Salute
Individuato un nuovo processo patologico
Un passo importante della ricercar italiana, con i finaziamenti Fism
di Redazione
Dalla ricerca italiana un nuovo passo avanti verso la soluzione del ‘rebus’ sclerosi multipla, malattia neurologica cronica che colpisce soprattutto i giovani adulti. Uno studio internazionale coordinato dall’Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano svela un nuovo meccanismo all’origine della patologia, e apre le porte ad approcci terapeutici innovativi per combatterla. La ricerca, finanziata dalla Fism (Fondazione italiana sclerosi multipla) e pubblicata su The Journal of Experimental Medicine, fotografa in vitro e su modelli animali il ruolo degli astrociti, le “cellule stella” del sistema nervoso centrale che hanno il compito di sostenere e nutrire i neuroni, ma che secondo i risultati dello studio possono anche essere responsabili della neurodegenerazione causata dalla sclerosi multipla.
Il punto di partenza dello studio – spiega una nota dell’Irccs di via Olgettina – è stato il riscontro di una forte espressione del recettore TrkB delle neurotrofine sugli astrociti nelle lesioni da sclerosi multipla e nel suo modello animale. Le neurotrofine sono una famiglia di fattori di crescita il cui capostipite è il Nerve Growth Factor (Ngf) che ha fruttato il premio Nobel per la medicina a Rita Levi-Montalcini, presidente onorario di Fism e Aism (Associazione italiana sclerosi multipla). Queste molecole, essendo importanti per la sopravvivenza, lo sviluppo e la funzione dei neuroni, sono ritenute benefiche per la neuroprotezione e la neurorigenerazione.
Studiando il modello animale della sclerosi multipla in topi geneticamente modificati, però, i ricercatori hanno osservato un meccanismo che definiscono sorprendente: la forte espressione del recettore TrkB sugli astrociti, e quindi la maggiore sensibilità delle «cellule stella” alle neurotrofine, si traduce nella produzione di ossido nitrico, gas killer nella sclerosi multipla poichè porta alla morte dei neuroni.
Le analisi in vitro e in vivo condotte dai ricercatori hanno dimostrato che, in effetti, il processo patologico individuato crea un ambiente favorevole all’infiltrazione di cellule immunitarie e alla neurodegenerazione. “Risulta perciò verosimile – concludono gli autori – che una forte espressione del recettore TrkB sull’astrocita contribuisca in maniera decisiva ai danni neuronali propri della sclerosi multipla, dato il suo ruolo nella produzione di ossido nitrico».
«Descriviamo per la prima volta un nuovo processo patologico che sottolinea il contributo dell’astrocita alla neurodegenerazione – afferma Cinthia Farina, coordinatrice dello studio e responsabile del Laboratorio di ricerca di immunobiologia delle malattie neurologiche presso l’Istituto di neurologia sperimentale (Inspe), Dipartimento di neuroscienze del San Raffaele – L’utilizzo di approcci di medicina traslazionale ci ha permesso di comprendere le implicazioni di queste osservazioni nel caso specifico della sclerosi multipla. In questo modo siamo giunti a conclusioni di grande rilevanza: in futuro – è la speranza degli scienziati – strategie volte a bloccare il processo neurodegenerativo innescato dalle neurotrofine tramite l’astrocita potrebbero condurre allo sviluppo di nuove terapie neuroprotettive”.
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