanza cooperativa non bastava?
Assolutamente no. Anche perché in parte viene investita al di fuori del movimento cooperativo. Le cito il caso emblematico del nostro fondo Previdenza Cooperativa: a causa delle regole di sorveglianza, investe in settori tradizionali, risorse che non vengono in alcun modo riversate nel sistema delle cooperative, in particolare quelle sociali e di lavoro, che insieme ai loro dipendenti contribuiscono al 70% della raccolta. L’altro caso sono i fondi mutualistici ai quali versiamo il 3% degli utili. In larga parte, anch’essi investono in prodotti al di fuori del circuito cooperativo e Esg. Non solo. Con la riforma delle Popolari abbiamo perso la rete di prossimità bancaria e anche gli istituti di credito cooperativo si sono riuniti in due grandi gruppi vigilati dalla Bce. Quindi siamo valutati con i sistemi di merito ordinari. Questo, non avendo accesso alla Borsa, ha limitato fortemente il nostro mercato di approvvigionamento.
Quanto avete raccolto?
Avevamo un obiettivo massimo di 5 milioni, e la risposta è stata di 4,4 milioni di euro, un ottimo risultato.
Chi gli investitori?
I maggiori sono Emil Banca, Civibank e Banca Cambiano: hanno sottoscritto 1 milione, CariRavenna 500mila euro.
Quali sono gli obiettivi del Piano industriale 2021/2028?
Prevede che queste obbligazioni portino finanza per sostenere il cosiddetto capitale circolante e in parte gli investimenti che abbiamo in atto. I più significativi riguardano i partenariati pubblico-privato per i servizi per l’infanzia 0-6 e la riqualificazione energetica delle attività socio-sanitarie rivolte ad anziani e disabili.
Oltre all’emissione di bond, vi siete sperimentati sul mercato dell’equity crowdfunding (vedi Vita gennaio) e aperto il capitale sociale a due fondi di riferimento: Coopfond di Legacoop e Generalfond di Agci. Con quali obiettivi?
Il Piano industriale prevede che nel 2028 arriveremo a 140 milioni di euro. Con un approccio molto conservativo: per i prossimi sei anni abbiamo infatti previsto una crescita annuale inferiore a quello che abbiamo avuto nei sei precedenti. In più ci siamo avvalsi del sistema di garanzie Sace che ha messo a disposizione la legislazione straordinaria di questi ultimi due anni. Oggi due terzi dell’indebitamento è coperto da garanzie pubbliche.
Nella foto di apertura: operatrici di una delle Rsa gestite da Società Dolce
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