Sono gli indicatori più golosi, anche perché bisogna essere creativi nel concepirli e spericolati nell’elaborarli. Riguardano gli effetti indiretti e differiti nel tempo attribuibili a un determinato fenomeno. Meglio fare un esempio, l’ultimo in ordine di tempo. Secondo un’indagine Nielsen rilanciata da La Repubblica pare che Facebook abbia generato grazie alle applicazioni 182mila posti di lavoro. Molto interessante, considerando che si tratta di un’impresa tutt’altro che “ad elevata intensità di manodopera”. E invece FB crea anche posti di lavoro attraverso un indotto di developers in tutto il mondo. Già, a proposito: sarebbe interessante sapere come hanno fatto a calcolare il numero di posti di lavoro. Nell’articolo si cita il caso di Zynga che produce i terribili games Farmville e Mafia Wars, ma chissà quanti altri geek fanno lo stesso lavoro su scala microscopica. Per le imprese sociali il tema degli indicatori indiretti e differiti è ancor più rilevante considerando la loro missione e quello che producono. I beni di interesse collettivo generano infatti benefici ad ampio raggio e su scale temporali di lungo periodo. Il caso classico riguarda l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, guardando al risparmio generato sui budget pubblici (in termini di mancata assistenza sociale e sanitaria, tasse versate dai soggetti svantaggiati che lavorano, ecc.). Un altro caso interessante, ma meno conosciuto, riguarda l’investimento di risorse economiche da parte delle imprese sociali utilizzando gli avanzi di gestione e impiegandoli per attività di sensibilizzazione, per azioni di sviluppo comunitario e, non ultimo, per favorire l’accesso ai servizi da parte di persone che non possono pagare, facendo quindi politiche di prezzo. Stringendo al massimo: da una parte risparmio e dall’altra investimento collettivo. Peccato che i dati fin qui disponibili siano parziali, calcolati solo a livello locale e su campioni di imprese. La tentazione però è forte e ancor di più il fabbisogno di informazioni di questo tipo in una fase così difficile. E quindi: nel caso dell’inserimento lavorativo il risparmio generato per ciascun soggetto svantaggiato è pari a 4mila euro. Essendo circa 40mila le persone in inserimento fanno circa 160 milioni di euro. Invece nel caso delle attività a favore delle comunità locali la ricerca dice che il 40% delle quasi 14mila cooperative sociali è impegnato in queste iniziative e che, mediamente, la quota distribuita è pari a 50mila euro. Risultato: 280 milioni di euro. Lo so, sono dati traballanti ma pur trattandosi di approssimazioni aiutano a capire la forza, anche politica, di questi indicatori. Scommettiamo che quelli di di Nielsen si sono fatti meno scrupoli?
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